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di Gabriella Mecucci

Equilibrato, di buone letture, amante della musica, curioso e appassionato, ma anche capace di smitizzare con l’autoironia i tempi cosiddetti eroici del giornalismo, quando si guadagnava poco e si faticava parecchio per portare acqua al mulino del giornale. Riccardo Regi se n’è andato dopo una lunga malattia e con lui se ne va uno di quei giovani che, usciti dall’Università, cominciarono a collaborare col Corriere dell’Umbria per far crescere un vero quotidiano regionale. Prima che nascesse quella testata, nessuno aveva tentato un’impresa tanto difficile e appassionante. E Riccardo di passione per il suo mestiere ce ne aveva parecchia, tanto è vero che ha continuato a scrivere sino agli ultimi giorni sia per le pagine del Corriere sia per la sua rivista online: VivoUmbria. La sua carriera è stata vissuta in larghissima parte all’interno del primo quotidiano umbro. 

Giornalista di provincia, può pensare qualche spocchioso con l’aria di volerne svalorizzare le qualità. E sbaglierebbe perché per farlo bene ci vuole una notevole professionalità: soprattutto una capacità di approfondire, di guardare dentro ai fatti del giorno riuscendo a scorgervi le notizie. Un’operazione tutt’altro che semplice perché spesso la notizia è più difficile da trovare nei fatti meno eclatanti. I grandi accadimenti nazionali e internazionali te la squadernano spesso davanti con chiarezza. E poi ad aiutarti ci sono le tante agenzie d’informazione. 

Riccardo disponeva di tutti gli strumenti del mestiere e lo scoprii quando lo invitai a fare una lezione sul giornalismo in provincia alla Scuola della Rai di Ponte Felcino. Il suo speach fu così interessante e brillante che i ragazzi del corso di scrittura ne rimasero affascinati. Nessuna retorica del cronista coraggioso e gran letterato, ma un racconto pieno di esperienza e di humor parlando di come si lavorava  al Corriere. Di come quel piccolo quotidiano decollò e riuscì ad allargare i propri confini. Di come si può essere giornalisti di provincia senza essere provinciali. Così, senza mai montarsi la testa, lui era diventato uno dei professionisti più importanti e rispettati a livello regionale.

Riccardo ha percorso tutta la sua carriera al Corriere dell’Umbria. Ha scritto cose importanti: era un cronista vero con alcune qualità di precisione e di equilibrio che oggi sono sempre meno frequenti, sopraffatte dalle “sparate” della rete. Poi per un lungo periodo ha governato la “macchina” del Corriere sino a diventarne vice direttore.

Negli ultimi anni scriveva molto di cultura e spettacoli e aveva creato VivoUmbria, sempre molto puntuale nel dare informazioni, nel raccontare e nel recensire mostre, rappresentazioni teatrali, concerti e tanto altro. Non ha smesso mai di lavorare sino a quando la malattia non l’ha travolto. L’ultima volta che l’ho visto, ci siamo incontrati in un bar. Lui era già smagrito, segnato nel volto e nel corpo. Parlava con suo figlio che mi presentò con un sorriso sereno, bonario. Mi resi conto dalle sue parole che era perfettamente consapevole della gravità del male che lo affliggeva. Oggi lo saluto per l’ultima volta. A sua moglie Sabrina e alla sua intera famiglia un affettuoso abbraccio.