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di Laura Ragone

Il GattopardoLadri di bicicletteI soliti ignotiSperiamo che sia femmina. Capolavori del cinema italiano che hanno una cosa in comune: la mano di Suso (al secolo Giovanna) Cecchi D’Amico. La più famosa delle nostre sceneggiatrici, che nel corso della sua lunga carriera – dagli anni Quaranta al 2006 – ha collaborato a più di centoventi film, torna in libreria con La fortuna di essere donna. E altre storie per il cinema, ultima aggiunta ai Millenni Einaudi a cura di Francesco Piccolo e di Caterina D’Amico. Il volume raccoglie tredici testi di varia natura: soggetti, sceneggiature, trattamenti (ovvero una via di mezzo tra le due cose), anche una lettera. L’obiettivo è quello di dare un’idea di come funziona la scrittura per il cinema e quanti siano i passaggi prima di arrivare a un copione come lo conosciamo noi; ma anche far conoscere meglio un’autrice che spesso spariva dietro ai suoi registi.

Non che Suso Cecchi D’Amico se ne avesse a male, anzi. I figli Caterina – co-curatrice del libro – e Masolino, che insieme a Piccolo hanno presentato La fortuna di essere donna al Salone del libro di Torino, raccontano che, da sceneggiatrice «pura» quale era, avrebbe esitato molto a definirsi scrittrice, e non si è mai sentita «tradita» da qualche scelta registica. Le sue parole erano al servizio del film («Non puoi scrivere per Monicelli come scriveresti per Visconti») e, finito il film, potevano anche essere distrutte. Tant’è vero che i fratelli D’Amico – Caterina, Masolino e Silvia, assente a Torino per un problema di salute ma presente durante la scrittura – inizialmente avevano qualche dubbio sulla fattibilità dell’operazione.

Piccolo era già praticamente di casa, avendo frequentato l’archivio familiare per scrivere La bella confusione (Einaudi, 2023), cronaca di quel mitico ’63 in cui Visconti e Fellini girarono Il Gattopardo e Otto e mezzo. «Uscito quel libro – scherza Caterina – pensavo uscisse di casa anche Francesco, che fisicamente è pure un po’ ingombrante». Ma lui aveva altri programmi – sostenuti d’altronde da Ernesto Franco, direttore editoriale Einaudi dal 1998 fino alla sua morte nel 2024, che leggendo La bella confusione aveva subito detto: «Bisognerebbe fare qualcosa anche per Suso Cecchi D’Amico».

La famiglia era, appunto, affettuosamente scettica: a chi poteva interessare un’antologia del genere? Il cinema è fatto per essere visto, non letto; e poi tante delle sceneggiature più famose erano andate perse, proprio per la mania di Suso di «buttare tutto» a lavoro finito. Restavano, certo, tanti inediti, ma valeva davvero la pena pubblicarli? Ma pian piano Piccolo ha vinto le resistenze; ha reclutato Caterina (che di archivi ha esperienza, da responsabile di quello di Visconti) e insieme si sono messi alla ricerca di testi editi e inediti. Il libro è uscito e i fratelli sono stati felici di doversi ricredere (Caterina: «Ho incontrato un amico in stazione, mi dice, “Ho comprato il tuo libro”; “Ma allora qualcuno se lo compra!”, ho pensato»).

A sentirli parlare, si direbbe che i D’Amico abbiano ereditato la buona disposizione d’animo della madre, che descrivono come sempre pronta a sdrammatizzare e soprattutto maestra nel tranquillizzare gli animi, sia dei figli che dei registi. Raccontano con ironia un’infanzia tra i grandi del cinema italiano che Piccolo giustamente definisce «epica» (Masolino, che essendo nato prima ricorda gli esordi, si schermisce sorridendo: «Mah, inizialmente erano tutti degli scappati di casa, non eravamo consapevoli che ci fosse qualcosa di cui vantarsi»). Hanno un patrimonio di migliaia di aneddoti, ed è bello sentir riemergere Suso dalle loro storie – oltre che da alcune delle sue, finalmente raccolte nella Fortuna di essere donna.