di Gabriella Mecucci
Foto ©Fabrizio Troccoli
Periodicamente a Perugia riaffiora l’allarme per l’ordine pubblico: una sorta di eterno ritorno. E’ questa una delle questioni che più stanno a cuore ai cittadini e anche un indicatore della qualità di una democrazia. Come sorprendersi dunque che sia materia di polemica politica? E men che meno c’è da stupirsene nel capoluogo umbro dove fu l’argomento centrale della campagna elettorale di Andrea Romizi nel 2014, quando per la prima volta strappò Palazzo dei Priori alla sinistra. Il centrodestra, oggi perdente, spera di ridarsi un volto rispolverando quel tema, proprio ora che la giunta Ferdinandi, dopo un’iniziale difficoltà a mettersi in moto, sta prendendo decisioni importanti che segnano una svolta nel governo della città. L’attacco è martellante: era già iniziato in gennaio e ora è ripreso raggiungendo la vetta di visibilità col servizio giornalistico trasmesso da “Fuori dal Coro”, la trasmissione di Rete 4 non nuova alle performance più sguaiate.
Nulla di concreto sembra giustificare questo nuovo assalto: non ci sono i dati che dimostrino un boom dei crimini. E, per la verità, già nella parte finale dell’amministrazione Romizi c’era stata una recrudescenza di alcuni reati. Ma questo non sarebbe sufficiente a placare gli inutili e persino dannosi allarmismi della destra. C’è però molto di più. Innanzitutto ci sono alcuni interessanti informazioni, raccolte dalle forze dell’ordine, che in aprile sono state diffuse dal Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero degli Interni, fonte non sospetta di faziosità filo Ferdinandi. Le città più pericolose d’Italia sono – secondo questa attenta rilevazione – Milano, Roma, Firenze Torino fra le grandi. Nella parte alta della classifica figurano poi anche alcuni centri medi e piccoli come Livorno, Prato, Imperia. Perugia non c’è. Una prova che la situazione non è così grave, anche se non bisogna mai abbassare la guardia: di recente infatti si sono verificati alcuni avvenimenti che meritano un’attenzione particolare. Il Procuratore della Repubblica Raffaele Cantone in un’ intervista al Corriere dell’Umbria ritiene però che “Perugia non è il Far West”, non è cioè – sono sempre parole sue – “fuori controllo”. Elogia le forze dell’ordine e dei crimini degli ultimi mesi dice: “Parliamo di situazioni in cui sono coinvolti soggetti invisibili, cioè non regolari sul territorio dello Stato, che, per una serie di ragioni amministrative, sono ancora difficili da espellere. Si tratta di persone spesso senza fissa dimora, che trovano ricovero in luoghi di fortuna, che vengono messi loro a disposizione, e bisognerebbe chiedersi da chi”. Insomma, il Comune in tutto questo c’entra davvero molto poco.
L’intervista di Cantone e i dati del Ministero dovrebbero buttare acqua sul fuoco della propaganda disfattista che fornisce un’immagine falsa e dannosa di Perugia. In passato – e cioè una quindicina d’anni fa – si arrivò addirittura a paragonare la città a Gotham City, il luogo dei mille pericoli dove Batman sconfigge i criminali. La definizione era fuori misura anche allora, quando però c’erano alcune solide ragioni per lanciare l’allarme. Già nei primi anni del Duemila infatti le forze dell’ordine avevano sostenuto che il capoluogo umbro era diventato una delle capitale della droga: una piazza del grande smercio di eroina. Poi si alzò la voce dell’arcivescovo di Perugia Giuseppe Chiaretti. E nel 2007 ci fu il delitto Meredith che portò il capoluogo umbro sulle prime pagine di tutti i giornali nazionali e internazionali: un colpo durissimo anche perché la sinistra che governava Palazzo dei Priori, anziché esprimere tutta la sua preoccupazione e farsi carico di un nuovo corso, sottovalutò le denunce. Torna in mente la battuta con cui allora gli amministratori cercarono di sminuire la gravità della situazione: “Un omicidio come quello di Meredith poteva verificarsi dappertutto”. Già, ma intanto era successo a Perugia che ne avrebbe pagato tutte le conseguenze. Nel 2014 quindi si arrivò a Gotham City e al programma pro sicurezza targato Romizi che, nel corso della sua decennale sindacatura, qualche risultato per la verità lo ottenne.
Ora la situazione non ha caratteristiche drammatiche e le grida del centrodestra appaiono fuori luogo, come del resto dice Cantone che non dimentica di far notare come gli intervistati dell’inchiesta di “Fuori dal Coro” siano incappucciati, e non si possa conoscere la loro identità. Secondo il Procuratore della Repubblica occorre non drammatizzare, ma “fare squadra”. Le istituzioni cioè devono collaborare fra di loro: dalla Prefettura, alle Forze dell’Ordine, alla Magistratura. Naturalmente in questo quadro ha un ruolo anche il Comune. Le sue competenze in materia sono poche ma qualcosa ha già ottenuto: è aumentata la vigilanza di polizia a Fontivegge e ha deciso di trasferire in questo quartiere il comando dei Vigili Urbani. Nel medio – lungo periodo potrebbe impostare un’attività di ampio respiro che riguardi l’assetto urbanistico e dei servizi nei quartieri più a rischio: dalla zona della stazione a Ponte San Giovanni sino ad alcune parti del Centro storico. Una richiesta di maggiore impegno andrebbe poi estesa anche ai partiti di governo e in particolare a Emanuele Prisco, parlamentare perugino e sottosegretario agli Interni.
Meno prediche e più lavoro quindi. La sicurezza richiede uno sforzo comune e non le iperboli propagandistiche che potrebbero essere contro producenti persino per chi le mette in giro. Certamente lo sono per Perugia. A meno che qualcuno non creda che il rischio per l’ordine pubblico dipenda dal fatto che Palazzo dei Priori non sia dotato di taser e dall’abrogazione del provvedimento anti accattonaggio. Così si trasformerebbe una questione seria qual è l’ordine pubblico in una polemicuccia di quart’ordine.