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L’Umbria potrà godere dei benefici economici della Zes (Zona economica speciale). Questo, come spiegano gli articoli di Lucio Caporizzi e Giuseppe Vittori, qui sotto pubblicati, comporterà alcuni vantaggi. La Presidente Proietti ha salutato positivamente questa scelta del governo Meloni da lei peraltro sollecitata. E non c’è dubbio che la regione ne avrà dei giovamenti. Non va dimenticato però che il provvedimento nasce dal fatto che l’Umbria viene ammessa, insieme alle Marche, alla Zes perché i suoi dati economici la fanno annoverare fra le 8 regioni del Mezzogiorno. 

di Lucio Caporizzi

Lunedì 4 agosto, nel corso di una iniziativa elettorale tenutasi nelle Marche, la Presidente Meloni ha annunciato di aver approvato – con procedura d’urgenza – in Consiglio dei Ministri l’ammissione di altre due regioni – segnatamente Umbria e Marche – nella Zona economica speciale (Zes), dove già si trovano dal 1° gennaio  2024 tutte le regioni del Mezzogiorno.

Non sfugge, evidentemente, la valenza elettorale di tale annuncio, ma non è certo questo l’aspetto più rilevante.

L’ammissibilità di Umbria e Marche a questo regime speciale è possibile a seguito dello “scivolamento” in basso delle due regioni che, nella classificazione che a livello europeo suddivide le regioni in base al loro grado di sviluppo, le ha viste già da tempo retrocedere dalla categoria delle regioni più sviluppate a quella delle regioni in transizione.

Ma cosa sono queste ZES?

Si tratta, in sintesi, di uno strumento di politica di sviluppo economico, utilizzato in molte aree del Mondo (la maggior parte si trovano in Cina), consistente nell’individuare determinate aree geografiche nell’ambito delle quali le aziende possono godere di benefici economici e di una serie di semplificazioni dal punto di vista amministrativo. Tali aree, ovviamente, devono avere la caratteristica, di essere affette da processi di declino economico o di ritardo di sviluppo.

L’annuncio della Presidente del Consiglio è stato accolto in Umbria con particolare soddisfazione, se non con toni addirittura trionfalistici, da parte sia delle forze politiche di opposizione che da quelle che governano la Regione.

Cosa si può dire a tale riguardo?

Interpretare le ZES come le eredi della Cassa per il Mezzogiorno forse non è del tutto corretto, ma, in buona sostanza, si tratta pur sempre di uno strumento di intervento straordinario teso a favorire la crescita economica in aree affette da condizioni di ritardo di sviluppo.

In prima battuta, quindi, si potrebbe dire, con una certa amarezza, che il rischio di scivolamento – in termini economici – dell’Umbria verso il Mezzogiorno, più volte richiamato e paventato da diversi anni a questa parte, trova compimento e riconoscimento con l’inserimento nella ZES, insieme, appunto, a tutte le regioni del Mezzogiorno.

Vista cosi, c’è ben poco da rallegrarsi. Sarebbe come se qualcuno, che era stato benestante, si rallegrasse di essersi impoverito perché cosi, finalmente, può prendere il Reddito di Cittadinanza!

Ma, potrà dire costui, visto che comunque mi sono impoverito, meglio che ci sia un sussidio, piuttosto che restare senza nulla e anche questo ha un suo senso.

Perché parliamo di una regione che si trova ad essere eleggibile ad un regime speciale di sostegno allo sviluppo a seguito di un processo di declino economico, non di un territorio in fase di decollo che ha bisogno di una spinta in più e di minori vincoli per poter meglio dispiegare le ali.

Si cita spesso, come esempio di successo di una ZES, il caso dell’area cinese di Shenzen, a ridosso della metropoli di Hong Kong. Si tratta di un’area che, quando oltre 40 anni fa venne istituita la Zona speciale, viveva prevalentemente di pesca, per divenire, ormai da tempo, un grande centro industriale, sede di stabilimenti di molte multinazionali, a cominciare da Apple. 

Ma qui parliamo di un’area appartenente ad un grande Paese che, nello stesso lasso di tempo, ha compiuto uno straordinario passo avanti, passando da una condizione di diffuso sottosviluppo, fino a divenire ormai la seconda potenza economica del Pianeta.  

Il caso dell’Umbria è, invece, quello di una regione che, come ha attestato una volta di più Banca d’Italia nel suo Rapporto presentato a giugno scorso, ha, negli ultimi 15 anni, fatto registrare un andamento del Pil molto peggiore rispetto a quello italiano che, a sua volta, è andato peggio della media europea.

