di Gabriella Mecucci
E’ di qualche giorno fa la sentenza di sanitopoli che quasi nessuno né in Umbria né a livello nazionale ha commentato, fatta eccezione per l’ovvia osservazione che il giudice ha per alcuni imputati emesso la condanna anche per associazione a delinquere (Barberini e Bocci, esclusa invece Marini), accusa che non figurava nell’arringa del Pubblico Ministero. Scelta questa particolarmente severa. Poche reazioni dunque sul primo grado di un processo che si è concluso dopo cinque anni dall’apertura del caso. Silenzio o quasi su una vicenda partita con grande clamore del circuito giudiziario-mediatico-politico, che portò alle dimissioni dell’allora Presidente della Regione Catiuscia Marini e ad un successivo terremoto elettorale: crollò il consenso del Pd in una delle zone storicamente più rosse d’Italia, trionfò con percentuali da capogiro il Carroccio. Il centrodestra governò per la prima volta l’Umbria. Ma ora quel sisma sembra non interessare più: perché?
SE TRE INDIZI FANNO UNA PROVA FERDINANDI SARA’ UNA BUONA SINDACA
Forse la prima ragione va ricercata nel fatto che ormai spesso le sentenze cambiano molto nel secondo grado di giudizio. E molti prima di mettere nero su bianco la loro opinione non solo vogliono leggere il dispositivo, ma conoscere anche le scelte che verranno fatte in Appello. Questa è la spiegazione più semplice, quella direttamente legata al processo. Ma c’è qualcosa di più. E’ che tutto quello che doveva succedere, era già successo prima della sentenza. Anzi prima che iniziasse sanitopoli. Nel 2019 si era già largamente esaurita la storica egemonia della sinistra in Umbria. La crisi veniva da lontano e aveva consumato, a partire dagli anni Novanta, un consenso che sembrava eterno. Tanto è vero che una celebre conversazione fra Ernesto Galli della Loggia e Alberto Stramaccioni fu titolata “Rossi per sempre”. Già si intravedevano invece i sintomi e le ragioni del declino prossimo venturo. Le sconfitte arrivarono ben prima di concorsopoli: a Perugia, a Terni, a Umbertide. A questo non si può non aggiungere che ormai il cerchio si sta chiudendo e cioè che i vincitori di allora si sono trasformati in vinti. Oggi il Carroccio, i vari Romizi e Latini e via elencando, sono i nuovi perdenti. E Tesei non vive giorni tranquilli.
La realtà è che sanitopoli sembra perdersi nella notte dei tempi: la storia ha fatto già due giri e l’ha avvolta nelle nebbie di un’epoca tramontata e finita nel dimenticatoio. Il grande cambiamento generato dai social appiattisce tutto sul presente: il passato viene prontamente cancellato, così come vogliono i fautori della cancel culture tanto di moda oggi, che credono di essere rivoluzionari e sono invece espressione del più pericoloso conformismo culturale. Le sorti personali di chi è finito sotto processo diventano così del tutto irrilevanti. Tanto è vero che chi ha subito simili vicende non verrà mai riabilitato, anche se sarà assolto. Tutto quello che si doveva sapere su di lui lo ha messo in piazza il circuito mediatico-giudiziario ben prima della sentenza. Questa vulgata, anche se risultasse falsa o comunque inesatta, ha prodotto i suoi effetti che non sono più correggibili. Una sorte amara alla quale non ci si può e non ci si deve rassegnare, ma oggi le cose funzionano così.
Ormai la storia ha fatto due giri e nel centrosinistra – che piaccia o no – si è formata una nuova classe dirigente. In parte era già successo anche nel centrodestra. L’egemonia di Pci e Psi in Umbria è stata molto più lunga di quella di Lega and company, consumatasi in pochi anni. Questo dipende sia dalla weltanschauung dei nuovi tempi che brucia tutto rapidamente, sia dal fatto che la coalizione progressista aveva una progettualità ben più sostanziosa di quella messa in campo dal centrodestra.
Ieri c’è stata la prima riunione del Consiglio comunale di Perugia e guardandone gli scranni si aveva la netta sensazione dell’imponente ricambio avvenuto: la grande maggioranza di quelli che vi siedono sono sotto i quarant’anni. E, ascoltando il primo discorso di Vittoria Ferdinandi per presentare la nuova giunta (qui qualcuno più attempato c’è), appariva chiaro che era avvenuta una rivoluzione nella cultura politica. La sindaca non ha mai pronunciato la parola partito, non ha mai nominato Pd o Azione o Fratelli d’Italia. Non si è mai rivolta ai gruppi consigliari e non ha mai usato il termine opposizione, ma solo minoranza. Uno stile inimmaginabile anni addietro. Le vecchie categorie politiche sono lontane anni luce da quell’aula. Eppure le ideologie e i loro simboli restano nel ricordo e nella nostalgia di questi quarantenni che in campagna elettorale hanno messo in scena ritualità fuori dalla storia come il pugno chiuso e gli inni a Che Guevara. Un curioso paradosso questo. Ferdinandi nel suo discorso non ha fatto alcun riferimento al passato. Ha citato solo Capitini: “Perugia sta, senza l’incombere di null’altro che il cielo”. Non una parola sulle amministrazioni che l’hanno preceduta. Ha ringraziato Andrea Romizi e Margherita Scoccia, mostrando di nuovo il suo ormai riconosciuto garbo istituzionale. Tutto questo è positivo o negativo? Impossibile dirlo ora. E’ sicuro però che è del tutto nuovo.
In un’intervista al Corriere dell’Umbria Alberto Stramaccioni si è lamentato del fatto che il Pd conta troppo poco, e che viene considerato una sorta di “autonoleggio” dove si sale per giovarsi dei suoi voti senza riconoscerne l’importanza decisiva. Ma i democratici sono stati i primi a non valorizzare il loro peso elettorale accettando passivamente l’idea che il centrosinistra ha vinto perché è arrivata Vittoria Ferdinandi. Che e’ lei – come è stato più volte ribadito – l’artefice unica del miracolo praticando la respirazione artificiale ad una coalizione morente, che nessun altro avrebbe potuto farcela. Il Pd non ha messo al centro un proprio progetto, non ha segnato la campagna elettorale con la propria presenza, ha lasciato completamente le redini alla giovane candidata. Poteva muoversi diversamente? Oppure era giusto che andasse così?
Aldilà di questi argomenti polemici, non si può ormai non fare i conti con una cultura politica profondamente rivoluzionata. Resta da vedere dove ci porterà la nuova generazione al potere, guardandola senza pregiudizi.