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di Giampiero Rasimelli

In vista della manifestazione del prossimo 15 marzo a Roma in difesa dell’Ucraina e dell’Europa, cui invito tutti a partecipare, voglio dire con chiarezza: quest’Europa s’ha da fare, senza Europa non ci sarà pace, non ci sarà equilibrio mondiale e non ci sarà un diritto internazionale capace di difendere i diritti umani e dei popoli. La costruzione europea, ancora troppo spesso incerta e traballante ha bisogno urgente della spinta dei cittadini per evitare i concreti pericoli di guerra, le distorsioni della verità, dei nazionalismi e degli interessi ristretti e per rifuggire da colpevoli pigrizie.

Il pacifismo è stata tanta parte della mia vita, prima da animatore delle Marce della Pace Perugia-Assisi (anni 80), poi della European Nuclear Desarmement Convention (END) promossa dalla Bertrand Russel Foundation, poi da Presidente Nazionale dell’ARCI e da sostenitore e animatore del Forum Sociale Mondiale che prese il via da Porto Alegre, in Brasile, per contestare la globalizzazione neoliberista. Il pacifismo è un insieme di valori democratici la cui testimonianza è essenziale per la convivenza sul pianeta, per la giustizia sociale, per un equilibrato rapporto con la natura, per la difesa e la promozione dei diritti umani. Il pacifismo è e deve essere testimonianza e politica, irriducibilità dei valori (secondo l’insegnamento di Francesco d’Assisi, di Aldo Capitini e oggi di Papa Francesco) e realismo, incisività delle politiche di cambiamento, senza delle quali tutto cambia (o si dichiara di voler cambiare) per non cambiare nulla.

Mi sono battuto insieme a tantissimi altri (almeno un paio di generazioni) per il superamento dei blocchi politico-militari ereditati dalla guerra fredda, quel movimento culminò nella gigantesca mobilitazione europea e planetaria contro il dispiegamento degli euromissili Pershing, Cruise (NATO) ed SS20 (Urss, Patto di Varsavia). Quei missili con testate nucleari erano stati schierati o dovevano essere schierati in Europa, teatro della “confrontation”, poi con gli accordi tra Reagan e Gorbaciov vennero smantellati o rimossi e cominciò il percorso contrastato di disarmo nucleare che aveva forti avversari in ambo gli schieramenti. Il processo però andò avanti e attraversò il fallimento dell’Urss, la caduta del muro di Berlino e gli anni delle guerre regionali e del terrorismo internazionale. Non è questa la sede per ricostruire questo lungo e tortuoso percorso storico che alla fine è tornato a mettere in discussione le strategie e gli accordi di disarmo. Oggi dobbiamo constatare che la guerra è tornata in Europa, che il gioco delle superpotenze torna a minacciare noi europei e la democrazia, che si tenta di dare scacco alla costruzione dell’Europa e alla civiltà europea, che la scintilla che ha acceso tutto questo incendio è l’Ukraina, l’invasione russa di quel paese, la lunga guerra che ne è scaturita dal 2014 e che ha avuto epilogo negli ultimi 3 sanguinosissimi anni, durante i quali anche la minaccia nucleare è tornata a farsi sentire in modo serio e pesante sul nostro continente.

Io non credo che di fronte a questo ci si possa astenere, non credo che pace e disarmo possano essere perseguiti sacrificando l’Ukraina, mantenendo alta e pericolosa la tensione in Europa di fronte all’aggressività dichiarata ed esplicita dei russi, permettendo a Trump di fare accordi col dittatore Putin sbeffeggiando l’Europa e dichiarando al mondo che la soluzione dei problemi del Medio Oriente è la realizzazione di confortevoli resort turistici sulla spiaggia di Gaza amministrata dagli Usa dopo la deportazione dei palestinesi.

No, la scelta è e deve essere unire e rafforzare l’Europa adesso, senza sé e senza ma, anzi, trovando la forza, il coraggio e la spinta popolare per farlo in modo incidente, presto, prima che sia troppo tardi … perché è già tardissimo. Vorrei ricordare a tanti amici, come ha fatto Michele Serra su Repubblica, che quando esplose il conflitto nella ex Jugoslavia ci domandammo dove fosse l’Europa, cosa volesse l’Europa … si aprì allora una voragine che ancora fatica seriamente a ricomporsi. Dio non voglia che dovessimo tornare tra qualche anno a riproporci la stessa domanda su quanto sta accadendo oggi sul suolo europeo, perché quanto è in atto in Ukraina è un attacco al cuore dell’Europa alle ragioni stesse della tenuta dell’Unione Europea.

Alla testimonianza radicale del pacifismo, alla quale credo dal profondo dell’animo e della ragione, vanno date risposte politiche reali, concrete e oggi per l’equilibrio di pace nel nostro continente e nel mondo la risposta urgente è il rafforzamento dell’Europa, in modo da renderla protagonista non marginale dell’equilibrio mondiale e anzi credibile garante del diritto internazionale e della democrazia sul pianeta. Come ieri non sono mai stato filo russo o antiamericano vorrei essere oggi in un’Europa che difende i diritti umani e dei popoli, che rifiuta ogni aggressione, che crede nel multilateralismo, nella cooperazione e nella solidarietà, in un mercato aperto con pari opportunità per tutti e dove lo stato democratico garantisca quelle funzioni di “Stato Sociale” che permettono di non lasciare indietro nessuno. La democrazia non può e non deve essere esportata con la forza, ma può essere aiutata a crescere se non torna indietro nella “culla” che l’ha generata. Questa è oggi la nostra sfida, la prima sfida di pace. E’ la sfida della nostra Costituzione Repubblicana e Antifascista.

