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di Gabriella Mecucci

Marco Pierini è un entusiasta e la nuova esperienza da vicesindaco e assessore alla Cultura di Perugia gli “garba” molto. Non guarda con fastidio e saccente distacco alla politica, anzi tutt’altro. La prima domanda è quindi su questo argomento.
Risponde: “Sono convinto di aver fatto politica anche nel mio lavoro, anche nei miei ruoli precedenti. Essenzialmente politica culturale, ma non solo. Vengo da una storia, da un humus in cui si pensava che la politica si fa dappertutto. Ora il mio ruolo però è cambiato. E’ un ruolo di rappresentanza e di ascolto molto più ampio, al quale mi devo abituare. Da direttore puoi anche selezionare le voci da sentire, da assessore devi essere disponibile verso tutti. Devi ovviamente decidere, dare risposte, ma prima di farlo non puoi trascurare nessuno.

Ha già in testa un progetto per il futuro culturale di Perugia?
“No, non ancora. Ho delle idee, degli orientamenti e c’è già qualche decisione presa. Ma è troppo presto per annunciare un progetto compiuto. Prima di parlare e di promettere bisogna capire, analizzare, incontrare. Qualche mese occupato a riflettere non è perso, ma guadagnato. Del resto, ho usato questo metodo anche nella direzione della Galleria. Ho impiegato un po’ di tempo per decidere il da farsi, ma poi di iniziative ce ne sono state tante e importanti. Posso però dire subito che voglio arrivare ad uno snellimento del funzionamento del mio assessorato per metterlo in condizione di operare molto più rapidamente. Occorre dividere il lavoro in tre stadi: riflettere bene e anche a lungo, proporre e realizzare in fretta. Diffido di coloro che arrivano con l’elenco bello che pronto delle attività dei primi cento giorni. Penso che spesso facciano danni. Una volta che si sono prese le decisioni, occorre però tradurle in pratica molto più rapidamente di quanto oggi sia reso possibile dall’attuale funzionamento della macchina pubblica”.

Ci sono delle scelte già fatte? E comunque quali sono i primi orientamenti?
“Palazzo della Penna tornerà ad essere un centro di arte contemporanea. Anzi vorrei utilizzare il plurale e chiamarlo Centro delle Arti Contemporanee. Questo non è stato ancora deliberato ma è già stabilito. E’ una delle linee programmatiche dell’assessorato. Ho già qualche prima idea di iniziative da realizzare ma non posso ancora anticiparle. Palazzo della Penna era partito bene, ma in dieci anni siamo passati da ingressi soddisfacenti ad un crollo verticale. In realtà non ci andava più quasi nessuno e l’intera iniziativa è diventata sconosciuta ai più. E la colpa non è stata del Covid. In realtà non c’era più alcun disegno culturale omogeneo. Si passava da mostre di artisti viventi e talora semidilettanti ad una sulla figura dell’artista nell’arte dell’Ottocento. Non s’intravedeva una linea. In questi casi o riesci a prendere iniziative di cassetta molto forti o alla fine il pubblico non capisce più che cosa sei. E quindi diserta. Il primo obiettivo è dunque il rilancio di Palazzo della Penna: vorrei farci cento eventi all’anno. Vorrei che tornasse lì il Circolo dei lettori che ha bisogno di essere rivitalizzato. E poi c’è una seconda iniziativa che ho promesso e che occorre fare rapidamente…”

Quale?
“Voglio realizzare in tempi brevi la card per il sistema museale. Perugia è una città che non può permettersi di non avere uno strumento che ti consenta con sconti e vantaggi la visita a tutti i musei della città. Un tempo c’era e funzionava bene”.

Già ma venne chiusa..
“Però va rifatta anche se in modo diverso: non c’è bisogno di un consorzio per fare un biglietto integrato. Il principio deve essere molto semplice: chi ci sta, ci sta. Sono fiducioso: chi non aderirà subito, lo farà poi. Già sono orientati ad entrare la Galleria (con Costantino D’Orazio da cui dipende anche l’Archeologico ho già parlato), il Museo Diocesano, la Fondazione Ranieri di Sorbello, e poi c’è il Comune. Con questi si parte. Se altri aderiranno dopo sarà nostro compito rendergli facile e rapido l’ingresso”.

