di Gabriella Mecucci
foto di ©Fabrizio Troccoli
Ma davvero in Umbria il potere è donna? Quella foto dove ci sono Stefania Proietti, Sarah Bistocchi, Paola Agabiti e Bianca Maria Tagliaferri lo farebbe credere. La Presidente della giunta e del consiglio regionale sono due donne. Le vicepresidenti dell’assemblea sono due donne. La sindaca di Perugia è donna. Sono venticinque anni che sullo scranno più alto di Palazzo Donini siede una donna. La presidente della Sviluppumbria è donna. Qualcuno ha già cominciato a rivendicare le “quote azzurre” per i poveri maschi emarginati. Quello che sta accadendo è casuale oppure c’è una spiegazione? E non è detto che sia una spiegazione rassicurante.
Se guardiamo con attenzione quando inizia in Umbria in politica e nelle amministrazioni l’egemonia femminile, ci accorgiamo che parte con l’elezione nel duemila alla Presidenza della Regione di Maria Rita Lorenzetti, già parlamentare, già sindaco di Foligno. Nel 1993 era scoppiata Mani Pulite che aveva determinato un forte perdita di peso e di credibilità della politica. Quelli che un tempo erano i palazzi del “potere rosso”, diventarono sempre meno importanti. Ed è interessante notare che, dopo qualche anno, di questa crisi della politica, accompagnata anche da un ridimensionamento della capacità di spesa delle amministrazioni locali, spettò ad una donna il pesante compito di gestire la difficile situazione. Meno vetrina e più fatica. E’ a questo punto che gli uomini si fanno da parte. Lasciano i posti apicali, ma non quelli dei cosiddetti poteri forti che infatti tengono ben salde nelle loro mani. Ci sono sempre gli uomini piazzati ai vertici della Magistratura, il cui potere ha messo il turbo. Sono uomini i Rettori delle due Università di Perugia senza soluzione di continuità. E non si vedono donne a capo di qualche banca, né della Confindustria regionale, nè ai massimi livelli sindacali. E potremmo continuare. Per la verità c’è stata la parentesi di Cristina Colaiacovo alla Fondazione Cassa di Risparmio. Ma quella è una promozione che ha più a che fare con il potere della famiglia che con una conquista personale dello scranno. In quell’ente infatti vige una monarchia assoluta e, si sa, le monarchie non sempre applicano la legge salica che impedisce al trono di colorarsi di rosa.
Insomma, le donne conquistano il potere solo quando quel potere perde forza? Probabilmente non è proprio così, la spiegazione di quanto sta accadendo è molto più complessa, e bisognerebbe analizzare più approfonditamente la storia dell’Umbria e delle sue classi dirigenti per capirci qualcosa di più. Non conviene comunque abbandonarci all’ottimismo sfrenato dell’ “ormai ce l’abbiamo fatta”. Ci sono tanti luoghi, troppi nei quali le donne battono il passo. Quanto alla proposta di ”quote azzurre”, è solo una buona battuta di qualche buontempone.