Salta al contenuto principale

di S. Cristofani

Con l’intento di accettare la sfida di unire culture politiche diverse ed al tempo stesso tenere insieme la tradizione cattolico-democratica con il riformismo socialista, la tradizione liberale e dell’associazionismo come strada da perseguire, si è tenuto sabato mattina ad Assisi il battesimo di “Comunità Riformista”.

Un laboratorio politico umbro che ha l’ambizione di unire  forze politiche nazionali con l’associazionismo ed il civismo dei vari territori della nostra regione. Hanno infatti sottoscritto il manifesto Più Uno, PSI, +Europa, Centro Democratico  e circa una ventina di associazioni territoriali.

A fare da padrini all’iniziativa sono intervenuti i rispettivi leaders nazionali. Ernesto Maria Ruffini per Più Uno, Enzo Marario per PSI, Federico Eligi per +Europa e Bruno Tabacci per Centro Democratico a dimostrazione dell’attenzione nazionale per il laboratorio umbro di “Comunità Riformista”.

Quindi non un nuovo partito all’interno dell’offerta del centrosinistra, ma la volontà più di unire che frammentare. Unire tutte le forze riformiste per contribuire a formare un progetto politico capace di rispondere alle sfide economiche, sociali ed istituzionali del Paese, partendo dai territori. Quella politica dal basso tante volte evocata.

La volontà di creare questo laboratorio politico nasce dall’esigenza di rigenerare un tessuto di valori attorno al quale far risorgere ed irrobustire l’idea di comunità. La contrapposizione tra statalismo ed individualismo, che ha caratterizzato il dibattito politico nella seconda metà del novecento, ha sicuramente creato processi di crescita sociale che ha interessato ampie fasce della popolazione, ma ha anche determinato profonde disuguaglianze tra chi ha saputo o potuto cogliere  le opportunità e chi invece è rimasto “vittima” di crescenti marginalità, favorendo così la lacerazione dei legami comunitari con il prevalere, nei corpi sociali, di uno spirito neocorporativo, terreno fertile per forze di stampo sovranista e populista. 

Lo sforzo  di costruire nuove identità politiche in grado d’interpretare i mutamenti epocali che hanno sconvolto la società, l’economia e la cultura nell’ultimo trentennio, non sembra aver proposto ricette idonee a costruire un mondo migliore, dove ingiustizie e disuguaglianze siano meno evidenti.  La stessa proposta ideale, morale e politico-programmatica, con riferimento ai valori del centrosinistra, non sembra adatta a ridurre  la disaffezione dalle urne.  Questo è un punto cruciale: l’assenza di una proposta generale, che  superi singole rivendicazioni, che smetta di demonizzare gli avversari e rappresenti al tempo stesso un’alternativa vincente. Manca nel centrosinistra un soggetto che presenti programmi aperti ed inclusivi, che sappia coinvolgere energie ed individui aldilà dei rigidi perimetri degli attuali partiti . Superare insomma una posizione politica fortemente identitaria nelle piazze e negli slogan, dura contro gli avversari, più simile ad una tifoseria, che parla solo al proprio elettorato, ma che non riesce a parlare all’Italia intera, quella di tutti i giorni, quella della porta accanto.

  Si avverte, da più parti,  la necessità di costruire  programmi che vadano  oltre un “estremismo debole”, fatto di slogan e bandiere, per proporre un concreto riformismo, che non può essere la semplice unione nel centrosinistra dei riformisti di tutti i partiti, bensì quello di dar vita a livelli di rappresentanza territoriali, rispondenti alle necessità di raccordo dialogante con la gente e, in particolare, con le realtà più sensibili e vivaci del mondo imprenditoriale, dell’associazionismo, del volontariato, della scuola e della cultura. Sorge l’esigenza di riscoprire, valorizzare e incentivare, un autentico spirito comunitario, non alternativo allo statalismo o all’individualismo, ma capace di temperare le degenerazioni di questi due ultimi soggetti, nonché di rilanciare un’idea aggregativa degli individui, quali persone, su basi valoriali e comunitarie.

Troppo spesso oggi la politica si consuma con un Twitter, con Facebook o Istagram, forme di comunicazione certamente innovative, ma sempre più si ha la sensazione che accanto ad esse si debba recuperare il consenso anche attraverso le tradizionali modalità di partecipazione.

Se si vuole evitare l’autoreferenzialità, servono donne e uomini preparati e competenti nel valorizzare  in proposte programmatiche il grande patrimonio di ideali di cui è custode la tradizione cattolico-democtarica, socialista, liberale e laica. Ciò significa, in ultima analisi, mettere in campo, anche a livello locale, una cultura di governo che trasformi il potere in atti il più possibile prossimi alle esigenze e ai bisogni dei cittadini; una cultura di governo che restituisca senso credibile alle espressioni: programmazione, indirizzo, controllo; tutti elementi in grado di riannodare quel rapporto di fiducia tra i cittadini e i poteri pubblici. 

Costruire insomma, un centrosinistra allargato e aperto, più permeabile alla dinamica della pubblica opinione, non tanto connotato sul piano ideologico ma sul versante della tradizione popolare.