E la politica degli eventi?
Su questo argomento ancora non ci siamo confrontati all’interno della giunta e quindi quello che esporrò è solo il mio punto di vista. Ritengo che gli eventi che si svolgono a Perugia sono di grande qualità: penso a Umbria Jazz, al Festival del giornalismo, all’ Umbria che spacca, per non dire della musica classica e del teatro stabile. Francamente su questo piano Perugia non è seconda a nessuno. Ci sono città ben più grandi che hanno molto meno. Purtroppo noi non ci accorgiamo pienamente di tutto ciò. Quello che occorre progettare meglio e insieme sono i tempi e le forme di questa importante programmazione. E sono particolarmente d’accordo con chi sostiene che non tutto va fatto nel centro storico e men che meno a Piazza Quattro Novembre. Una cosa è un concerto di Umbria Jazz, altro sono le tante, troppe iniziative che lì si svolgono. Nella stessa Acropoli ci sono più luoghi da animare e poi si può andare ben oltre nel decentramento. Perugia non è una scenografia per eventi, è una delle città d’arte più belle d’Italia, con una storia importante. E’ una città che va promossa ma anche protetta. E questo è un punto decisivo”.

Che fare di piazza del Bacio?
“E’ bella. Penso che Aldo Rossi sia stato un genio, ma la piazza soffre di un peccato di committenza e di presunzione che la fa risultare come appiccicata, non inserita nel contesto. Occorre inserircela: ricucire o rammendare, come direbbe Renzo Piano”.

E di Eurochocolate?
“Presto mi piacerebbe incontrare Guarducci. Questa manifestazione non dipende da me, ma chiaramente sono interessato a capirne le prospettive. Non ho una opinione precisa, è però uno dei grandi eventi ed è quindi molto importante”.

Riapre il Pavone. State pensando a fare qualche iniziativa?
“Intanto bisogna essere molto chiari: l’apertura di ottobre è una sorta di anticipazione. Una ouverture se vogliamo dirla in termini musicali. Dopo questo appuntamento il teatro chiuderà di nuovo perché i lavori non sono finiti e lo saranno alla fine del 2025. Per questa scadenza stiamo già immaginando iniziative, ma più in generale stiamo riflettendo su come razionalizzare l’uso degli spazi pubblici senza duplicati, cercando quando possibile di affidarli in concessione a più associazioni e chiedendo a queste di mettersi insieme nella gestione. Per il momento questa è un’idea, ma l’approfondiremo presto. Mi piacerebbe infine utilizzare anche come immagini promozionali per la riapertura del Pavone e non solo la raccolta di disegni di Spiridione Mariotti per la quale dovremo insieme alla Regione che ne è proprietaria pensare ad un utilizzo congruo”.

Come direttore della Galleria lei è stato un grande promotore di Perugia non solo dal punto di vista culturale ma anche turistico. Tanto è vero che l’immagine di Pietro Vannucci è stata utilizzata anche per spot pubblicitari, ora cosa farà l’assessorato alla Cultura su questo terreno?
“Ne ho già citato uno: si tratta della card. Per il resto la delega al turismo non è mia ma di Fabrizio Croce. Naturalmente collaboreremo. Rimarrò fedele ad una vecchia convinzione: le attività culturali si fanno soprattutto per i cittadini, per il territorio e, se sono fatte bene, attrarranno anche il turista che deve essere convinto dalla qualità di un’iniziativa. Poi c’è uno specifico della materia, ma questa non è una mia competenza. Metto sempre i cittadini al centro della mia attenzione. Se c’è un merito che mi riconosco negli anni di governo della Galleria Nazionale dell’Umbria è quello di averla aperta alle associazioni, alla città, ai grandi eventi culturali che vi si svolgevano. Siamo partiti da lì e poi siamo arrivati anche ai grandi numeri che hanno aiutato il turismo”

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