di Giampiero Rasimelli
Bandecchi … Bandecchi … mentre infuriano 2 guerre a due passi da casa nostra, mentre il “bandecchiano” Trump rifila dazi a tutto il mondo (ben il 30% alla Unione Europea, con il concreto rischio di far deragliare l’economia del nostro continente e dell’intero scenario internazionale), mentre dal nostro Governo nazionale non arriva nessuna risposta ai problemi gravi ed urgenti dell’Umbria e nemmeno a quelli strutturali dell’Italia … mentre accade tutto questo il nostro buon Bandecchi, nel frattempo diventato Sindaco Presidente della Provincia di Terni lancia la sua ricetta per risolvere i problemi (veramente seri) dell’area sud dell’Umbria: facciamo un bel referendum per l’ampliamento dei confini della Provincia di Terni verso Spoleto e tutta la Valnerina (magari con un’ammiccatina anche verso Todi), per una Provincia più grande e più forte.
Ecco a cosa serviva candidarsi a Presidente della Provincia di Terni, ora l’hanno scoperto anche quelli che l’hanno votato … ! La motivazione di questo progetto è poi da incorniciare: ampliando i confini della Provincia aumenterebbe il numero degli abitanti e delle attività di quei territori e questo darebbe più forza all’area Sud dell’Umbria nella spartizione di risorse regionali, “come è per la Russia e per la Cina -chiosa Bandecchi- che oggi pesano nel mondo perché sono grandi paesi abitati da una grande popolazione!”. Chissà da cosa e da chi avrà mutuato questo raffinato schema di teoria economica il buon Bandecchi, forse da qualche insegnante della sua Università telematica (prendete nota .. in caso voleste iscrivervi!). Una boiata pazzesca !! Per due motivi elementari. Il primo è che l’aumento della popolazione da invocare col referendum sarebbe minimo e non supererebbe un terzo scarso della popolazione umbra, non risolverebbe quindi alcun problema di presunta marginalità dell’area (viene propinata una balla, una bugia !). In secondo luogo il problema dello sviluppo dell’area sud dell’Umbria, come ci ha ricordato di recente il rapporto annuale di Banca Italia, è il problema di tutta l’Umbria che deve riuscire a superare i nodi di squilibrio strutturale che si sono creati negli ultimi anni e che hanno anche radici più antiche. Altro che piantare le bandierine e rifugiare la propria incapacità culturale, politica e amministrativa nel rilancio di un campanilismo asfittico, inutile e dannoso!
Torna una querelle storica per l’Umbria. Il policentrismo, termine glorioso ed efficace coniato negli anni 60 da Raffaele Rossi, è servito a suo tempo come fattore di aggregazione dell’Umbria del primo regionalismo, un fattore straordinario della crescita regionale negli anni 60/70/80 del secolo scorso. Poi quando il policentrismo si è deformato per diventare focolaio di nuovo campanilismo spartitorio, si è trasformato in fattore progressivamente disgregante, mettendo a dura prova la coesione regionale e soprattutto il suo progetto di sinergia territoriale ed istituzionale. L’indebolimento della coesione ha portato ad un indebolimento delle scelte atte ad affrontare le crisi e le trasformazioni del nostro tempo. La stessa visione del Centro Italia (visto che il problema non è soltanto umbro) ne ha profondamente sofferto, sopraffatta da un dibattito inconcludente all’ombra di un vuoto macroregionalismo che poco e niente ha prodotto in termini di aumento dell’integrazione interregionale, di impulso all’innovazione tecnologica e alla produttività, all’efficienza e innovazione dei servizi (se si eccettuano performance di successo di alcune, poche aree).
Torniamo ai temi della campagna elettorale regionale che ha portato alla sconfitta del centrodestra: sanità, trasporti, mobilità, innovazione tecnologica, digitalizzazione, manutenzione del territorio e del suo assetto idrogeologico, rigenerazione urbana, cultura e turismo … sono questi oggi i temi irrinunciabili del governo regionale e dei territori dell’Umbria, temi che non hanno scorciatoie e che hanno bisogno di grande coesione e forza istituzionale, temi validi per Terni e Perugia, per Spoleto, Orvieto, Città di Castello e Foligno. Con un tema in più, dimenticato da troppo tempo e che ora riesplode in modo drammatico, in Italia e in particolare in Umbria: il destino precario delle zone interne, ricchezza della storia regionale, comunità da difendere con ogni sforzo perché danno il profilo del “Cuore Verde d’Italia” e perché potenzialmente possono ancora essere un fattore di sviluppo (ambientale, agricolo, culturale, turistico) dentro un progetto consapevole di ricostruzione di un’idea di sviluppo regionale.
