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di Fabio Maria Ciuffini

Ieri sera 23 Luglio si è tenuta a S. Sisto l’attesa pubblica riunione sulle sorti del BRT (Bus Rapid Transit), opera di punta della Giunta Romizi – Scoccia, convocata da quattro, sia pure informali, comitati di quartiere: Via Chiusi, S. Sisto, Castel del Piano. La risposta è stata “di massa”, certamente più di quanto non lo sarà il BRT. Una folla strabocchevole, circa 400 persone, radunata all’aperto ha ascoltato prima l’introduzione di Lucio Tabarrini in rappresentanza dei comitati, poi le attesissime risposte della Sindaca Ferdinandi e dell’Assessore alla mobilità Vossi alle domande ormai diventate corali nelle zone interessate ma anche nella città. Converrà proseguire nella realizzazione del BRT? Potremmo farne a meno? Potremmo cambiarlo con qualche altro sistema? Potremmo modificarlo almeno in parte per ridurne le maggiori criticità?
La Sindaca, liquidate le polemiche sull’aver accettato di partecipare all’evento (sono stata invitata dai cittadini su di un tema strategico per la città e nella sede da loro indicata, comunque aperta a tutti. Quando sarà l’amministrazione a convocare una riunione lo farà nelle sedi istituzionali) ha rappresentato la situazione che si è venuta a determinare per quanto riguarda il proseguimento o meno dell’opera. Situazione che è stata così definita da un iconico intervento: il Comune di Perugia, per quanto riguarda il BRT si trova in un “cul-de-sac”! Perché? Le opere edili sono ormai appaltate (quanto ai mostrobus snodati da 18 metri sono quasi completati, anzi si porrà tra poco il problema di dove metterli), il fermo lavori che si è verificato fin qui è stato solo un espediente della passata Giunta per non turbare la campagna elettorale con l’evidenza dei disagi che la costruzione del BRT arrecherà alla popolazione e, soprattutto, annullare l’opera e fermare i lavori significherebbe pagare 25 milioni di penali a valere sulle spese ordinarie. Una cifra enorme, non sopportabile da un bilancio che già dal prossimo anno verrà decurtato di 4 milioni in spending rewiew e che significherebbe tagliare servizi essenziali per la popolazione. Dunque di non farlo non se ne parla, di cambiarlo con un altro sistema men che meno – non ci sarebbe tempo e poi non passerebbe l’esame del MIT oltretutto a guida Salviniana. Non a caso anche la modesta variante richiesta ed ottenuta per evitare il taglio degli alberi in via Chiusi è comunque dovuta passare al vaglio dei burocrati ministeriali (con tanti saluti all’autonomia comunale). Forse si potranno operare alcune modifiche molto parziali e in proposito si è stabilito che nella prossima settimana i comitati saranno ricevuti dall’assessore e dagli uffici per ottenere almeno minimi aggiustamenti. Ma il peggio sarà inevitabile: un peggio fatto di alberi abbattuti (lo ammettono anche gli uffici parlando di un saldo negativo: insomma ci saranno meno alberi, fra l’altro in quartieri ben cementificati dove il verde è ridotto ai minimi termini), di esercizi commerciali che perderanno gli spazi frontalieri di parcheggio, di traffico in tilt per anni (i lavori finiranno nel 2026) e, per finire di allungamento dei tempi di percorso tra S. Sisto e Fontivegge, non certo compensato da una maggiore accessibilità all’ospedale che poteva essere risolta con una banale navetta in va e vieni.
Tutto questo – danni all’ambiente, consumo di territorio agricolo – è emerso nel dibattito e, nelle successive repliche sia della la Sindaca che dell’assessore, si è capito quanto i due siano ben consapevoli delle infinite problematiche connesse all’esecuzione dell’opera compensate peraltro da modestissimi vantaggi in termini di accessibilità e mobilità. Anzi a questo proposito c’è chi parla di miriadi di semafori di precedenza al BRT in sostituzione delle amatissime rotonde e il popolo degli automobilisti protesta. Sarà vero? Mi riservo di parlarvene se riuscirò alla fine ad avere accesso alle carte. In ogni caso, chi ha letto i miei articoli su questo magazine sa che al BRT non ho certo lesinato critiche. Eppure, ieri sera, il dibattito ed il comune parere nettamente contrario di tutti i presenti, mi hanno fatto sentire addirittura un moderato: almeno ho sempre riconosciuto che una spesa fatta per un sistema di trasporto pubblico che si dice alternativo all’auto potrebbe avere comunque dei risvolti positivi, che il pubblico presente non ha ravvisato affatto.
Nessuna via di scampo allora? Abbozzare e tenersi il BRT così com’è?
