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A sessant’anni dall’inaugurazione del ponte di Verrazzano e a cinquecento dal viaggio del, navigatore gentiluomo, La Fondazione Ranieri di Sorbello ha ricordato con un pomeriggio di studi il ruolo di Uguccione Ranieri di Sorbello nell’’intitolazione del mega viadotto di New York all’’esploratore italiano. Si trattò di una intelligente e massiccia campagna di stampa. 

di Antonella Valoroso

C’è un maestoso ponte sospeso che a New York collega i quartieri di Brooklyn e Staten Island. È un ponte a una sola campata, il più lungo del mondo al momento dell’inaugurazione. La sua struttura, realizzata in acciaio e cemento armato, presenta una luce di 1.298 metri e una lunghezza complessiva di 1.600 metri.

C’è poi un altro ponte, invisibile ma non meno straordinario, che unisce idealmente New York e Greve in Chianti passando per Perugia. Perché se il 21 novembre del 1964 l’iconico ponte, dal quale ogni anno parte la maratona di New York, è stato battezzato Verrazzano-Narrows Bridge è anche merito di Uguccione Ranieri di Sorbello, il diplomatico, giornalista e scrittore che nel 1954, in un appunto vergato rapidamente dietro una fotografia che lo ritrae all’interno del suo ufficio al civico 690 di Park Avenue in una torrida giornata d’agosto, si definiva «eterno perugino» sebbene avesse passato la maggior parte della sua vita -era nato nel 1906- lontano dalla città in cui i suoi antenati hanno lasciato un’importante eredità artistica e culturale, oggi custodita e valorizzata dall’attività della Fondazione Ranieri di Sorbello e della sua controparte statunitense, la Sorbello Foundation.

Proprio per questo, nell’anno del quinto centenario dal viaggio di Giovanni da Verrazzano, il navigatore originario di Greve in Chianti che nel 1524 fu primo europeo a esplorare la baia di New York, la Fondazione Ranieri di Sorbello ha voluto celebrare anche i sessant’anni dall’inaugurazione del ponte che collega Brooklyn a Staten Island con un pomeriggio di studi che si è svolto a Perugia lo scorso mercoledì 27 novembre presso la sede di Piazza Piccinino.

«Mio padre Uguccione – spiega Ruggero Ranieri, presidente delle due fondazioni – fino al 1958 è stato impegnato a New York come attaché culturale dell’ambasciata d’Italia e ha avuto un ruolo significativo nella complessa operazione diplomatica che portò all’intitolazione del ponte a Giovanni da Verrazzano, un esploratore di fondamentale importanza ma ingiustamente dimenticato per una serie di sfortunate coincidenze, prima fra tutte la scomparsa della celebre lettera in cui Verrazzano esponeva al re di Francia, per conto del quale aveva intrapreso il viaggio nel 1524, il resoconto delle sue esplorazioni dell’America del Nord. Dopo la sua riscoperta nel 1909, la lettera fu acquisita dal banchiere John Pierpont (J.P.) Morgan, che la considerava l’atto di nascita di New York City, e oggi è custodita presso la Morgan Library di New York».

Nella parte introduttiva del pomeriggio di studi coordinato dal prof. Ranieri sono intervenuti Anthony J. Tamburri, Dean del John D. Calandra Italian American Institute, in collegamento da New York, e Luigi Giovanni Cappellini, Presidente Fondazione Giovanni da Verrazzano, in collegamento da Greve in Chianti. Ha poi preso la parola  il prof. Leonardo Rombai, uno dei massimi conoscitori della vita e dell’attività del navigatore toscano, che ha presentato un’ampia e dettagliata relazione sulla vita e sui viaggi di Verrazzano, mentre chi scrive ha ricostruito le tappe principali della ‘riscoperta di Verrazzano’ nel corso del Novecento e del ruolo cruciale svolto da Uguccione Ranieri di Sorbello e dal comitato per le celebrazioni verrazzaniane attivo in Italia e in USA negli anni sessanta del secolo scorso. L’intitolazione del ponte a Verrazzano nel 1964 fu difatti il punto di arrivo di una complessa e articolata azione diplomatica e culturale che ebbe come protagoniste da una parte le comunità italo-americane di New York e John LaCorte, presidente della Italian Historical Society of America, e dall’altra le autorità consolari italiane, in particolare il barone Carlo de Ferrariis Salzano e il marchese Ruggero Farace. L’evento rappresentò una significativa vittoria per l’Italia e per gli italiani d’America, in un periodo storico in cui emigranti e italodiscendenti erano spesso vittime di feroci discriminazioni. Non a caso  Uguccione Ranieri di Sorbello, dalle colonne del «Corriere della Sera», definì la dedica del ponte a Verrazzano «una vittoria della diplomazia».

Dopo secoli di dimenticanza, la figura di Giovanni da Verrazzano conobbe un vero e proprio picco di popolarità in Italia proprio alla metà degli anni Sessanta, il decennio in cui si susseguirono convegni di studi, emissioni filateliche e la pubblicazione di diversi studi monografici. Nel 1967, inoltre, l’esploratore grevigiano fu inserito anche nell’album delle figurine Panini degli uomini illustri. La didascalia che accompagnava la figurina menzionava naturalmente anche il ponte newyorkese, che aveva giocato un ruolo chiave nel suo rinnovato riconoscimento: «Navigatore fiorentino al servizio di Francesco I di Francia. Scoprì ed esplorò nel 1523/24 le coste atlantiche degli attuali Stati Uniti d’America. Partito quattro anni dopo per una seconda spedizione non fece ritorno in Francia. Al suo nome è stato intitolato il Verrazzano Bridge, ponte sospeso sull’Hudson, nella baia di New York, con una campata principale di ben 1300m.».

Poi, lentamente ma inesorabilmente, un velo di oblio è nuovamente calato sull’eredità di Verrazzano. Le celebrazioni italiane del 2024 per i cinquecento anni dal primo viaggio si sono concentrate principalmente in Toscana. Nel resto del paese le persone comuni continuano a ignorare sia il suo nome che la sua storia.

La Francia è stata un po’ più attiva, ma gli Stati Uniti hanno sicuramente superato di gran lunga tutti gli altri. 

Tutto ciò non avrebbe sicuramente sorpreso il presidente del Comitato Italiano per le onoranze a Verrazzano, lo scrittore e giornalista Bino Sanminiatelli che nel novembre del 1964 si trovava a New York per l’inaugurazione del ponte. Invitato in quegli stessi giorni a tenere un discorso all’Istituto Italiano di Cultura, aveva difatti concluso il suo intervento con le seguenti parole: «… a me personalmente non interessa Verrazzano più di quel che non m’interessino Colombo, Vespucci o Caboto: infine fanno parte tutti delle glorie del nostro Paese. Ma è proprio agli Americani che quest’uomo deve interessare, perché nessuno degli altri navigatori ha mai toccato la loro terra… Dalle torri del castello di Verrazzano, chiuso tra i boschi feudali dell’angusta ed accigliata Val di Greve, si potrebbe dire che siano nati i grattacieli di Manhattan».

La registrazione dell’evento, trasmesso in diretta streaming attraverso il profilo Facebook della Fondazione Ranieri di Sorbello, è disponibile online https://www.facebook.com/Fondazione.Ranieri.di.Sorbello/videos/1086139776220498