Il piano per il rafforzamento della difesa e della sicurezza europea di cui si discute in questi giorni è un passo importante e indifferibile. Certo, siamo ancora lontani da un vero progetto di difesa comune, non è ancora un progetto di integrazione della spesa e dei sistemi d’armamento, il percorso per arrivare a una forza di difesa comune europea e’ ancora difficile da realizzare, ma il primo passo va compiuto ora. Avendo chiari i rischi delle decisioni che si prenderanno adesso e su cui si dovrà lavorare nei prossimi mesi e anni. Ma è un passo è ineludibile di fronte ai pericoli portati dalla Russia, dalla rudezza delle pressioni americane e all’imperativo di difendere l’Ukraina e di giocare come Europa un ruolo da protagonista sulla scena internazionale a cominciare dal Medio Oriente. Ciò che bisognerà evitare è di legittimare un’isteria di riarmo nazionale invece che incentivare passi progressivi verso la difesa comune europea. Si propongono misure inaccettabili come l’utilizzo dei fondi UE di coesione o quelli per la cooperazione internazionale per programmi di spesa per gli armamenti, misure che spero potranno essere cambiate già nei prossimi Consigli Europei o dal Parlamento Europeo. E soprattutto non si affronta la questione fondamentale: come si coordineranno questo sforzo di crescita della difesa europea e le eventuali iniziative sul campo se l’ONU è bloccata dai veti russo-cinese e magari Usa e se la NATO diventa solo un tavolo di negoziazione con gli USA ? C’è l’urgenza di una politica estera comune della UE e di una politica comune della difesa e se non potrà essere all’unanimità dei 27 e se non potrà essere recuperata a breve la Brexit, si dovranno trovare altre forme, ma la discussione va aperta subito con coraggio, non si può far finta di parlare d’altro e scambiare l’aumento della spesa militare dei singoli paesi con la difesa comune europea. Così Trump, Putin e tutti gli autocrati del mondo potranno continuare a far festa insieme ! Ma detto tutto questo il primo passo verso una difesa comune europea resta necessario, spinto dalla realtà oggettiva che viviamo e utile, appunto, per avviare questa discussione e questa operatività tanto complessa quanto urgente, con tutti i limiti del dibattito politico europeo, che certo non possono essere superati in una settimana.

Bisogna essere franchi e realisti, non c’è altra scelta, questa è l’unica Europa che abbiamo, da qui dobbiamo partire e qui dobbiamo batterci per modificare gli equilibri e le politiche dell’UE, per costruire una grande spinta dei cittadini per difendere l’Europa e la pace, in Ukraina, in Medio Oriente e nel mondo. Politiche e strumenti di difesa comune europea sono oggi un fattore essenziale delle politiche di pace che l’Europa può proporre e praticare.

L’impegno concreto per la pace non può fermarsi alla testimonianza e la politica dell’Europa non può prescindere dai valori e dalle azioni per la pace e il disarmo. Queste due dimensioni dell’agire democratico debbono incontrarsi altrimenti si indeboliscono la democrazia e la civiltà europea. Predicare il pacifismo per chiudersi in cerchie ristrette, magari dettate da interessi politici altrettanto ristretti non è quello che il pacifismo italiano ed europeo hanno fatto nei decenni passati dando un grande contributo di partecipazione alla democrazia e alla formazione di una coscienza europea più matura.

E d’altra parte i conservatori democratici europei (come si professa la nostra Presidente del Consiglio Meloni) non possono sottovalutare l’aggressività, le pulsioni isolazioniste, le iperboli spesso reazionarie, il dileggio delle istituzioni internazionali che in questi mesi convulsi stanno caratterizzando la retorica e le azioni di Trump e della sua squadra di miliardari. Così come non deve essere sottovalutato (e purtroppo è stato lungamente fatto) l’intento antieuropeo di Putin (che si crede erede dell’Impero di Costantinopoli) e il gioco delle superpotenze vecchie e nuove che vuole modificare l’equilibrio mondiale e vede nell’Unione Europea un ostacolo di civiltà, un ostacolo ad avere mani libere nella violazione del diritto internazionale.

L’Europa deve tornare sulla scena internazionale, dobbiamo rimboccarci le maniche con spirito pacifico, forza unitaria e determinazione politica, con tutti gli strumenti necessari a dire al mondo che la convivenza pacifica va salvaguardata e regolata e non ammette sopraffazioni di alcun genere. Riusciremo in questa sfida esistenziale ? Dipenderà dalla forza popolare che riusciremo ad esprimere e dalle istituzioni comuni che sapremo darci o migliorare, dalle scelte che in questa direzione sapremo fare rapidamente.