di Ilaria Borletti Buitoni*
© Foto di Rutger van der Maar
Una distesa di 30 ettari di pannelli solari avrebbe potuto coprire la zona vicino a Bevagna, una porzione di territorio del Sagrantino: un progetto gigantesco il cui impatto sul paesaggio sarebbe stato estremamente rilevante e che aveva messo in allarme sia i viticoltori che le associazioni ambientaliste.
Che la Regione, e prima ancora il Comune e la Provincia, abbiano dato parere negativo è una gran buona notizia, ma non basta a tutelare un paesaggio bello e fragile come quello dell’Umbria. Per fare un decisivo passo avanti occorrerebbe dotarsi di un piano paesaggistico regionale.
Necessario per capire la gravità della situazione è ricordare il recente passato: Il codice dei beni culturali prevede un confronto tra le regioni e il Ministero della Cultura per definire insieme, attraverso lo strumento dei piani paesaggistici, i criteri ai quali dovranno adeguarsi i piani urbanistici per la gestione del territorio. Il piano paesaggistico umbro, molto sapientemente preparato dall’ allora soprintendente Marica Mercalli con la Regione, non ha mai visto la luce, nonostante fosse arrivato ad un livello di precisione e completezza quasi definitivo. A questo si aggiunge il fatto che in Italia tutto quello che riguarda la transizione energetica non è mai stato oggetto di una seria riflessione che potesse riguardare quelle aree non protette da vincoli e quindi particolarmente esposte, ma che rappresentano un elemento particolarmente identificativo dell’ identità paesaggistica del nostro paese”. In questo modo si è distrutta buona parte della Tuscia e laddove non sussistevano vincoli si sono susseguite installazioni più o meno estese di pannelli fotovoltaici o di pale eoliche che hanno devastato aree estremamente significative dal punto di vista della loro identità paesaggistica,. Il paesaggio umbro è un paesaggio minuto e collegato ed è molto difficile pensare che 30 ettari di pannelli solari non sarebbero visibili da più parti rovinando in maniera definitiva quell’armonia che caratterizza quella parte della regione anche grazie all’impianto dei vigneti che accompagnano il territorio. Come spesso avviene nel nostro paese la decisione di cavalcare una necessaria transizione energetica non è accompagnata né da un’attenta pianificazione sulle reali necessità in rapporto alle zone prescelte né tantomeno dal rispetto di un principio di tutela paesaggistica . Non si può che concludere ricordando che il paesaggio è un bene comune e che sia l’ascolto delle comunità che dei loro rappresentanti sono un passaggio necessario che non pare nella vicenda di Bevagna essere stato rispettato, contravvenendo anche a un principio tutelato dalla nostra Costituzione.
*vice presidente del Fai