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di Gabriella Mecucci

Luca Ferrucci, da qualche mese è Presidente di Sviluppumbria. Impegnato da tempo nel centrosinistra, è ordinario di Economia all’Università di Perugia: all’esperienza accademica somma anche quella politica e amministrativa. Ha avuto quindi più osservatori per scrutare l’andamento dell’economia regionale.

A che punto è l’Umbria? Che fare per uscire dalle attuali difficoltà e rilanciare lo sviluppo?

“Non possiamo non partire da un’analisi dello scenario di fondo dentro il quale si muove la regione. Tre ne sono le caratteristiche. La prima è la globalizzazione che ha significato mobilità dei prodotti (commercio internazionale), mobilità  finanziaria (investimenti internazionali), mobilità delle persone (immigrazione): un processo che contiene forti elementi positivi ma che ha anche creato importanti contraddizioni e distorsioni. Al termine di questo ciclo trentennale si è manifestato sul piano politico il sovranismo determinando lacerazioni profonde nel tessuto dei rapporti fra paesi sino alle guerre commerciali e a quelle militari. A questi due elementi   va aggiunto il fatto che nel nostro paese, a partire dal 2020, il sistema pubblico ha messo a disposizione delle imprese molte risorse finanziarie. Ci sono stati i sussidi negli anni del Covid, il 110 per l’edilizia, il Pnrr e infine, ora, c’è una quarta ondata legata alle spese militari. Il rischio è che le imprese siano diventate dipendenti da questa ingente mole di interventi pubblici e che abbiano diminuito il loro tasso di autonomia. Se tali iniezioni di danaro rallentassero – e temo che stia succedendo se guardo la finanziaria predisposta dal governo Meloni – avremo imprese capaci di essere ancora competitive sui mercati? Quanto ho detto ha ovviamente una ricaduta anche in Umbria”.

La regione è stata inserita nella Zes e questo comporterà nuovi ed importanti vantaggi fiscali e amministrativi…

“Il declino strutturale dell’Umbria viene da lontano. Se oggi il Pil pro capite è del 15 per cento in meno della media nazionale e i livelli retributivi sono significativamente inferiori, se abbiamo preoccupanti indici demografici, non è casuale che il governo Meloni abbia concesso  la Zes. Un provvedimento che ci favorisce accomunandoci però al  Mezzogiorno e che è stato preso anche per condizionare i risultati elettorali delle Marche. Una volta assegnata la Zes a loro, non poteva restare fuori l’Umbria che ha risultati economici peggiori. Riguarderà inoltre solo alcune zone: il ternano, Spoleto, Foligno sino a raggiungere Città di Castello. Per un giudizio più approfondito occorrerà attendere la legge che ancora non è stata varata”. 

Ma quali sono i vantaggi della Zes?

Il primo riguarda una grande semplificazione amministrativa. Questo è un messaggio forte alle imprese: se venite a investire da noi entro un periodo molto breve saprete se e come lo potrete fare. Il secondo vantaggio è il credito d’imposta a tutti i settori con un’aliquota che può raggiungere la soglia massima del 35%. Il terzo vantaggio sono gli incentivi all’occupazione”.

PRIMA DI TUTTO LE INFRASTRUTTURE

L’Umbria è precipitata nel Mezzogiorno: una situazione difficile e non priva di ulteriori rischi, quali le terapie?

“La prima cosa che imprese e cittadini in genere ci chiedono è quella di mettere al centro il tema delle infrastrutture. E io penso che questo sia uno dei fattori principali dell’isolamento e della vulnerabilità della regione. Senza investimenti in questo campo l’Umbria è isolata, non respira, soffoca. Le autostrade non ci passano, l’alta velocità ferroviaria idem. Per non dire delle inadempienze dei vari governi nazionali: non è stata nemmeno completata la E7 per Cesena. Quanto ai treni è sotto gli occhi di tutti la nostra marginalità: il Frecciarossa ha contribuito solo parzialmente ai collegamenti con Milano. Le leve delle grandi infrastrutture sia stradali che ferroviarie sono nelle mani di Roma. Non voglio con questo assolvere le amministrazioni locali che possono essere d’aiuto. Se il ponte di Messina è strategico, perché non sono strategici anche alcuni assi ferroviari che riguardano l’Umbria e l’intero Centro Italia?” 

