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di Ruggero Ranieri

Franco Giustinelli verrà ricordato come una delle più importanti personalità dell’Umbria dal 1960 ai giorni nostri: una bella carriera politica e amministrativa, iniziata quando era molto giovane nel PCI e che ha attraversato molte fasi, da consigliere comunale a Terni, ad Assessore Regionale (1975-1983), poi Senatore e, infine, protagonista di molte iniziative culturali e politiche a Terni e in Umbria. E questo è solo un elenco molto sommario delle tante attività che lo hanno visto protagonista. Molto è stato detto in questi giorni e molto ci sarà ancora da dire.
Il mio incontro con Franco è avvenuto all’ICSIM, l’Istituto di ricerca e di formazione intitolato al grande economista industriale Franco Momigliano, di cui egli fu presidente dal 1995 al 2013. L’ICSIM era frutto di una grande intuizione, a cui hanno contribuito importanti docenti di Storia Economica, da Franco Amatori a Giampaolo Gallo, a Renato Covino ed altri, e cioè di dare anche all’Umbria una dimensione di ricerca e una attività formativa in campo economico e industriale. Il progetto, purtroppo, ebbe vita breve, ma in quei pochi anni ha seminato molto e bene. Oggi, in un quadro molto mutato, se ne sente ancora la mancanza. Arrivai all’ICSIM per occuparmi di storia della siderurgia, materia che ho coltivato per molti anni, dentro e fuori dalla vita accademica. In quegli anni, parliamo del 1996-97, insegnavo in Gran Bretagna e mi adoperai per stabilire contatti fra l’ICSIM, Terni e gli specialisti che si occupavano di siderurgia europea.
Figure più diverse, almeno all’apparenza, fra Franco e me, è difficile trovarne. Io avevo molto entusiasmo per i programmi che promuovevo insieme all’ICSIM, ma certo poca dimestichezza con i problemi complessi e anche tortuosi di un territorio come quello ternano e umbro. Franco assorbiva i miei entusiasmi, senza spengerli e, però, mi ha insegnato alcune cose di cui ero del tutto digiuno: per esempio, come si conduce un dibattito pubblico ascoltando tutti, con il massimo rispetto di tutte le posizioni. Ascoltando e se mai cercando di indirizzare le conclusioni. Di questo esercizio ero del tutto digiuno. Mi sorprende ancora oggi come, spacciandomi in un certo senso come persona di cultura liberale e di formazione anglo-sassone, abbia potuto apprendere tanto da un uomo di sinistra, di formazione marxista e di esperienza soprattutto politica (anche se non ci si deve scordare che Franco è stato anche studioso e insegnante). Franco, infatti, oltre ad avere una grande esperienza nelle istituzioni, univa un genuino rispetto delle opinioni altrui, anche le più lontane dalle sue, con un forte spirito di parte. Era questa la sua caratteristica, direi una sua grande qualità, che viene fuori anche dal suo ultimo importante lavoro Il Novecento a Terni. C’era in lui una gentilezza non di facciata, e, insieme, una tempra abbastanza risoluta, talvolta assolutamente partigiana.
Fu una persona abbastanza ferma nel dirigere l’ICSIM: terminata la fase delle discussioni, era capace di fissare dei punti chiari. Molte volte ha detto no ad alcune mie richieste e proposte, senza che la mia stima ne fosse diminuita, anzi forse il contrario. Come dicevo, l’ICSIM era un esperimento interessante e importante, ma nella sua presidenza Franco trovò più ostacoli che incoraggiamenti e aiuti da parte delle istituzioni locali. Per quanto non conosca tutti i risvolti della vicenda, direi che né le amministrazioni comunali di Terni, né le giunte Regionali credettero fino in fondo al progetto e quando iniziarono le difficoltà, soprattutto finanziarie, non esitarono ad affossarlo. Franco faceva spesso la spola con Perugia oltre che con le amministrazioni ternane. A un certo punto, però, dovette arrendersi, non senza una certa amarezza. Era però troppo saggio per abbandonarsi alle recriminazioni o allo scoramento; lo prese come motivo di riflessione e si dedicò ai molti suoi altri interessi.
Negli ultimi anni ci siamo sentiti spesso. Franco volle collaborare alla rivista semestrale Passaggi, inviandoci un pezzo sulla sua esperienza di Assessore Regionale in occasione della ricostruzione dopo il terremoto della Valnerina del 1979. In quella circostanza rivendicò i risultati raggiunti per mezzo di un riformismo tanto pragmatico, quanto coraggioso. Ricordo anche, con molto piacere, le presentazioni di libri fatte qui alla Fondazione Ranieri di Sorbello: una in occasione della bella biografia di Alma Mahler scritta da sua moglie, Luisa Cassetta, e un’altra, l’ultima, che Franco volle proprio che ospitassi io, sul libro sul Novecento a Terni a cui ho accennato. In quella occasione erano presenti molti esponenti della lunga stagione della sinistra umbra al governo regionale, di cui sono stato quasi sempre all’opposizione. Ma c’erano anche esponenti di centro-destra, con cui Franco non interrompeva mai il dialogo. È stato un piacere ascoltarlo e anche fargli le mie obbiezioni.
Insomma, posso dire che a Terni, discutendo di siderurgia, è nata una simpatia e una amicizia che conservo come importante per la mia vita. E insieme Franco mi ha trasmesso interesse per la storia e la vita di Terni, di cui, da bravo perugino, conoscevo ben poco. Ricordo, a questo proposito, anche un comune amico con cui abbiamo lavorato per tanti anni nell’ICSIM per la formazione e ricerca siderurgica, Enrico Gibellieri. Credo che molti giovani possano imparare molto dalla figura di Franco, dal suo rigore, dalla sua gentilezza, dal suo riformismo fattivo e militante, dalla serietà con cui prendeva tutti gli aspetti della vita, che forse è la chiave in cui si iscrive tutto il resto.