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di Gabriella Mecucci

Dopo l’endorsement per Stefania Proietti, gli odiatori social hanno cominciato a prendersela con lui. Rimproverano a Brunello Cucinelli di aver parlato pubblicamente del voto che darà alle elezioni regionali. Il più importante industriale umbro si è autodefinito in una conversazione con Il Foglio “un moderato di centrosinistra” e ha affermato che questa sua inclinazione è una scelta “ideologica”. Le sue convinzioni vengono da lontano e le ha già espresse più di una volta. Mai una tessera di partito però e probabilmente una qualche simpatia per il riformismo socialista. Per tutto questo e per la stima personale che nutre verso Proietti ha deciso di votarla.

CAMPAGNA ELETTORALE A UNA SVOLTA: MAI COSì IMPORTANTE IL VOTO UMBRO

Nel recente passato Cucinelli ha avuto un importante legame con Matteo Renzi. Partecipò infatti più volte alla Leopolda e ricevette a Solomeo l’allora golden boy del riformismo. Si erano conosciuti quando quest’ultimo era sindaco di Firenze e Brunello frequentava spesso la città per il suo impegno in “Pitti Uomo”, la grande kermesse della moda maschile. Lì iniziò la reciproca stima e l’amicizia. I perugini lo ricordano seduto in prima fila al Capitini per uno dei più partecipati comizi dell’allora segretario del Pd. E anche Maria Elena Boschi, prima di un suo intervento al Teatro Pavone, passò a salutare il re del cachmire. Poi quei rapporti diventarono lentamente meno stretti, ma non furono mai rinnegati. Non mancò l’ apprezzamento per la scelta renziana di appoggiare Mario Draghi che rese Cucinelli un protagonista del G7 di Roma. Nei mesi scorsi è nata una frequentazione con Dario Nardella: anche lui ex sindaco di Firenze, ora parlamentare europeo e assiduo frequentatore dell’Umbria.
Tutto questo è accaduto e accade senza che Cucinelli dimentichi però la cortesia istituzionale e l’apprezzamento verso alcuni politici del centrodestra: per Andrea Romizi prima di tutto, ma anche per Donatella Tesei e Giorgia Meloni sulle quali ha espresso giudizi rispettosi – e come direbbe lui – “gentili” anche nell’intervista al Foglio che conteneva l’endorsement per Proietti. In quel contesto non ha perso l’occasione, pur senza nominarlo, di dichiarare un certo fastidio verso l’ultimo Berlusconi. Ma il rapporto istituzionale più caldo Brunello l’ha intessuto con un vecchio sindaco di Corciano che “regnò” per ben 18 anni: Palmiro Bruscia. Raccontano che in quel periodo il giovane e creativo imprenditore abbia fatto per gioco circolare l’idea che avrebbe voluto candidarsi col centrosinistra. Il primo cittadino lo volle subito incontrare e gli chiese che proposte avesse in testa. E lui gli indicò un intervento su un quartiere che riteneva brutto. Bruscia non era d’accordo e replicò scherzando: “Forse è meglio che ti candidi con la Dc”. Nonostante la risposta tranchant, i due rimasero in rapporti amichevoli: Cucinelli continuò a provare per Bruscia stima e rispetto. Quel vecchio militante del Pci era uno che si dava molto da fare, che andava fra la gente e cercava di coglierne i bisogni e di recepirne le critiche. Per questo gli piaceva.
Di politica amava discuterne anche da ragazzo, quando andava a giocare a carte al bar di Ferro di Cavallo e continua a parlarne pure oggi col gruppo di amici di Solomeo che spesso – se non è in giro per il mondo – incontra al circolo, e che porta con sé quando va a presentare a Milano i suoi progetti più arditi. Non disdegna nemmeno di confrontarsi con gli amministratori della zona: è noto il suo rapporto con Stefano Gabrielli, assessore ai Lavori Pubblici di Corciano e con Giacomo Chiodini, ex sindaco Pd di Magione, che – dicono – avrebbe voluto vedere candidato alle regionali. Ama la vita di paese e ha i piedi ben piantati sul territorio. Di recente “Il Giornale” gli ha attribuito la volontà di acquistare “La Repubblica” che Elkann ha messo in vendita per una cifra che oscilla fra i 50 e i 100 milioni. Farebbe parte di una cordata di 3 o 4 imprenditori intenzionati ad acquistare il quotidiano. E’ però arrivata subito la smentita.
