Sono tre appassionati vinaioli, che non lo fanno per professione, a presentare il libro autobiografico di Riccardo Cotarella. Eccoli, dietro un grande tavolo: Brunello Cucinelli, Massimo D’Alema e Bruno Vespa (moderatore). Il più scatenato è il re del cachemire che si lancia in un invito: “Tu che sei il più grande enologo perché non fai in Umbria il vino più buono del mondo”? E racconta: “Sono andato di recente negli Usa è ho bevuto bottiglie da 2000 euro. Eccellenti naturalmente. Mi sono detto perché non ci proviamo anche noi”?
Fra i presentatori c’è un umbro d’adozione, Massimo D’Alema che frequenta la regione da sempre, visto che la sua famiglia possedeva una casa a Montefalco. Quanto a Cotarella è orvietano ed è proprio nel Palazzo dei Sette che si sta parlando di lui e del suo libro dal titolo: “Il vino, la mia vita”. Sia l’ex capo del governo che tutti gli altri in presidenza, quando hanno deciso di piantare vigne e fare vino si sono rivolti a Riccardo, compreso Bruno Vespa che non lo produce in Umbria. Ma c’è anche Sting e tante altre celebrità.
Dopo l’allegra provocazione di Cucinelli, partono le analisi economiche. Massimo D’Alema ricorda che “ci sono giganteschi mercati da conquistare: in primis la Cina e l’India”. Renzo Cotarella, il fratello, li quantifica: “Due terzi del mondo non beve vino, entrare lì sarebbe un mega business”.
Prima di progettare il futuro, indispensabile uno sguardo al passato: il vino – osserva D’Alema – aveva “una grande sacralità, tanto è vero che nella cultura greca c’è un Dio ad esso dedicato e in quella cristiana è il sangue di Cristo”.
Stanno parlando del prodotto dell’agricoltura che “incamera più sapienza e più cultura”. Ma come si fa a entrare in mercati mai dissodati? Occorre fare “un vino contemporaneo”, dice Cucinelli che “dialoghi coi nostri tempi”, che “tenga conto della cultura delle genti che si vogliono avvicinare al consumo”. E Renzo Cotarella, che è a capo delle produzioni Antinori, usa due aggettivi: dovrà essere “intenso e non noioso”.
Ma il libro di Riccardo parla anche della sua vita e allora la parola passa a un suo grande amico-collaboratore: Leonardo Lo Cascio, un manager che si occupa di esportazioni negli Usa e che ha promosso i vini di Cotarella: il delizioso Montiano e gli altri prodotti della cantina Falesco. Dalle sue parole esce il ritratto privato. Certo è uno scienziato del vino molto serio, uno che prima di iniziare un lavoro fa decine di misurazioni del clima e della natura del terreno, ma umanamente è un tipo schivo e molto discreto. Lo Cascio racconta anche il suo cotè divertente e un po’ paradossale. Su tutti l’episodio di quando andarono insieme a fare rafting negli States, a Colorado River: giornate faticose correndo anche qualche pericolo. Imperdibile l’immagine di Cotarella che, dopo una lunga dormita per riprendersi da rapide e cascate, spunta dalla tenda in pigiama di seta e chiede un cappuccino. Esilarante anche l’esibizione, con tanto di filmato, del Cotarella cantante che gli strappa una frase giocosamente vendicativa: “Ti restituirò tutto questo, pan per focaccia”.
C’è infine il ruolo della famiglia che vive in abitazioni contigue: ci sono i due fratelli, molto legati fra loro, le mogli e le figlie: tre cugine che si chiamano fra loro “sorelle”, che hanno un conto corrente comune, tanta è la fiducia dell’una per l’altra. Il clan è molto aperto verso l’esterno: ti accolgono e ti includono. Il Cotarella style prevede anche questo, oltre all’understatement di Riccardo. Una volta mentre lo elogiavano per aver fatto un vino eccellente, replicò: “E’ stata un’annata fortunata”. Così, tanto per sminuire i propri meriti.



