I dati di bilancio del gruppo Arvedi sono positivi: 7 miliardi e 756 milioni di ricavi con un utile netto di 640 milioni. L’Ast ha contribuito con un fatturato di circa 2 miliardi e mezzo. Il gruppo è dunque in buona salute, ma le scelte di Fitto sul Pnrr – come racconta l’articolo qui sotto – penalizzano la Terni.
di Walter Patalocco
“Vado personalmente al ministero a dire che non si dà ad una persona che non ragiona insieme a tutti noi, maggioranza e opposizione. Deve rispettare Terni, se Terni non gli piace se ne stia a Cremona”. Inutile dirlo: sono parole del sindaco di Terni, Stefano Bandecchi. Il riferimento è a Giovanni Arvedi, la persona, non la
società proprietaria dell’Ast. Si tratta di quel miliardo di finanziamenti previsti a suo tempo nel pacchetto Pnrr per la decarbonizzazione delle grandi imprese.
L’insieme di quelle iniziative lo hanno chiamato tutti “piano per idrogeno verde”, ossia per l’introduzione dell’idrogeno nei progetti “hard to abate”, in sigla: misura HTA a sostegno – per l’appunto – di progetti di investimento e progetti di ricerca e di sviluppo per la decarbonizzazione dei processi industriali, principalmente attraverso l’utilizzo di idrogeno a basse emissioni di carbonio, nei settori oggi più inquinanti e difficili da riconvertire e che utilizzano i combustibili fossili come fonte di energia (cemento, cartiere, ceramica, industrie del vetro, ecc.).
Per intendersi: quella stessa misura su cui l’Ast vorrebbe agire per un totale di circa 400 milioni (il miliardo riguarda la totalità della misura) ponendolo in pratica alla base del piano industriale di rilancio e ammodernamento delle acciaierie ternane, che si aspetta ormai da troppo tempo.
Il passo indietro del Governo pone un nuovo interrogativo. Il polo siderurgico umbro perde la chiave di volta di un sistema ed è necessario porre nuovamente il piede sul freno. Quella parte, così importante per l’Ast, è stata “estratta” dal pacchetto Pnrr su proposta (e per decisione) del Ministro delle Politiche Europee Raffaele Fitto,. Quindi Bandecchi non c’entra niente: non è stato lui a “punire” l’Ast.
Per il governo italiano la questione decarbonizzazione è una delle 144 misure, per un corrispettivo di risorse pari a 15,9 miliardi di euro, che il Governo si propone di stralciare dal PNRR nella bozza di modifica dell’accordo. Lo stesso Governo si è dato da fare per spiegare che, comunque quelle 144 misure ed i progetti ad esse collegati sono stralciate dal piano di resistenza e resilienza, ma non dai programmi che si intende portare avanti attraverso il ricorso ad altri meccanismi di finanziamento. Tanto è vero che si sostiene che saranno il “punto di partenza per l’avvio di un dibattito a cui prenderanno parte le istituzioni e gli stakeholder nazionali e – ovviamente – la Commissione Europea”. Solo così facendo, anzi, far uscire quelle misure dal perimetro Pnrr “non per definanziarle o per cancellarle, ma al contrario per metterle in sicurezza “e “per portarle a casa”. Cosa che, se rimanessero dentro il PNRR, secondo il Governo sarebbe impossibile fare.
Ed allora c’è da rimboccarsi le maniche, partecipare al confronto, arrivarci con idee precise ed in accordo tra proprietà, Istituzioni e parti sociali. Perché ciò si verifichi serve però parlarsi: da parte della Arvedi colloquiando con Terni e l’Umbria. Dalla parte opposta mantenendosi entro certi binari di bon ton, quantomeno.