La Presidente della Regione sul tema infrastrutture ha iniziato una vertenza col governo a suon di richieste e di proposte: di recente ha chiesto un miliardo per realizzare il Nodo di Perugia, ha fatto bene?

“Non sono un tecnico della materia, ma è sotto gli occhi di tutti che lo stato delle infrastrutture dell’Umbria è inaccettabile. I governi nazionali non possono più trattarci  come la cenerentola d’Italia. D’altro canto è del tutto evidente che questa situazione penalizza fortemente la nostra economia da più punti di vista. Proietti ha fatto dunque più che bene. Basta con le promesse, abbiamo bisogno di realizzazioni e le realizzazioni si fanno grazie alle risorse finanziarie pubbliche. Non ci si salva solo con la Zes. La regione ha bisogno di ben altro, a meno che il governo nazionale non abbia deciso di lasciarla approdare a una totale marginalità”

IL DEFICIT DELL’AEROPORTO

Tutto questo vale per ferrovie e strade, ma l’aeroporto è una competenza regionale e in particolare di Sviluppumbria (azionista al 78 per cento della Sase), che fare per migliorare la sua situazione?

“L’aeroporto San Francesco sta crescendo dal punto di vista numerico: ha superato ormai i 600mila passeggeri. E questo è un dato positivo. Ci sono però degli elementi di fragilità. L’anno scorso il bilancio è stato chiuso in perdita e quest’anno occorre evitare, grazie ad azioni correttive, che non si ripeta un analogo risultato. Riuscirci è indispensabile perché l’aeroporto è sorretto dal denaro pubblico. Ogni anno vengono versati 4 milioni dalla Regione Umbria, un milione della Fondazione Perugia e 500mila euro dalla Camera di Commercio. Se cinque milioni e mezzo non riescono ad evitare il deficit, c’è di che preoccuparsi. Anche perché in base alla legge Madia, se una società pubblica va in perdita per tre esercizi consecutivi, devono cessare i finanziamenti pubblici. Se ciò accadesse, la conseguenza sarebbe la fine dell’operatività del San Francesco”.

Un brutto rischio, che cosa si può fare per evitarlo?

“Stiamo mettendo a punto una serie di misure, insieme ad altri soggetti, per evitare che il bilancio 2025 sia di nuovo in rosso. In secondo luogo, le rotte nazionali ed estere attuali non portano un flusso sufficiente di turisti. Abbiamo per fortuna un collegamento con Londra, ma poi c’è Tirana, Malta, la Romania. Lei vede per caso frotte di visitatori di questi paesi in Umbria?”

Ma il turismo è invece un settore che tira…

“Questo è del tutto vero. E fra qualche mese ci saranno scadenze importanti che potrebbero incrementarlo. Penso all’ottavo centenario della morte di San Francesco, alla riapertura a Norcia della Basilica di San Benedetto, patrono d’Europa, e alla nascita a Perugia del Museo Città del Cioccolato. Ci sono dei collegamenti adeguati per favorire un afflusso in crescita? L’aeroporto e le sue rotte avranno un ruolo chiave. Non voglio togliere nulla ai buoni risultati già raggiunti, mi sembra opportuno però sollevare temi su cui riflettere e operare.

UN PIANO PER VALORIZZARE LE PROPRIETA’ DELLA REGIONE

Che cos’altro può fare Sviluppumbria per l’economia umbra? 

