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di Gabriella Mecucci
Foto tratta dal sito Colacem

Lo scontro interno alla famiglia Colaiacovo somiglia sempre più ad un romanzo ottocentesco: una saga familiare percorsa da conflitti sin qui non sanati. Quattro sono le quote di Financo (finanziaria che detiene Colacem), divise in parte eguali fra i quattro fratelli, ciascuno dei quali possiede il 25 per cento. Lo scontro è ad armi pari: due stanno da una parte (Pasquale e gli eredi di Franco) e due da quella opposta (Carlo e gli eredi di Giovanni). Il rebus sembra insolubile: si sono formati infatti due cordate col 50 per cento e le votazioni rischiano di finire sempre in pareggio. Questa situazione ha portato alla non approvazione dell’ultimo bilancio. La questione è finita così al tribunale di Perugia: Giuseppe, erede di Franco, ha presentato infatti un ricorso chiedendo la liquidazione di Colacem per superare una situazione di stallo che potrebbe provocare seri danni al gruppo.
Tre giorni fa è arrivata la sentenza della vice presidente del Tribunale di Perugia, Teresa Giardino che non ha accettato la tesi di Giuseppe, sostenendo che non ricorre l’urgenza: Colacem è infatti in buona salute e continua a fare abbondanti profitti.
Questione chiusa dunque a vantaggio del ramo della famiglia guidato da Carlo Colaiacovo? Non proprio. Innanzitutto è già stato presentato un nuovo ricorso, ma è soprattutto il dispositivo a suonare più come un rinvio che come una soluzione definitiva. Giardino scrive infatti che occorrono due bilanci non approvati come “causa di liquidazione”. Quindi, bisognerà attendere giugno 2025, quando ci sarà una nuova votazione. Le due fazioni potrebbero per allora trovare un accordo: una potrebbe addirittura acquistare il 50 per cento dell’altra. Metà famiglia avrebbe così nelle proprie mani l’intera azienda, tagliando alla radice la causa della conflittualità e dell’impossibilità conseguente di approvare il bilancio.

Per raggiungere l’intesa, bisogna però prima di tutto rispondere ad una domanda: quanto vale oggi il gruppo Colaiacovo? E qui entra in campo un secondo rebus. Si è già fatto avanti un possibile acquirente che ha avanzato una mega offerta. Si tratta della One Equity Partners, un fondo finanziario con passaporto americano ed uffici a Londra che sei mesi fa ha messo sul tavolo un assegno da un miliardo e 680 milioni di dollari. Se questo fosse il prezzo, il ramo della famiglia che decidesse di comprare, dovrebbe versare all’altro 840 milioni? Non è detto, ma qui la questione si fa ancora più ingarbugliata tanto da diventare difficile da raccontare. Resta il fatto che, se non si arrivasse ad un accordo, a giugno il bilancio non verrebbe approvato per la seconda volta, e ricorrerebbe quindi la fattispecie espressamente citata nella sentenza. La parola passerebbe di nuovo al Tribunale che potrebbe concedere altro tempo alle trattative di famiglia. Ma se anche queste finissero con un nulla di fatto, la Magistratura finirebbe col decidere di mettere in liquidazione il gruppo.

In quel caso tornerebbe d’attualità la proposta di acquisto del One Equity Partners, che potrebbe rimettere sul tavolo la mastodontica cifra di oltre un miliardo e mezzo sbaragliando probabilmente ogni possibile concorrenza.

Dietro il fondo americano – non si sa bene in che misura – ci sarebbero Brunello Cucinelli e Gianluca Vacchi. I due imprenditori, insieme ad altri tre meno conosciuti, avevano consegnato in passato a Giuseppe Colaiacovo 140milioni di euro per consentirgli di pagare i suoi debiti e di conservare il suo 25 per cento di Financo. E qui scatta un’altra delicata questione legale posta da Carlo Colaiacovo: quel prestito a Giuseppe non è in realtà una vendita mascherata? Se così venisse giudicata, sarebbe stata calpestata la regola che assegna la prelazione sulle quote ai membri della famiglia. A questo interrogativo la risposta data è semplice: non c’è stato nessun passaggio di proprietà.

Come si vede aumentano gli attori di questo intricato thrilling industriale. E non è per nulla chiaro come la faccenda possa essere dipanata. Certo è che Colacem è un’impresa di grande rilevanza e in buona salute: il fatturato del 2023 ha raggiunto i 470 milioni di euro con quasi 900 dipendenti. Ed è preoccupante non riuscire a sapere in che mani finirà. E’ fondamentale che esca dallo stallo e che si sappia chi sono i proprietari, prima che si verifichino serie difficoltà per il gruppo cementiero.

Aldilà dei bilanci e delle complicate sfide in punta di diritto, c’è anche una vicenda umana delicatissima, caratterizzata da scontri insanabili fra parenti. Cose che accadono, si dirà. Con dimensioni, forma e impatto mediatico molto diversi, sta passando sotto i nostri occhi la turborissa di casa Agnelli. Per non dire dei grandi conflitti fratricidi di cui si è nutrita la letteratura. Coi Colaiacovo anche l’Umbria ha la sua turbolenta saga, fatta di business e di lotte intestine. Il tutto accade in dimensioni più ridotte, meno appariscenti, capaci solo raramente di salire agli onori della cronaca, ma lo spettacolo è comunque appassionante e insieme preoccupante. Chissa’ che non spunti un aspirante Thomas Mann di provincia che ci costruisca su un romanzetto?