Pensiamo a quanto pesa il fattore coesione nell’innovazione della vita regionale e nel suo collegamento con i destini del Centro Italia. Se guardiamo alla sanità tutto si gioca sull’articolazione territoriale del sistema, sull’innovazione tecnologica e digitale, sull’integrazione sanitaria (regionale e interregionale), sulla formazione e reclutamento del personale negli ospedali e nel territorio. Oppure pensiamo ai trasporti e alla mobilità. Questioni come il completamento della ferrovia Orte-Falconara, del rafforzamento della Foligno-Terontola e dell’allaccio all’alta velocità in direzione Firenze e Roma. Questioni come la soluzione del nodo stradale di Perugia, del completamento delle trasversali Adriatico-Tirreno, del collegamento tra Terni-Orte-Civitavecchia. Non sono questioni di campanile, ma la base irrinunciabile per una nuova fase di crescita dell’Umbria e del Centro-Italia. E pensiamo anche al tema della mobilità nelle città e verso le aree interne una questione vitale e direi esistenziale per la possibilità e qualità del vivere nei nostri territori. Altro che lotta al centralismo regionale, c’è da riportare l’Umbria (tutta!) al centro di un progetto regionale che veda la sua coesione e connessione come valore aggiunto di una nuova fase della sua storia e di quella del Centro Italia (su questo Passaggi Magazine tornerà con forza nei prossimi mesi).
Il Sindaco Parà, paracadutato a Terni per via calcistica, è lontano, molto lontano da questo orizzonte di progetto. Terni ha sbollito la sua comprensibile rabbia votandolo alle ultime elezioni comunali. Ma Terni è molto più di questo, vanno risollecitate le sue energie profonde, non c’è Umbria senza Terni, ma soprattutto se guardiamo terreni come sanità, innovazione tecnologica, aree interne, ambiente, non c’è progetto regionale senza l’apporto di questa grande e complessa realtà territoriale, che certamente deve saper trovare nuovi interpreti, ma che ha un potenziale straordinario da porre al servizio del sud dell’Umbria, della regione tutta e del Centro Italia. Le piccole lotte di potere, le questioni personalistiche, la rabbia, l’antipolitica, sono quisquilie o fattori penalizzanti. La Presidente Proietti ha dato segnali importanti durante e dopo la campagna elettorale, che speriamo possano essere confermati, ora c’è bisogno che Terni ritrovi a pieno le sue energie e dia un segnale alla politica regionale, contribuisca alla costruzione di un nuovo progetto per l’Umbria.
Due piccole notazioni finali.
Nella sua intervista recente al Corriere dell’Umbria Bandecchi dice di essere interprete della ribellione dei cittadini verso l’attuale assetto regionale “io rappresento il volere dei cittadini”-ha tuonato- ma non aveva preso il 28% alle elezioni comunali, poco più del 5% a Terni e poco meno del 2% a livello regionale alle Europee ? nessuno lo ha incoronato ! E poi una grandissima parte dei Sindaci del ternano e dei territori oggetto della volontà d’annessione (quasi tutti per la verità), oltre che tantissimi osservatori, di ogni orientamento, hanno manifestato la loro opposizione alla sfida referendaria del Sindaco Parà. Lui risponde con una frase nota “me ne frego!” io mi rivolgo direttamente ai cittadini, i Sindaci “sono morti di fame … non contano nulla”, ma quei Sindaci non sono stati votati anche di recente dai cittadini? E non hanno (solo in parte, fortunatamente) votato anche lui come Presidente della Provincia ? Un controsenso che la dice lunga sul modo di intendere la democrazia che ha quest’uomo.
In ultimo, poi, il fiore all’occhiello della citata intervista, sul quale non riesco a tacere. Dice Bandecchi ”I cittadini potrebbero mettere in moto una rivoluzione anche armata, non mi stupirei. La politica è in mano ai peggiori” e più avanti precisa “Dico solo, e lo ribadisco, che non mi stupirei se i cittadini imbracciassero le armi per ribellarsi a una politica che da 35 anni li impoverisce ed umilia. E’ un’ipotesi possibile !” Durante gli anni di piombo e anche dopo se uno diceva queste cose poteva essere, come minimo, inquisito, io penso a ragione. E se oggi le dicesse uno studente palestinese o un giovane stralunato di professione anarchica, o una pensionata o una professoressa in un corteo (è capitato davvero !), sarebbe, come minimo, anche qui penso a ragione, almeno attenzionato, come dice la polizia. Ma perché, mi domando, Bandecchi, questo energumeno della politica locale, può indisturbato sputare, picchiare in Consiglio Comunale o per strada il primo che passa e oggi, oggettivamente, incitare o simpatizzare all’ipotesi di lotta armata, senza che nessuno muova paglia o sanzioni? Almeno si ribellino i pacifici e civilissimi cittadini di Terni e adesso anche della provincia ternana, quelli di cui l’energumeno dice di rappresentare il volere. Portino uno striscione alla Marcia della Pace con su scritto No Bandecchi, NO armi, No violenza. Non se ne può più … che questo teatrino di quart’ordine finisca, al più presto !!!