È evidente come vi sia notevole differenza tra politiche e relativa strumentazione tese ad “accompagnare” un sistema produttivo dinamico, ben avviato su un sentiero di sviluppo, facilitandone e accelerandone il percorso, rispetto a provare ad invertire un processo di declino e di impoverimento, che è causato principalmente da un ristagno o addirittura flessione della produttività.

In ogni caso, come si diceva, dato che il declino esiste, ben vengano strumenti e risorse addizionali che possano servire a mitigare tale declino, se non, addirittura, ad invertirne il corso. 

Può l’inserimento nella Zes sortire, per l’Umbria, tale effetto o, quantomeno, contribuire a perseguirlo?

Certamente la semplificazione ed accelerazione delle procedure per autorizzazioni e valutazioni relative alla realizzazione di nuovi insediamenti produttivi può rappresentare un importante fattore localizzativo, seppur non decisivo, contribuendo a favorire gli investimenti nei territori interessati.  

Ovviamente tali fattori, pur importanti, non possono da soli bastare a favorire processi di sviluppo, che richiedono un livello di competitività territoriale e di produttività generale del sistema e quindi, per citarne alcuni, infrastrutture materiali ed immateriali adeguate, manodopera specializzata, servizi logistici, servizi alle imprese, centri di ricerca.

Vi è poi l’aspetto legato ai benefici economici che, nel quadro italiano, sono sostanzialmente contributi alla spesa per investimenti erogati tramite strumenti automatici come il credito di imposta.

Il credito di imposta ha il vantaggio di essere uno strumento snello e veloce – ed è per questo gradito dalle imprese – anche se poco selettivo. Naturalmente può essere utilizzato dalle imprese fino ad esaurimento delle risorse stanziate il che, dato che queste non sono prenotabili, può creare alcune incertezze.

La legge di bilancio 2025 ha stanziato per l’anno in corso 2,2 mld per la Zes Mezzogiorno. Non risulta, allo stato attuale, che l’allargamento a Marche ed Umbria, sia accompagnato da un incremento di tale stanziamento, quindi la somma di cui sopra dovrà essere “spalmata” anche sui nuovi venuti, con prevedibili mugugni da parte delle Regioni del Mezzogiorno. 

Quanto potrà venire di tali risorse alla nostra regione? 

Non è facile realizzare una stima, dato che non sono risorse a ripartizione, ma, assumendo comunque la popolazione come una proxy di riferimento, diciamo che le previsioni che sono circolate di 200 milioni – quindi circa il 10% – paiono ottimistiche, atteso che sull’aggregato delle 10 regioni interessate, l’Umbria pesa circa il 4% in termini di popolazione. 

Anche prendendo per buoni i 200 milioni di incentivi – cifra che, comunque, equivale a meno dell’1% del Pil regionale – ancor più ottimistiche paiono le stime di un effetto sul Pil regionale tra il 2 ed il 4%, a meno di non intendere tale valore in termini cumulati, cioè come somma degli incrementi realizzabili nei vari anni di vigenza dele regime speciale.

Si ricordi che in questi anni in Umbria sono arrivati, a titolo fondi Pnrr, risorse complessive che – dopo un balletto di cifre – si possono cifrare in circa 2,6 mld. Si ricordi altresì che nella nostra regione operano da molti anni i fondi strutturali europei per la politica di coesione, oltre a quelli per la sviluppo rurale. A titolo di fondi strutturali, nel periodo di programmazione 2021-2027 l’Umbria ha ricevuti complessivi 810 milioni, cui vanno aggiunti i fondi, rilevanti, dello Sviluppo rurale.

Ciononostante, il Pil regionale presenta lo sconsolante andamento cui si accennava prima, richiamando il Rapporto presentato a giugno da Banca d’Italia.

Ovviamente si spera che i fondi dello Zes arrivino in Umbria in gran misura, siano immuni da comportamenti opportunistici degli investitori e sortiscano i migliori effetti, ma è bene tenere a mente gli avvertimenti del direttore dello Svimez, Luca Bianchi ,che, commentando positivamente la Zes del Mezzogiorno, avverte che, comunque, non ci si può attendere un reale percorso di sviluppo in assenza di efficaci e stabili politiche di sviluppo e politiche industriali.

