di Franco Raimondo Barbabella
Sabato 22 aprile, ad Orvieto, verrà formalmente costituita l’Alleanza Civica dell’Italia Centrale (ACIC) accompagnata da un convegno sulle riforme istituzionali nella sala congressi della Fondazione Cassa Risparmio in piazza Febei.
La nascita di ACIC fa seguito all’assemblea dei rappresentanti vivici dell’Italia Contrale dello scorso 28 gennaio tenutasi sempre in Orvieto ed è frutto, come già allora fu comunicato, della convergenza di liste e movimenti civici di Marche, Lazio, Toscana e Umbria, su un progetto politico che da una parte intende far emergere la questione del Centro con le specificità e la forza necessaria, e dall’altra con ciò contribuire fattivamente, insieme ad Alleanza Civica del Nord ed a Mezzogiorno Federato e altri soggetti civici, alla nascita della Federazione Civica Nazionale prevista per il prossimo mese di giugno.
È dunque in cantiere e si presenta sulla scena un soggetto politico nuovo, che rilancia la politica come pensiero e come prassi riformatrice mettendo a disposizione le esperienze di una classe dirigente che sperimenta sul campo delle assemblee elettive e dei governi territoriali la propria competenza, la propria capacità e il proprio coraggio nell’affrontare le sfide delle concretezze che preoccupano e impegnano i cittadini in questo tempo difficile.
Non a caso l’atto ufficiale di nascita dell’Alleanza sarà preceduto da un convegno sulle riforme istituzionali, non solo perché l’area centrale dell’Italia può avere un suo ruolo solo in un dibattito serio, progettuale, di riorganizzazione istituzionale generale, ma perché questo è il tema fondamentale di un riformismo forte in un Paese bloccato.
Un regionalismo che rischia di avvitarsi nella frammentazione competitiva dell’autonomia differenziata, un sistema di poteri locali restii alla collaborazione e ad abbracciare le logiche di rete che perciò scadono spesso in prassi cantonali e in conservatorismi che resistono ad ogni cambiamento, leggi elettorali che umiliano le assemblee riducendone la consistenza e trasferendo surrettiziamente il potere dai rappresentanti del popolo agli esecutivi, tutto questo e tanto altro dice che il Paese va cambiato in profondità. La logica e l’organizzazione del potere devono conformarsi alle regole, al pensiero e alla prassi, di una democrazia che affida il potere al popolo sovrano. Sennò il popolo inevitabilmente resta a guardare e si estranea sempre più perché non vede ragione di impegno e di partecipazione. E la democrazia langue, si impoverisce ed entra in una zona che può diventare buia.
Il convegno vedrà la partecipazione di qualificati relatori e di esponenti del civismo su un complesso di argomenti che nell’insieme delineano le fondamentali filiere di riflessione su cui si svilupperà il dibattito in questa sede e dopo per una sintesi che contribuirà a comporre il dossier dell’assemblea costitutiva della Federazione nazionale: l’Italia centrale come questione geopolitica, le infrastrutture e le maglie di mobilità dell’Italia mediana per unire il Paese, la riforma istituzionale per recuperare partecipazione ed efficienza del sistema democratico, la legge per Roma capitale per un Paese che voglia essere Europa.
Perché proprio ad Orvieto? Ci sono diverse ragioni che hanno fatto propendere per questa scelta. Tralasciamo la bellezza del luogo, con cui potrebbero competere anche altre città. C’è però in aggiunta una posizione geografica e logistica indubbiamente vantaggiosa, essendo questa zona baricentrica rispetto ad almeno tre delle regioni interessate. Orvieto è zona di confine tra Umbria, Lazio e Toscana, ciò che però aggiunge al dato oggettivo geografico e logistico un forte fattore simbolico, quell’idea del superamento dei confini amministrativi in una logica di sviluppo interregionale che dovrebbe cominciare non solo a prefigurare una svolta delle attuali regioni nel modo di programmare infrastrutture e uso delle risorse, ma anche a porre il problema della riorganizzazione del Paese sul modello delle macroregioni, un tema troppo frettolosamente scomparso dal panorama del confronto politico sulle riforme. C’è infine il fatto che Orvieto da molti anni è sede delle riunioni periodiche dei riformisti di Libertà Eguale, ciò che ne fa, al di là dell’essere essi appartenenti ad un preciso partito, un luogo simbolo del riformismo italiano. Non so se insieme a me anche altri organizzatori lo abbiano pensato, ma a me questo elemento è venuto in mente. Non mi dispiacerebbe se fosse condiviso. In ogni caso la scelta simbolica si sposerebbe perfettamente con gli orientamenti del civismo, che pur non essendo rigidamente ideologici, non possono non avere consonanza con le ispirazioni ideali dei riformisti e non possono non guardare con interesse al bisogno del Paese di avere tra i protagonisti del dibattito e della competizione per il governo ai diversi livelli un soggetto organizzato dei riformisti/riformatori.