“La Regione ha affidato a Sviluppumbria ormai da tempo un notevole patrimonio in terreni industriali e agricoli, in capannoni e in casolari. Stiamo elaborando un progetto per utilizzare queste proprietà sin qui molto trascurate. Si tratta complessivamente di oltre 900 siti – alcuni dei quali anche di pregio e di notevole valore – e quindi capaci di attrarre importanti investimenti turistici. Abbiamo terreni industriali soprattutto fra Terni e Orvieto che potrebbero interessare importanti imprese anche per la loro vicinanza a Roma. Una parte importante del patrimonio è in stato di degrado, se reso utilizzabile, unito alle facilitazioni della Zes, potrebbe diventare un fattore propulsivo per investimenti anche da fuori regione. Per prima cosa Sviluppumbria farà un portale che contenga tutte le informazioni su queste proprietà regionali”.

E gli investimenti?

“Il nostro mestiere è la gestione dei bandi alle imprese. La Regione li sta mettendo a punto per la riprogrammazione dei fondi europei che, sino alla fine del 2027, saranno molto pochi: quelli cioè lasciati in eredità da Tesei. Prima della fine della legislatura l’amministrazione regionale passata ha usato quasi tutto ciò che aveva a disposizione”.. 

E per l’agricoltura cosa prevedete?

“Vorremmo che i nostri giovani laureati e diplomati facessero dei progetti per portare avanti colture innovative e che creassero startup. Potremmo affidare loro, a condizioni molto vantaggiose, i nostri terreni, e metterli inoltre in contatto con importanti imprese agroalimentari della regione che li aiutino a crescere. Questo è un progetto che stiamo elaborando con l’assessorato regionale che ha inoltre in programma importanti finanziamenti”.

IL BUSINESS DELLA RICOSTRFUZIONE: GAZA E UCRAINA

Quali sono i settori che tirano più in Umbria?

“Il turismo ha avuto una crescita significativa nel dopo Covid – un andamento positivo che ha riguardato tutta l’Italia. C’è poi la meccanica di qualità dell’automotive che, pur avendo subito un contraccolpo negativo, è riuscita, almeno in parte a compensarlo con la capacità di alcune imprese di entrare nell’aerospazio. Va bene l’agroalimentare che va sostenuto nel percorso di internalizzazione: la politica trumpiana dei dazi danneggia le imprese del settore. E poi naturalmente c’è la moda. Ci ha preoccupato il danno, che un discutibile fatto mediatico, ha inferto a Cucinelli. Siamo fiduciosi che tutto si chiarirà in tempi brevi. Dietro Solomeo ci sono molte imprese che lavorano per l’azienda madre e tante altre che autonomamente si stanno facendo largo anche oltre i confini nazionali. E poi c’è il grande business delle ricostruzioni”.

Mi dia qualche spiegazione in più…

“Penso alla ricostruzione di Gaza e a quella, speriamo prossima, dell’Ucraina. L’Umbria è specializzata in questo campo: i terremoti frequenti e spesso catastrofici ci hanno costretto a fare i conti con situazioni di tal genere. Penso che come Sviluppumbria dovremo impegnarci a creare un cluster di aziende del Centro Italia che sia in grado di diventare protagonista a Gaza e in Ucraina”.

Questa conversazione finisce allargando l’orizzonte oltre l’Umbria. E del resto Ferrucci non è umbro. E’ un toscano, laureato alla prestigiosa Università Sant’Anna di Pisa, dove tutti gli anni arrivava in visita Tiziano Terzani che aveva studiato nell’ateneo e che coltivava per quel luogo affetto e nostalgia. “I suoi interventi – racconta  Ferrucci – mi hanno sempre affascinato. Era davvero straordinario. E mi lasci dire che c’è un’altra giornalista toscana di grande spessore, Oriana Fallaci. I due, quando la loro vita volgeva al termine, si sono trovati su fronti opposti. Ma erano entrambi grandi menti critiche di cui l’Italia anche oggi avrebbe parecchio bisogno”.