di Lucio Caporizzi
La Sanità ha avuto un ruolo centrale nella recente campagna elettorale per l’elezione del Presidente e del Consiglio della Regione e, probabilmente, ne ha anche in gran parte determinato l’esito.
Non vi è quindi da stupirsi se ritornano, anche sulla stampa locale, in vario modo temi legati alla gestione del Servizio sanitario regionale, anche e seguito di atti o eventi rilevanti a tale proposito. A volte il modo di presentarli non è del tutto corretto, risentendo delle simpatie politiche di chi, di volta in volta, scrive.
I giorni scorsi la Conferenza Stato-Regioni ha perfezionato l’intesa in merito al riparto tra le Regioni del Fondo Sanitario Nazionale (FSN), recependo, come di solito avviene, l’accordo raggiunto in merito tra le Regioni nel luglio scorso.
Alla Conferenza Stato-Regioni ha partecipato la Presidente uscente Donatella Tesei e vi è chi si è affrettato ad evidenziare il risultato positivo per l’Umbria, che sarebbe in contrasto, quindi, con la “narrazione” non proprio rosea del Servizio sanitario regionale portata avanti in campagna elettorale da parte della coalizione risultata vincente. In particolare viene evidenziata una presunta “premialità” ottenuta dalla Regione Umbria pari a 15 milioni.
Ovviamente ciascuno può avere le proprie preferenze, ma il rispetto dei cittadini, che hanno diritto ad una informazione corretta, dovrebbe avere la precedenza.
Davvero l’Umbria avrebbe ottenuto una premialità? Come si pone questa eventuale premialità nell’ambito del più ampio Fondo sanitario nazionale? E come viene ripartito il Fondo – che finanzia le cure di tutti noi – tra le Regioni?
il FSN è determinato, annualmente, sulla base di una decisione politica del governo in carica, date le compatibilità di bilancio e un processo di contrattazione con le Regioni che hanno il compito di organizzare la fornitura dei servizi sanitari ai cittadini negli spazi di autonomia loro riconosciuti.
Per le Regioni a statuto ordinario, tra le quali rientra l’Umbria, il FSN è alimentato da:
• La compartecipazione delle Regioni all’IVA;
• la “fiscalità generale” delle Regioni, in particolare l’Imposta regionale sulle attività produttive (Irap) e l’addizionale regionale Irpef;
• le entrate proprie degli enti del Servizio Sanitario Nazionale, rappresentati dai ricavi dell’attività intramoenia e dalle compartecipazioni alla spesa dei cittadini (ticket).
Il FSN si compone però di diverse parti: vi è il fabbisogno “indistinto” che rappresenta la parte preponderante, con 128,6 mld su un totale di 134 mld, cui si aggiungono una pluralità di “quote vincolate” per una moltitudine di obiettivi (prevenzione e cura della fibrosi cistica, medicina penitenziaria, farmaci innovativi, eccetera); vi è infine la “quota premiale” cui si accennava in precedenza.
Costituendo quindi la parte preponderante, i criteri di riparto della quota indistinta sono quelli sui quali si concentra l’attenzione e il dibattito della politica economica. In generale, questi criteri sono differenti da quelli utilizzati per il riparto delle quote vincolate.
Il Fondo così determinato viene quindi annualmente ripartito tra le Regioni secondo criteri che sono stati rivisti nel dicembre 2022, andando quindi a modificare il criterio precedente – che resta prevalente – basato sulla quota capitaria, semplice o pesata, con differenze a seconda del livello di assistenza e della tipologia delle prestazioni. Per capire, occorre tenere presente che alla Prevenzione è destinato il 5 per cento del finanziamento indistinto, all’Assistenza distrettuale il 51 per cento e a quella Ospedaliera il rimanente 44 per cento. Data questa classificazione, in base al sistema di riparto vigente fino alla recente riforma, i finanziamenti erano distribuiti per circa il 60 per cento in base a una quota capitaria semplice (più abitanti più soldi, in parole povere) e per il restante 40 per cento in base a quella pesata per età.
Tale ponderazione per età tiene conto della riduzione del consumo di assistenza sanitaria dopo i primi anni di vita e del successivo progressivo aumento, soprattutto oltre i 64 anni, a seguito della più frequente erogazione di prestazioni, in particolare ricoveri ospedalieri, nel caso dei più anziani, alla diversa incidenza delle patologie e a una diversa assegnazione dei relativi trattamenti secondo l’età.
Le modifiche intervenute nel dicembre 2022 erano tese ad integrare il criterio della popolazione, semplice o pesata, con altri criteri, in particolare parametri che riflettano le condizioni di disagio socio-economico e conseguente deprivazione. Viene quindi adottato un indice composito di deprivazione che recepisce indicatori quali la povertà relativa, il tasso di scolarizzazione e il tasso di disoccupazione.
Il 98,5% delle risorse della quota indistinta resta comunque ripartita secondo i vecchi criteri.
La “quota premiale” – che secondo alcuni sarebbe andata a riconoscere le eccezionali performance dell’Umbria – venne introdotta dal D.Lgs. 149/2011 e doveva essere attribuita alle Regioni che avessero istituito una centrale regionale per gli acquisti e aggiudicato almeno un certo volume di acquisizioni di beni e servizi attraverso procedure di gara e avessero introdotto misure idonee a garantire gli equilibri di bilancio. In realtà tale istituto non ha mai avuto attuazione nelle forme previste dalla norma.
In realtà, la “quota premiale” – che è cosa diversa dal “sistema premiale” legato al rispetto del vincolo di bilancio – viene accantonata e quindi distribuita in base ad accordi nell’ambito della Conferenza delle Regioni e Province autonome, volti sovente anche a compensare evenienze che abbiano svantaggiato qualche Regione, compresi eventualmente i meccanismi di riparto adottati per la distribuzione delle altre risorse. Si tratta del cosiddetto metodo del “lapis”, ben conosciuto da chi ha vissuto le estenuanti maratone – spesso notturne – di contrattazione tra le Regioni, metodo utilizzato per raggiungere l’accordo sul riparto del Fondo sanitario.
Anche senza aver sperimentato in prima persona quanto sopra richiamato, basterebbe vedere l’erraticità della distribuzione del riparto della quota premiale 2024 – dove l’Umbria riceve 17,7 mil – per capire che non si tratta certo del riconoscimento di particolari “virtù” gestionali. 155 mil per la Lombardia e 38 mil per l’Emilia Romagna, 47 per il Veneto e 131 per la Campania, 15 alla Puglia e 6 all’Abruzzo.
Insomma, un premio, sì…ma di consolazione, distribuito un po’ a tutti, in ragione di torti, veri o presunti, da riparare.