di Giuseppe Capaccioni
Nato nella tradizione biblica e radicato nella storia della Chiesa, il Giubileo è un tempo straordinario di grazia, riconciliazione e rinascita.
Nel 2025 questo significato si intreccia con le grandi sfide globali: la solitudine di molti, in particolare dei giovani; le guerre che insanguinano il mondo; le diseguaglianze sempre più accentuate. Il tema scelto da Papa Francesco, “Pellegrini di speranza”, è un invito a rimettere al centro la fraternità, il bene comune, la cura dell’altro.
Giovani inattesi: una partecipazione che sorprende
Roma si era preparata da tempo ad accogliere milioni di pellegrini per il Giubileo 2025 ma, tra i tanti volti che stanno popolando il cammino giubilare, ce n’è uno che ha sorpreso tutti: quello dei giovani. Con zaini leggeri e cuori aperti, migliaia di ragazze e ragazzi da tutta Europa hanno affrontato un viaggio interiore e fisico che ha qualcosa di antico e, allo stesso tempo, qualcosa di profondamente nuovo. Nel loro tragitto verso Roma, l’Umbria ha saputo offrirsi come terra di passaggio e di rinascita.
Che siano credenti praticanti o semplicemente in cerca di senso, migliaia di giovani hanno risposto all’appello del Papa. Il “rumore” del milione di Tor Vergata ha oltrepassato i confini della comunità cristiana interrogando anche chi non si riconosce in essa.
In loro si intravede una spiritualità nuova: meno formale, più autentica; meno legata ai riti, più connessa alla vita reale. La loro partecipazione è un segno potente: la speranza non è morta, ha solo cambiato linguaggio. È in un incontro che si accende la speranza.
Significative sono le parole di Luciano Violante, già presidente della Camera, che si definisce “credente, non cattolico, nel senso che non ho religione”. In una recente intervista ad Avvenire ha affermato: “Stiamo vivendo quello che papa Francesco ha definito “un cambiamento d’epoca” e gli adulti sembrano naufraghi che cercano di capire dov’è la terra, mentre i giovani si pongono una domanda di senso. […] Ci troviamo dentro la costruzione di un nuovo ordine mondiale, la violenza prevale sulla legge, il mai più che è stato detto dopo i campi di sterminio ora non si può più pronunciare con quello che sta accadendo a Gaza. […] Tutto ciò pone ai ragazzi profonde domande di senso: davanti a questo mondo voi adulti cosa ci dite? Ecco, la risposta della Chiesa cattolica è all’altezza di questa domanda.”
Umbria, terra di accoglienza e spiritualità
L’Umbria, terra francescana per eccellenza, è stata crocevia per migliaia di giovani pellegrini diretti a Roma. Assisi, Spoleto, Cascia, Foligno, Gubbio, Perugia e i borghi lungo la Via di Francesco si sono trasformati in luoghi di incontro, ascolto e di festa. Le comunità umbre hanno offerto non solo ospitalità materiale, ma un vero abbraccio umano e spirituale. Tra il 24 e il 29 luglio l’Umbria ha accolto quasi 15.500 giovani pellegrini in arrivo da vari continenti, di questi oltre 2.000 sono stati ospitati in famiglie umbre, mentre gli altri alloggiati in oratori, palestre, centri parrocchiali e altre strutture. L’accoglienza è stata resa possibile grazie a una collaborazione sinergica a più livelli che ha coinvolto diocesi umbre, istituzioni regionali e comunali, associazioni di volontariato e famiglie.
L’arcivescovo Renato Boccardo presidente della Conferenza Episcopale Umbra ha descritto questa esperienza come “una testimonianza concreta di fraternità, accoglienza e sensibilità verso i più fragili”. Abbiamo assistito allo spettacolo della collaborazione tra istituzioni pubbliche, religiose, associazioni, imprese e famiglie, capace di realizzare ciò che sembrava difficile, tracciando un metodo da cui prendere esempio per affrontare anche le sfide che ci attendono per il rilancio della nostra regione.
In questi giorni di accoglienza non sono mancati momenti significativi. Il 27 luglio, nella piazza antistante la Basilica di Santa Maria degli Angeli, si è svolto un grande incontro di preghiera e festa con tutti i giovani pellegrini a cui hanno partecipato anche il Cardinale Pierbattista Pizzaballa, giunto appositamente dalla Terra Santa, e le autorità religiose e politiche locali, tra cui la presidente della Regione, Stefania Proietti.
Il cardinale Pizzaballa ha esortato i giovani a seguire l’esempio di San Francesco “Torno ora da Gaza, e vi dico che ciò che ho visto è indescrivibile. […] La pace non nascerà dalle bombe o dalle decisioni dei governi, ma dalla capacità di guardarci negli occhi, di riconoscerci fratelli. Il nostro compito è non lasciare che il dolore occupi tutto il cuore, ma tenere viva la speranza attraverso gesti concreti di umanità. Questo è ciò che conta davvero, ed è questo che ci salverà”.
A Perugia, il 29 luglio, in piazza del Bacio, si è svolta una serata di festa in cui i ragazzi locali hanno accolto oltre 2.000 giovani provenienti da Madrid e Valencia. Il 26 luglio, a San Mariano di Corciano, l’arcivescovo Ivan Maffeis ha presieduto una celebrazione eucaristica multilingue con centinaia di giovani provenienti da Filippine, Polonia, Croazia, Francia, Spagna e Stati Uniti, insieme ai coetanei di Perugia. Li ha accolti dicendo: “Pur diversi per provenienza, lingua e condizione, uniti al Signore formiamo un’unica famiglia: questo è il miracolo più grande. […] Il pellegrinaggio giubilare che facciamo insieme punta a renderci più forti nella fede, nell’amicizia, nella condivisione, nel sostegno reciproco. Punta a darci quella pace, quella fiducia nel Signore e nella vita che diventa forza di non abituarsi al male e di sapervi reagire.”
Una sorpresa che ci interpella
La partecipazione giovanile al Giubileo 2025 non è un’anomalia, ma un segno dei tempi.
Il Giubileo ci ricorda che la speranza non è solo un sentimento: è un incontro, un’azione, un mettersi in cammino insieme.
Il passaggio dei giovani ha lasciato tracce profonde. Le esperienze nate durante il Giubileo possono diventare semi di rigenerazione, non solo spirituale, ma anche sociale, educativa e culturale.
L’Umbria ha saputo essere madre, sorella e amica. Ora tocca a noi custodire questo dono.
Custodirlo e farlo fiorire è un compito per tutti: a partire dalle istituzioni civili e religiose, che non dovranno trascurare l’impatto sociale e culturale del cammino giubilare e saranno chiamate a valorizzare le reti nate tra istituzioni, diocesi, associazioni, imprese e famiglie.
Ma è, soprattutto, un compito personale per ciascuno di noi: un’eredità da custodire, cammini da mantenere, relazioni da coltivare e prospettive da costruire.