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di Gabriella Mecucci

Un congresso di svolta quello del Pd che ha cambiato gli equilibri interni sia sul piano geografico che su quello delle correnti. Era partito sotto l’egida del progetto di Tommaso Bori che voleva l’istaurazione di una monarchia assoluta con lui sul trono alla guisa di un Re Sole. Il correntone di cui era a capo doveva stravincere e condannare la minoranza di Carlo Trappolino ad un risicato 30 per cento e quindi all’irrilevanza. Ma non è andata così.

LA STRANA STORIA DEL CONGRESSO PD: NON SI SA CHI LO HA VINTO

Dopo congressi di circolo, voti, bracci di ferro, il risultato è diverso almeno per due ragioni. La prima: a Terni hanno vinto Pierluigi Spinelli e Leopoldo Di Girolomano che si aggiudicano rispettivamente la segreteria della federazione e quella comunale. Sono entrambi membri della minoranza, capeggiata a livello regionale da Trappolino. In questa città “Passione Democratica”, il correntone di Bori, non si è fermato davanti a niente pur di non accettare la sconfitta. Una breve cronaca dei fatti testimonia di comportamenti davvero pochi commendevoli. Alla conta finale nei circoli, Spinelli risultava in testa di soli tre voti, ma seppur di poco, era lui il designato dagli iscritti, anche se nell’assemblea i delegati risultavano pari: 40 a 40. I numeri e il buon senso indicavano una soluzione semplice semplice: Spinelli doveva essere il segretario, anche perché aveva preso nei in città il 75 per cento. E a Terni si andrà fra due anni alle elezioni del sindaco, non sarebbe dunque ragionevole che il Pd affrontasse la “madre di tutte le battaglie” con Stefano  Bandecchi, privandosi della guida del suo leader più apprezzato. Ma una parte del correntone boriano si è impuntato e voleva comunque un altro nome. Hanno scritto lettere alla direzione nazionale e ancora pende una contestazione del risultato. I voti del neo eletto Spinelli sarebbero infatti 36 o 38, quindi non la maggioranza assoluta degli 80 membri dell’assemblea, perché in molti si sarebbero astenuti. La gazzarra è in corso ed è francamente un tristissimo spettacolo. 

Un atteggiamento rabbioso e divisivo quello di Bori che non ha mai puntato a comporre pacificamente la complicata vicenda ternana, preferendo le prove di forza alle possibili mediazioni. E così Spinelli ha vinto sul campo prendendo più consensi anche in assemblea, ma ora viene contestato anche questo voto. Una protesta quella di “Passione democratica” a cui  la segreteria nazionale, se non altro per evitare il ridicolo di un congresso senza fine, non sembra voler prestare orecchio. E girano voci che all’interno della corrente di maggioranza, un azionista importante come Francesco De Rebotti avrebbe auspicato la via della pacificazione e dell’unità. Ma Bori o vince o non ci sta.

D’altro canto, a livello regionale, si è certamente aggiudicato il congresso. La sua corrente ha preso infatti il 60 per cento e ha eletto, con il voto a favore anche della minoranza, un suo uomo alla segreteria: il sindaco di Baschi, Damiano Bernardini. Ma questo risultato non sfugge ad una considerazione. Il candidato di Bori non era lui ma Sandro Pasquali. Questi ha guidato il correntone per tutto il congresso, ma ha poi dovuto fare “un passo di lato” perché rinviato a giudizio. Il reato di cui è imputato non è grave e chiunque è innocente sino a sentenza passata in giudicato, ma è prassi consolidata nel Pd dimettersi dagli incarichi se ci si trova in una tale situazione giudiziaria. E’per questo comunque che si è arrivati a scegliere Bernardini con l’accordo di tutti.

La seconda ragione per cui la vittoria di Bori è solo a metà riguarda l’asse del potere interno al Pd, spostatosi in questa fase su Terni. Sono i circoli di questa città infatti che hanno innanzitutto resistito all’uomo solo al comando. Il nuovo segretario regionale poi è ternano. Il potere dei perugini, che hanno puntato in larga maggioranza su Bori, si è assottigliato. Si trovano con in mano solo la presidenza regionale del partito. E in più, la neoeletta Cristina Papa durerà 3 o 4 mesi per poi essere sostituita. Scadrà insomma come una mozzarella. Quanto al segretario della federazione di Perugia viene dalla Valtopina. Ma – e questo forse è il risultato più significativo – anche il capo della minoranza è della zona Terni – Orvieto. Trappolino, all’apertura del congresso, sembrava lo sconfitto designato e invece con una condotta abile è riuscito a raggiungere il 40 per cento costruendo una sua corrente – “Casa democratica” –  che ha una presenza significativa in assemblea regionale, in grado quindi di condizionarne le scelte. Del resto i primi passi di Bernardini fanno pensare ad una sua volontà collaborativa. Il neoeletto segretario non sembra puntare sulla vecchia strategia boriana dei braccio di ferro continuo. 

L’attuale vice presidente della Regione è riuscito nel capolavoro di vincere solo a metà un congresso che poteva segnare il suo trionfo, dopo i successi elettorali al Comune di Perugia e alla Regione. C’è materia di riflessione, e non solo per lui.