Bianchi parla per il Mezzogiorno, certo, ma, ormai, possiamo assumere che ciò che vale per il Mezzogiorno, valga anche per la nostra Umbria.



di Giuseppe Vittori
Foto ©Fabrizio Troccoli

Le campagne elettorali spesso sono “inondate” di promesse che potranno, nel migliore dei casi, vedere le realizzazioni solo ad elezioni avvenute. Stavolta, con le elezioni regionali nelle Marche a fine settembre e con il timore, per il Governo nazionale, di subire un’ulteriore battuta di arresto, dopo ad esempio l’Umbria, la premier Melone corre ai ripari. Non si fida delle promesse scandite prima delle elezioni, ma anticipa i tempi e annuncia che le Marche sono (e non saranno) Zona Economica Speciale, grazie al Consiglio dei Ministri di ieri. 

È un annuncio forte, deciso e in linea con il piglio decisionista della Premier: si fa, punto e basta, e da subito! E questo dà credibilità e può favorire una certa “presa” elettorale. Ma gli elettori marchigiani sanno anche che questo provvedimento ci sarà a prescindere dall’esito elettorale, ovvero se dovesse vincere il centro-sinistra non sarà revocato. E, quindi, in questa fase elettorale dove le Marche sembrano contendibili, i marchigiani potrebbero votare liberamente e senza condizionamenti, sapendo che la ZES è “cosa” acquisita.

Ma una regione contigua, per certi aspetti “gemella”, avrà il suo tornaconto: la nostra Umbria. Non si poteva infatti rendere le Marche come regione ZES e dimenticare che i suoi indicatori economici – a partire dal reddito pro-capite – sono superiori a quello della nostra Umbria. E, quindi, una volta tanto l’Umbria entra tra le regioni avvantaggiate, perché semplicemente la Premier Meloni non poteva far diversamente, se non apparire una politica affaccendata a dare “premialità” solo in base al mercato elettorale. Insomma, stavolta all’Umbria gli è andata veramente bene. Quindi, la premier Meloni non ha “regalato” nulla all’Umbria ma è stata semplicemente “prigioniera” della sua volontà politica: se metteva le Marche non poteva ignorare l’Umbria! 

Come è noto, dal primo gennaio 2024, è entrata in vigore la ZES Unica per il Mezzogiorno, che ha sostituito le originarie ZES regionali. Questa nuova configurazione comprende tutte le regioni del Sud (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia), ha un unico piano strategico e un’unica struttura di governance (Commissario straordinario di Governo).

E adesso l’Umbria deve giocare questa partita. Entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge (ricordiamo che il disegno di legge dovrà andare all’esame delle Camere), si procederà all’aggiornamento del Piano strategico della ZES unica al fine di individuare i settori da promuovere e rafforzare, e gli investimenti e interventi prioritari. Agevolazioni sono previste per gli investimenti in beni strumentali realizzati nel corso di questo anno 2025 e, successivamente, per i futuri progetti di investimento, anche in relazione all’insediamento di nuove attività produttive nella nostra regione. 

Quali indicazioni possiamo trarre?

Intanto che questo provvedimento, dato che dovrà essere approvato dalle Camere, potrà generare effetti interessanti solo a partire dal 2026. Infatti, ad oggi, nell’incertezza dell’approvazione legislativa o meno, con modifiche o altro, nessuna impresa da “fuori” verrebbe ad investire in Umbria. Quindi, da domani non creiamoci illusioni: il nostro mondo economico non è cambiato.

Ma però l’Umbria economica, fatta di istituzioni pubbliche, di associazioni di categoria imprenditoriali, di sindacati e di imprese, può cominciare a ragionare su che cosa vuole provare a realizzare.

Ci sono molte imprese – anche italiane – che, in epoca di globalizzazione – se ne erano andate, con pezzi di filiera in paesi esteri, anche lontani. Adesso, stanno cercando di riposizionarsi, magari cercando opportunità di back reshoring proprio nel nostro paese. Siamo nelle condizioni di apprestare politiche di attrazione di investimenti esogeni? Stiamo potenziando con nostre risorse finanziarie pubbliche le opportunità nazionali legate alle ZES? 

E, ancora, vogliamo “guidare” il processo di attrazione di investimenti esogeni indirizzandolo a potenziare alcune nostre filiere e alcune nostre imprese, oppure vogliamo muoverci in modo casuale, senza alcuna progettualità?

Ecco, in questi mesi, diviene centrale istituire una “cabina di regia” che sappia dare risposte chiare a queste domande e attivare le giuste azioni di politica industriale – con adeguati supporti finanziari pubblici – conseguenti a tali obiettivi.

Quindi, grazie Premier Meloni ma grazie anche al Governo regionale se saprà fare le scelte giuste e conseguenti!