Non è una cosa facile da digerire: tenete presente che non si è levata una voce, nemmeno una, a difendere quello che in favore di vento elettorale veniva definito come un sistema avveniristico e che avrebbe dato lustro alla città. Altro che Minimetrò! E potrebbe presentarsi a breve un problema politico di prima grandezza: il BRT e i problemi che comporterà il realizzarlo saranno colpa non della Giunta Romizi che lo ha proposto e avviato ma della Giunta Ferdinandi che non lo ha bloccato! Ecco perché occorre fare chiarezza sul BRT e dintorni! Su questo però, e per fortuna, c’è stata una risposta molto chiara della Sindaca: il Comune non resterà inerte, esiste una via d’uscita positiva e consiste ne finire il BRT apportando comunque tutte le modiche possibili (i Comitati ne suggeriscono alcune che appaiono fattibili) per poi inquadrarlo in una più grande riforma della mobilità perugina. E’ possibile? Bene, uscendo dalla cronaca mi sento personalmente di affermare: si, tecnicamente è possibile. Stando infatti a quello che si è riusciti a capire dalle dichiarazioni della (malcapitata) rappresentante degli uffici quelle che appaiono le caratteristiche più criticabili del progetto erano necessitate solo per avere il finanziamento. Gli autobus grandi? Il trasporto doveva essere “di massa” e dunque non potevano essere più piccoli di così (la Sindaca li ha definiti non degli autobus ma dei TIR). Le corsie preferenziali, anche ottenute allungando il percorso? Erano necessarie per giustificare la “rapidità del sistema”. Il passaggio nelle ridotte strade dei quartieri? Era obbligatorio passare nel loro baricentro piuttosto che sfiorarli per ottenere un determinato numero di utenti potenzialmente servibili e così via. Ma quelle condizioni erano obbligatorie a pena di non avere o di perdere il finanziamento: certamente generoso ed al 100% a carico del PNRR. Ma cosa succederà dopo che le opere saranno terminate ed entreranno in esercizio? Il punto è questo: non sembra che ci sia, nel progetto esecutivo, un programma di esercizio. Forse c’è e non ho avuto modo di averlo (molti comunque, hanno lamentato di non essere riusciti ad avere accesso ai progetti) ma sia che faccia parte del progetto, sia che a maggior ragione non lo fosse, non credo che cambiarlo potrebbe portare conseguenze negative. Una volta che il BRT fosse in funzione si potrebbe pensare a modifiche di percorso, spostamento delle stazioni (una almeno andrebbe spostata subito: quella in Via della Penna, a pena di dover rifare l’isola ecologica) o aggiunta di nuove e soprattutto ad una integrazione del sistema in quello più complessivo della città. Pensando a nuovi parcheggi di scambio, all’entrata in funzione di mezzi di minore dimensione e più frequenti e nuove linee autobus o comunque il mantenimento delle vecchie.
Ad esempio il collegamento diretto di S. Sisto con Fontivegge verrà mantenuto e potenziato o qualcuno pensa che gli automobilisti di S. Sisto lascino la loro auto a casa e prendano un mezzo, avveniristico quanto si voglia, che proponga però un raddoppio dei tempi di percorrenza?
Ma la partita comunque è ancora aperta. A breve (e ve ne darò notizia appena ne avrò) perché dovremo capire a quali risultati porterà il dialogo coi comitati. E più alla lontana perché, nonostante tutto credo che qualcosa potrà essere comunque cambiato nel progetto in corso d’opera. Per esempio quelli che ho chiamato inutili orpelli architettonici e mi fermo qui. Sono un progettista e potrei essere sospettato di invidia professionale, dunque lascio il giudizio sull’aspetto formale delle opere a chi ne sa certamente più di me. Però credo che qualcuno che possa dare un giudizio da ritenersi spassionato dovrà forse essere cercato.
Resta da capire come finanziare la realizzazione di un nuovo sistema. Di cui c’è senz’altro bisogno, non per altro che perché ogni sondaggio dice che i perugini non sono soddisfatti del presente sistema di mobilità.
Resta da capire però cos’è che non piace, cos’è che non va, cosa si vorrebbe in cambio.
La Sindaca (a proposito, complimenti per la capacità di alimentare e reggere un dibattito così intenso e serrato) si è riservata la delega alla partecipazione. Credo che una delle prime cose da fare a proposito dovrebbe essere, se non quella di commissionare appositi sondaggi, quella di convocare focus group o simili altre diavolerie o magari semplici riunioni di quartiere, in cui finalmente si possano magari presentare alternative di sistema per valutarne in modo comparativo l’accettazione da parte dei cittadini. Un’operazione (qualcuno la definirebbe di marketing) che dovrebbe precedere ogni determinazione.
Per quanto riguarda il problema delle risorse si sente parlare di un nuovo PNRR. Se così fosse per quella via potremmo trovare nuove fonti di finanziamento. Intanto però cerchiamo di delineare almeno i lineamenti di questo nuovo progetto. Ci sono a Perugia le condizioni per farlo. E buon lavoro alla nuova amministrazione!