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di Giacomo Porrazzini*

Al Caos, presso ex Siri, è stata allestita dal Comune di Terni ed inaugurata una mostra molto bella che racconta al visitatore, nel trentesimo anniversario della posa in opera, tutto il percorso, lungo ed in parte accidentato, che ha regalato alla città di Terni, l’opera d’arte più preziosa ed unica che può esporre, al cittadino ternano ed all’ospite forestiero: l’Obelisco “Lancia di luce” del maestro internazionale Arnaldo Pomodoro. Si tratta di un “capolavoro” dell’arte della scultura, ai massimi livelli mondiali; arte fusa insieme al grande artigianato industriale di una Fonderia siderurgica, unica in Italia, quella delle nostre Acciaierie di Viale Brin; unica, non solo, per gli impianti ma per la maestria di tecnici ed operai fonditori, per il sapere sedimentato in un secolo di lavoro siderurgico. L’Obelisco si presenta con una serie di originalità che lo rendono unico al mondo: ha una sezione triangolare e non quadrata come tutti gli obelischi e, soprattutto, è stato fuso in acciaio; con dimensioni e complessità fusorie mai affrontate prima. Inoltre svetta per 30 metri, con una sequenza di quattro tronconi, ciascuno generante quello successivo, via via più più sottili fino al culmine dorato e magico, della lancia di luce, che riflette la luce del tramonto. Ciascuna delle quattro sezioni simboleggia una fase della sapienza manifatturiera della siderurgia ternana; dalla base in acciaio “corten” ruvido, quasi rugginoso che racconta gli inizi della lavorazione del ferro, per poi mutare in acciaio inossidabile, di crescente complessità scultorea e finezza di finitura, proprie della produzione e dell’uso di questo materiale straordinario, per terminare, verso il cielo con un elemento quasi immateriale, la lancia di luce, che può essere letta, anche, come una lancia scagliata oltre la dimensione dello storico saper fare siderurgico, verso i nuovi materiali, come il titanio, e le nuove tecnologie; in sostanza, dalla storia verso il futuro possibile della città, ma entro una continuità identitaria che non prefigura rotture od abbandoni della natura più profonda della città, quella industriale, produttiva, quella del lavoro industriale, ovvero quella dei suoi “secondi natali”, a cavallo tra ottocento e novecento. I cento anni, simbolicamente, chiudono un ciclo ma ne portano in grembo uno nuovo che può iniziare. Ho avuto la fortuna e la responsabilità di aver partecipato ad un tratto, il primo e decisivo, di quel lungo percorso – undici anni – che va dalla ideazione alla posa in opera dell’obelisco. Da amministratore e da cittadino, mi resi conto subito, alla presentazione della proposta, da parte di Walter Mazzilli, assessore provinciale e di Mario Finocchio magistrale tecnico della Fonderia delle acciaierie, che potevamo fare un grande dono alla città , un dono che sarebbe rimasto per arricchirla culturalmente, conferendole un segno distintivo, identitario, per decenni e forse secoli. Qualcosa di bello e di grande che resta. Un condensato di storia e di futuro, un segno fortissimo d’identità e di speranze, in un’opera d’arte unica al mondo. In varie tappe e fasi, si è snodata, infatti, la realizzazione di questa nostra straordinaria opera d’arte urbana, ciascuna con i suoi momenti critici, i punti di svolta positivi, i protagonisti. Con un segno distintivo: l’iniziativa è nata in un determinato contesto politico, culturale e industriale-societario ed è stata portata a termine in un contesto assai diverso da quello di partenza, sotto molti punti di vista. La forza intrinseca di “Lancia di luce” è stata tale da produrre una virtuosa continuità d’impegno amministrativo e societario, ma, anche, un momento alto di unità culturale, identitaria, della nostra comunità; quella che negli anni 80 ci aveva consentito di affrontare, in sostanziale spirito unitario, prove difficili ed esaltanti come la Conferenza sulla cultura, la Conferenza economica sul futuro di Terni e le stesse Celebrazioni del Centenario della Acciaierie e della Società Terni. Nell’anno del Centenario, il 1984, venne in visita a Terni il Presidente della Repuublica Sandro Pertini. Visitò le Acciaierie e colpito dalla maestosità e complessità delle lavorazioni siderurgiche ternane, formulò l’auspicio che, per i 100 anni della grande fabbrica ternana, si lasciasse un segno monumentale alla grandezza del lavoro degli operai e dei tecnici delle Acciaierie. Quell’impulso ed il suggerimento presidenziale di rivolgersi al maestro Pomodoro per la realizzazione, è stato il seme e l’innesco per la realizzazione dell’Opera d’arte. L’impegno dell’artista fu totale e disinteressato e Terni deve serbagli eterna gratitudine per il dono della sua arte, ai massimi livelli estetici e culturali. Una gratitudine imperitura va anche a Mario Finocchio che convinse Pomodoro, superando comprensibili perplessità dello scultore, sulla utilizzabilità della fusione in acciaio, invece che il malleabile bronzo, per la realzzazione dell’Obelisco. Poiché il materiale utilizzato è parte essenziale e caratterizzante dell’opera potremmo persino intestare l’Obelisco ad entrambi, il grande artista internazionale ed il grande sapiente fonditore ternano; due personalità, due culture del saper fare, capaci di dialogo e comprensione reciproca. Avendo partecipato, insieme a Walter Mazzilli, nella casa milanese di Pomodoro, ad un incontro fra Lui e Finocchio posso testimoniare della complessità della discussione tecnica che ebbero, proprio sulla scelta di usare il materiale più difficile per quelle dimensioni e forme scultoree, l’acciaio; ma l’unico che poteva rappresentare Terni, una città industriale, siderurgica; una company town decisa a restare industriale, ma stando sull’onda delle innovazioni delle successive rivoluzioni industriali. Rivoluzioni che oggi non possono che misurarsi con il vincolo della innovazione per la sostenibilità.

*già sindaco di Terni