di Gabriella Mecucci
Periodicamente a Perugia riaffiora il tema dell’ordine pubblico: una sorta di eterno ritorno. E guai sottovalutarlo. E’ infatti una questione vera, avvertita dai cittadini come fondamentale per la loro qualità della vita. Anche in dicembre e gennaio si sono verificati accoltellamenti e aggressioni varie. Fatti che hanno attirato l’attenzione della sindaca Vittoria Ferdiandi e del questore che si sono incontrati per cercare le prime soluzioni. E le opposizioni ci hanno fatto sopra un po’ di propaganda. Niente di male, ovviamente, è parte del loro mestiere.
Se si vuole però affrontare correttamente l’argomento, occorre prima di tutto analizzarlo. Tre sono i punti fondamentali: 1) la storia della sicurezza a Perugia è lunga, piena di contraddizioni e non sempre ne è stata compresa l’importanza, 2) è legata alla quantità e qualità di impegno profuse per reprimere i crimini, 3) è figlia anche di alcuni pesanti errori urbanistici.
Il centrodestra ne fa un tema di propaganda anche perchè, soprattutto grazie a questo, vinse le amministrative del 2014: allora il capoluogo umbro venne definito Gotham City. Al netto di tale evidente esagerazione, il problema esisteva ed era serio. E la stampa nazionale lo denunciò con forza a partire dall’omicido Meredith. Il centrosinistra però, allora alla guida della città, anzichè fare tutto il possible per affrontare la difficile situazione, preferì polemizzare col mondo dell’informazione, reo di voler distruggere l’immagine della Perugia felix a lungo coltivata. Fu un errore grave che Wladimiro Boccali cercò di correggere, ma era troppo tardi: ormai nell’immaginario collettivo si era ben radicata l’idea che il capoluogo fosse “una sorta di Ibiza”, come scrisse il Corriere della Sera.
Durante il governo di Andrea Romizi il tema della sicurezza si ripropose più volte e qualche miglioramento si verificò. Poca cosa, e non certo risolutiva. Sarebbe ingeneroso però dire che non venne realizzato niente. Oggi la questione rispunta e il centrodestra la brandisce contro la giunta Ferdinandi.
Due sono I luoghi dove l’ordine pubblico è maggiormente in pericolo: Fontivegge e Ponte San Giovanni. E la criminalità si manifesta – come in parecchie città d’Italia – attraverso le gang giovanili e il grande e piccolo spaccio. Se si vuole andare oltre le chiacchiere, prima di tutto occorre l’intervento di polizia e carabinieri. E quindi dello stato centrale. La sindaca infatti, pur essendo responsabile dell’ordine pubblico cittadino, non ha a disposizione apparati repressivi. Non si può pensare che la sicurezza dei due luoghi in questione possa essere assicurata dai vigili urbani, anche se una loro maggiore presenza potrebbe aiutare, ma solo molto parzialmente. La prima misura davvero significativa da prendere è quindi il rafforzamento dei presidi di polizia a scopo dissuasivo. Ferdinandi e il questore anche di questo hanno discusso, e speriamo che alle parole seguano i fatti. L’opposizione dal canto suo avrebbe la possibilità di intervenire. Emanuele Pisco è il sottosegretario agli Interni di Fratelli d’Italia, perchè non si muove per ottenere un rafforzamento delle forze dell’ordine? Oltre che strillare, si può anche aiutare. Sia detto senza polemica, ma solo per far presente che la propaganda serve ad agitare un tema, ma non a risolverlo. E i meloniani oltre a denunciare, dovrebbero, visto che ne hanno il potere, operare, Così fece – a ruoli invertiti – il sottosegretario agli Interni di una decina di anni fa, Gianpiero Bocci.
Se il primo e più urgente intervento è quello di carattere dissuasivo – repressivo, subito dopo occorre impostare e realizzare una politica urbanistica che muti l’assetto di un quartiere come Fontivegge e di una frazione molto abitata qual è Ponte San Giovanni. Questo problema se lo pose all’inizio del suo mandato anche Andrea Romizi e alcuni passi avanti nella riorganizzazione dell’area antistante la stazione ferroviaria ci sono stati (parcheggi soprattutto), ma certo non basta. Occorre portare nelle due zone in questione attività importanti che restino aperte durante il giorno e anche – almeno alcune – nella serata e nella nottata. Più i quartieri sono deserti e abbandonati, più diventano percolosi. La presenza di bar, di ristoranti, di un teatro, di luoghi di ritrovo ha un ruolo molto positivo. Fontivegge alle otto non ha più un locale aperto. Il sottopassaggio che porta alla stazione è una sorta di corridoio del terrore, dove si sa come si entra ma non si sa come si esce. E poi ci sarebbe da modificare anche l’assetto abitativo e dei trasporti. Ma questo è un lavoro di lunghissima lena, sul quale però il Comune ha competenza. E’ dunque indispensabile che elabori un progetto complessivo di “risanamento urbanistico” per Fontivegge e per Ponte San Giovanni. Senza un ridisegno degli spazi e della mobilità di Fontivegge e di Ponte San Giovanni e senza un rilancio abitativo del Centro storico non ci sarà una ricucitura della città. E a questo intervento è strettamente legata anche la questione sicurezza.
C’è poi il grande tema delle gang giovanili che richiederebbe un intervento teso a rompere le marginalità. Sarebbe interessante a questo proposito studiare le soluzioni sperimentate in altre città. Insomma, occorrerebbe mettere in campo un’articolata proposta politico- amministrativa e poi bisognerebbe trovare i fondi e le alleanze per portarla avanti. Fare insomma ciò che il centrodestra promise, ma che non fu capace di concretizzare.