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di g. me.

Bruno Bracalente, già ordinario di statistica all’Università e già Presidente indipendente della Regione, entro domani terminerà uno studio che indicherà in modo dettagliato gli spostamenti elettorali del ballottaggio e del primo turno di Perugia e di Foligno. Lo pubblicheremo integralmente. Intanto è in grado di anticipare qualche prima riflessione alla luce dei dati che ha già esaminato.

Cosa è successo al ballottaggio di Perugia?
“E’ evidente che la larghissima maggioranza degli elettori che aveva votato Ferdinandi è tornata alle urne per confermare il proprio consenso, mentre quelli di Scoccia hanno ceduto alle sirene dell’astensione in numero maggiore. I meno fedeli sono stati leghisti e Forza Italia, mentre Fratelli d’Italia ha votato massicciamente per la propria candidata. C’è poi stato un fenomeno di nuovi elettori scesi in campo al secondo turno”.

Chi sono?
“Sono cittadini che al primo turno non avevano votato e che si erano astenuti anche alle europee. Hanno però deciso di andare alle urne quando hanno visto che il governo della città si giocava per una manciata di consensi. Questi hanno preferito
Ferdinandi a Scoccia”.

Che ruolo ha avuto Ferdinandi?
“Sicuramente importante. Basti osservare che ci sono stati circa 3.000 elettori che hanno messo la croce solo sul nome. Di questi ben 2.100 circa hanno scelto Ferdinandi mentre solo un terzo ha segnato Scoccia. La neosindaca ha stabilito un rapporto molto stretto con l’intero elettorato di sinistra. Lo studio che stiamo terminando ci dirà che peso hanno avuto nel ballottaggio i voti degli altri candidati e in particolare di quelli moderati”

E quello che fu il Terzo Polo che peso ha avuto?
“Alle europee ha perso consensi rispetto alle politiche del 2022 dove a Perugia aveva superato il 12 per cento (ndr. somma di Italia Viva, Azione, Radicali). Alle amministrative il risultato è ulteriormente peggiorato. Ma sul Terzo Polo andrebbe fatto un ragionamento più di fondo, valido a partire dal livello nazionale”

Lo faccia il ragionamento…
“L’elettorato riformista non sopporta due cose: le divisioni e il rischio di irrilevanza. E’ quella parte di cittadini che più di ogni altra ne prova fastidio. Guarda con attenzione alla capacità di realizzazione delle proposte e, se avverte troppe difficoltà, si ritrae: o non vota o va altrove. Il Terzo Polo si è presentato molto litigioso: un clamoroso autogol. Ma di un’aggregazione riformista c’è grande bisogno. E in particolare è indispensabile per il centrosinistra, mentre il centrodestra già ce l’ha: è Forza Italia.
Renzi e Calenda si sono illusi che con la scomparsa di Berlusconi questa avrebbe imboccato la via del declino, ma non è stato così. Chi ha davvero bisogno di una forza politica che costituisca un presidio dell’area moderata è la sinistra: il Pd con la Schlein
si è infatti radicalizzato. Un possibile, futuribile Terzo Polo per avere possibilità di successo deve dunque fare due scelte: unità e collocazione chiara nel centrosinistra, abbandonando ogni possibile ambiguità”.

E questa linea nazionale è utile anche in Umbria?
“Direi indispensabile. La sinistra da sola non ce la farebbe a vincere, ma soprattutto diventerebbe per lei molto difficile governare. L’Umbria da 25 anni è entrata in una fase progressiva di declino che nessuno – tantomeno Tesei – è riuscito ad arrestare.
C’è bisogno che nel centrosinistra si formi una forza che si occupi di sviluppo economico, di lavoro, di produzione, di produttività. A livello nazionale negli ultimi anni lo ha fatto solo Draghi. La regione ha bisogno di una ripresa di progettualità, di proposte concrete che vadano in questa direzione. Per questo un’anima riformista è indispensabile ad una sinistra che voglia vincere e governare per portarla fuori dalla morta gora in cui si trova”.