Che sia un “moderato” di centrosinistra lo si evince non solo dai suoi rapporti e dalle sue stesse dichiarazioni, ma anche dai valori che diffonde e da quello che fa. Partiamo dal comportamento con i suoi dipendenti e nei confronti dei territori dove opera. Innanzitutto ha dotato la sua azienda di un ricco welfare, di benefit culturali e di un ristorante di buona qualità che non vuole venga definito mensa. Chi lo frequenta racconta che la cucina è ottima. Paga salari superiori del 40 per cento a quelli contrattuali: una sarta che dovrebbe prendere intorno ai 1500 euro, ne guadagna 2.300. Non si stanca di ripetere che il lavoro manuale va ben retribuito, se si vuole salvare l’artigianato di qualità e la dignità delle persone. Le sue fabbriche sono belle, sane, vivibili, immerse nel verde e nei fiori. Investe molto nel restauro dei centri umbri – a partire da Solomeo e da Perugia – ma non si ferma lì: ha un progetto di recupero anche per Castelluccio di Norcia. Compra capannoni, li bonifica e usa i terreni circostanti per piantare vigne. Tutta la filiera degli appalti e dei subappalti deve rispettare un rigidissimo codice etico. E come non ricordare la scelta green nel campo dei coloranti e l’abbattimento del consumo d’acqua? Produce tutti i suoi capi in Italia e qui paga le tasse non cercando fughe all’estero. Tutto ciò non è frutto di un’agiografia locale, è certificato da un’inchiesta firmata da Milena Gabanelli: una giornalista che in genere non fa sconti. E poi ci sono i tanti interventi nella cultura: dal teatro alla musica sino alla biblioteca universale. E’ questo il “capitalismo umanistico” che teorizza. Nel suo libro, “Il sogno di Solomeo” descrive quali sono i suoi punti cardinali: “La bellezza, quando è unita alla custodia, la ricchezza, quando è unità al dono, e la semplicità delle cose davvero grandi”. Da qui nasce il concetto di “lavoro giusto” che implica “il rispetto della natura, della dignità dell’uomo, della sua aspirazione al sogno”. Ma le cose vanno tutte lisce nelle aziende di cui è proprietario? Qualcuno gli rimprovera di non avere rapporti coi sindacati e di cancellarne la presenza interagendo direttamente coi dipendenti. Sia come sia, è difficile negare che dia ai dipendenti molto più di quanto i contratti impongano.
Che Cucinelli sia distante mille miglia da chi ha portato i salari italiani a non crescere per trent’anni e da chi sceglie la strada del “nero” e dell’evasione, è innegabile. Il che non vuol dire che non faccia i propri interessi. Ha realizzato un mix di qualità, di solidarietà e di legalità che lo arricchisce e lo rende famoso nel mondo. Un bel modello produttivo che ha affascinato anche alcuni potenti imprenditori della Silicon Valley in visita a Solomeo. Sarà ripetibile anche altrove e in altre condizioni? Brunello lo applica e cerca di convincere gli altri a farlo proprio. Di recente ha più volte invitato gli industriali italiani ad aumentare i salari: “Per riuscirci, basterebbe stanziare l’un per cento dei profitti”, ha detto.
Una volta un acuto cronista di Umbria24 ha analizzato il linguaggio dei gesti del re del cachmire mentre il presidente nazionale di Confindustria Carlo Bonomi parlava.. L’intervento era pessimista e rivendicativo. Brunello Cucinelli, seduto in prima fila, lo ascoltava con attenzione, ma nei passaggi in cui tutti applaudivano e certi amministratori di destra si entusiasmavano, lui rimaneva in silenzio. Solo alla fine, quando Bonomi scese dal palco per stringere le mani, ebbe verso di lui un gesto di amicizia e di cordialità. Come a dire: non sono d’accordo con alcune tue convinzioni, ma le buone maniere e l’ospitalità non possono mancare mai. E lo ha fatto anche subito dopo l’endorsement per Stefania Proietti: ha espresso infatti un apprezzamento anche per Donatella Tesei. Entrambe sono “votate alla bella politica”, ha detto. E poi un giudizio sulla loro eleganza: “Due brave umbre anche nell’abito”. E’ questo il Cucinelli style.