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di Gabriella Mecucci

Il sistema industriale della provincia di Perugia sta cambiando profondamente. Ancora non si capisce bene dove approderà questa tumultuosa trasformazione. Le due famiglie più importanti di imprenditori e cioè Cucinelli e Colaiacovo sono protagoniste di questa sorta di rivoluzione non ancora compiuta. Per il momento in potenza più che in atto. Se ne vedono cioè le avvisaglie. Da queste però sorgono almeno tre domande: in quali mani, alla fine del tourbillon, sarà l’impero Colaiacovo? Se e come sta diversificando Brunello Cucinelli? E, infine, cosa significherà tutto ciò per l’assetto economico-industriale dell’Umbria?
I cementieri eugubini, proprietari di una delle più importanti aziende italiane del settore, sono dall’inizio dell’anno al centro delle cronache finanziarie e proprio in questi giorni il futuro di Colacem è tornato di grande attualità. Appare sempre più chiaro infatti che Eques è seriamente interessata a Colacem. La società ha come soci il Foro delle Arti di Brunello Cucinelli, Gianluca Vacchi (finanziere e influencer), Gbd di Gabriele Domenichini (edilizia), Gvd di Giovanni Domenichini (edilizia) e Natura di Gianluca Sghedoni (edilizia).
Qualche giorno fa si è saputo che il fondo americano On Equlty Partners ha offerto una cifra faraonica per comprare l’intera Financo – finanziaria dei Colaiacovo che detiene Colacem. Si tratta – così hanno scritto, non smentiti, diversi organi d’informazione – di 1,65 miliardi di euro. La City già aveva prestato attenzione al colosso cementiero eugubino, ma ora la proposta è arrivata. Il prezzo d’acquisto è da capogiro e chi è disposto a sborsarlo è un gigante della finanza. OEP gestisce capitali per 10 miliardi di dollari ed è legata nientemeno che a JpMorgan. Dentro alla partita ci sarebbe anche Eques di Cucinelli e Vacchi che – come già detto – ha al suo interno altri importanti imprenditori del settore edilizio.
La spaccatura dei Colaiacovo e i rischi che comporta
Di fronte alla proposta del fondo americano, la famiglia dei cementieri eugubini si è divisa in parti uguali e contrapposte. Il 50% della proprietà Financo – quella che fa capo a Giuseppe Colaiacovo, a Francesca e a Paola – si è espressa per il sì, ma l’operazione è stata bloccata dall’altro 50% in mano agli eredi di Giovanni e a Carlo Colaiacovo. Quest’ultimo è il grande vecchio che ha sempre regnato sulla Colacem. Ma ormai da anni in famiglia si aggira un fantasma distruttivo: lo scontro insanabile fra lui e Giuseppe, figlio del fratello Franco. L’ottantenne imprenditore è ancora molto attivo e di vendere non ne vuole sapere, anzi aveva proposto al nipote di comprare il suo 25% per una cifra giudicata però risibile. Con la calura di fine luglio è arrivata la fragorosa novità proveniente dalla City, dietro la quale ci sono Cucinelli e Vacchi. Un affare da capogiro che ha provocato l’ennesimo scontro fra i Colaiacovo. Situazioni analoghe infatti si vanno ripetendo da parecchio tempo con il risultato che Colacem corre il rischio della paralisi: gli uni bloccano le iniziative degli altri. Il capitalismo familiare di cui i cementieri eugubini sono stati un importante e vivace esempio rischia di diventare un intralcio. La cordata di Giuseppe e Francesca vede nella possibilità di accordi o di una vendita, una soluzione positiva che rappresenterebbe un’iniezione di vivacità imprenditoriale in grado di generare una robusta crescita. La forza e il dinamismo degli acquirenti è un argomento a supporto delle loro ragioni. Il rapporto di amicizia fra Giuseppe e il re del cachemire ha inoltre molto rafforzato all’interno della famiglia il peso degli oppositori del Cavalier Carlo. Una curiosità: Eques – nome della società di Cucinelli e Vacchi – in latino significa cavaliere. E la mossa del cavallo serve ad aggirare gli ostacoli in modo intelligente come insegnano gli scacchi e la conquista di Troia. I più maliziosi si divertono a farlo notare.
La diversificazione di Solomeo.
Ai Colaiacovo spetta ovviamente la decisione sul futuro di Colacem, ma non è chiaro come possano uscire dall’impasse a cui li ha inchiodati l’annosa diatriba intestina che in gennaio aveva vissuto un’altra importante puntata. Protagonisti, allora come oggi, Cucinelli e Vacchi. I due imprenditori – sempre attraverso Eques – dettero 160 milioni a Giuseppe consentendogli così di pagare tutti i debiti di FcGold, società attraverso la quale detiene il 25 per cento di Financo. Un gesto che faceva intendere che Solomeo e il suo alleato influencer erano interessati a Colacem. Quella cifra serviva sì a mettere al sicuro il rampollo di Franco, ma era così ingente da non essere solo un aiuto al vecchio amico. C’era dietro qualcosa di più. Eques smentì l’ingresso nella finanziaria dei Colaiacovo, ma chiuse il suo comunicato con una frase che non escludeva un simile progetto: “Se e quando la società deciderà di essere interessata ad assumere una partecipazione in Financo, il possibile investimento sarà implementato nel pieno rispetto dei vincoli statutari e delle applicabili disposizioni di legge”. Dopo qualche mese è arrivata la mega proposta del fondo americano, bloccata dal 50 per cento della proprietà. Non è improbabile che ci possano essere ulteriori tentativi: le sorti di Colacem sono quindi in bilico. E non sono certo irrilevanti nelle vicende prossime venture del sistema industriale della provincia di Perugia. Altrettanto importante è quella che sembra essere una seria strategia di diversificazione produttiva da parte di Cucinelli che ha infatti già acquisito Isa, la fabbrica di banconi per negozi con un imponente giro d’affari internazionale e ben 700 dipendenti. La notizia non è ancora ufficiale ma viene data per certa da ambienti imprenditoriali e finanziari. Sembra inoltre che Solomeo voglia comprare anche una piccola ma superspecializzata impresa di restauro architettonico. Ed è noto il suo interesse per la ricostruzione di Castelluccio di cui ha già finanziato il progetto. Tutto ciò accade senza abbandonare il core business dell’abbigliamento, ma anzi rafforzandolo notevolmente con forti investimenti.
Le due più importanti famiglie del capitalismo umbro stanno vivendo un periodo di transizione. Le scelte che faranno avranno serie ricadute sull’intera società regionale. L’Umbria attraversa un periodo in cui si preparano dunque grandi cambiamenti, e il tutto accade senza che nessuno mostri di interessarsene: né l’informazione, né gli economisti, né i politici, né i sindacati. Eppure con queste novità, tutti dovranno prima o poi fare i conti.