Salta al contenuto principale

In vista del referendum sulla legge, comunemente definita di separazione delle carriere, Passaggi Magazine dedicherà ampio spazio al dibattito. L’articolo di Fausto Cardella, magistrato dalla prestigiosa carriera, critica il provvedimento e annuncia il suo No

di Fausto Cardella

Voterò NO, ma non per il mio passato di magistrato, sia pubblico ministero che giudice, né per avversione al Governo; inoltre, ho la mia preferenza ma non sono pregiudizialmente contrario alla separazione delle carriere di giudice e di pubblico ministero, tuttavia voterò NO. 

Voterò NO al referendum sulla cosiddetta “separazione delle carriere” perché, in realtà, dovremo pronunciarci su tre cose che con la separazione delle carriere c’entrano poco o nulla, infatti ci esprimeremo:

  1. Sul raddoppio del Consiglio Superiore della Magistratura;
  2. Sulla modalità di scelta dei membri dei due Consigli Superiori della Magistratura, che non avverrà più, come ora, con elezione ma con sorteggio;
  3. Sulla istituzione di una Alta Corte di Giustizia, tutta dedicata a giudicare le infrazioni disciplinari dei soli magistrati ordinari, non di quelli della Corte dei conti, né del TAR, né del Consiglio di Stato, né dei magistrati militari, chissà perché.

Oggi, giudici e pubblici ministeri entrano in carriera superando un medesimo esame, scritto e orale, sulle stesse materie giuridiche, e la loro progressione di carriera è decisa dal Consiglio Superiore della Magistratura, indipendente sia dal ministro della giustizia che dal Governo e dal Parlamento, ossia dagli altri due poteri dello Stato.

Domani, quando prevarrà il Sì -come dicono tutti i pronostici- giudici e pubblici ministeri entreranno in carriera superando, rispettivamente, due identici esami, scritti e orali, sulle medesime materie giuridiche; la loro progressione di carriera sarà decisa, rispettivamente, per i giudici dal loro CSM, per il PM dal loro CSM, identico a quello dei giudici. Per il resto tutto uguale come prima.

Questa non è separazione delle carriere, è solo duplicazione di costi (e che costi!) e di “posti” a migliaia di Euro al mese e generosi rimborsi. Con la conseguenza, certamente non voluta dai sostenitori della riforma, che oggi i circa diecimila magistrati, di cui ottomila giudici e duemila pubblici ministeri, sono proporzionalmente rappresentati nell’unico CSM; ne consegue che i giudici, per così dire, “controllano” i pubblici ministeri, nelle progressioni di carriera, nel conferimento degli incarichi e anche nell’irrogazione di sanzioni disciplinari. Domani -quando vincerà il sì- i pubblici ministeri decideranno da soli sulla loro carriera, avendo un CSM autonomo tutto per loro, identico a quello dei giudici; dunque saranno autonomi e indipendenti da tutti, come ora e più di ora, indipendenti anche dai giudici; insomma, una categoria di duemila persone circa, assolutamente autoreferenziali e potenti, ancora più potenti di oggi perché in qualche modo “innalzate” al rango di rilevanza costituzionale.

Sono fiero di aver fatto il pubblico ministero per molti anni, ma segnerò il mio piccolo NO perché questa pericolosa, stravagante situazione sia scongiurata.

La seconda e la terza questione, devolute a noi elettori col referendum, richiedono padronanza di tecniche costituzionali e di questioni giuridiche che, francamente, non sono alla mia portata e sulle quali non so esprimermi. Non sono in grado di giudicare se scegliere i membri dei futuri CSM, senza averne in alcun modo modificato il funzionamento -come illustri giuristi, anche graditi alla destra, hanno auspicato- possa o meno influire sul deprecato “correntismo”, unico motivo per cui si vorrebbe questo eccentrico sistema di selezione di persone, che avranno in mano la sorte di diecimila magistrati e, indirettamente, di migliaia di persone che ogni giorno hanno a che fare con i tribunali e i magistrati.

Non sono in grado di esprimermi se sia davvero preferibile che la scelta dei membri del nuovo tribunale disciplinare, pomposamente chiamato Alta corte di giustizia -cui verranno consegnate le sorti dei magistrati che avrebbero sbagliato e indirettamente anche quella delle persone vittime dei loro errori- sia affidata al caso, mediante un sorteggio, ovvero a un più meditato metodo di selezione.

Ma proprio questo è il secondo motivo per cui voterò NO. La nostra Costituzione forse non è “la più bella del mondo” e certo può essere modificata, tanto che la stessa Costituzione lo prevede e ne stabilisce le regole, tra le quali la necessità di una larga, larghissima condivisione, perché la Costituzione è di tutti, garantisce tutti, soprattutto quelli che la criticano, proteggendo proprio la loro possibilità di criticarla; perché la Costituzione è durata 80 anni e presumibilmente dovrà durarne altrettanti, per cui i cambiamenti devono essere meditati e il più possibile condivisi. 

Invece, il testo della riforma, che sarà sottoposto all’approvazione con referendum, è di quelli cosiddetti “blindati”, chiuso cioè non solo ai contributi dell’opposizione parlamentare ma addirittura anche a quelli della stessa maggioranza. Per questo dobbiamo esprimerci noi elettori, decidendo con un sì o un no questioni giuridiche complesse, perché non è sato consentito di discuterle nella sede opportuna, il Parlamento, e senza il contributo di voci esperte e autorevoli. Qui non si tratta di grandi temi di coscienza e di cultura, come monarchia o repubblica, divorzio, aborto sui quali ciascuno di noi sa come la pensa; qui si tratta di questioni giuridiche complesse e talvolta astruse (perché -per esempio- un’Alta corte di giustizia solo per certi magistrati e non per tutti gli altri?). Si rischia di scegliere per altre motivazioni, simpatia o avversione verso il Governo, simpatia o avversione verso la Magistratura. Ecco, appunto.