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di Gabriella Mecucci

Maurizio Oliviero sta compiendo gli ultimi atti del proprio mandato. Fra tutti il più significativo è stato quello di raddoppiare il peso degli amministrativi nel voto ponderato per il rettorato: prima contavano per il 10 per cento ed ora per il 20. Maggior potere dunque di questa componente e maggiore responsabilità. 

Il 17 giugno si conoscerà il nome del successore di Oliviero. E’ questa la data del ballottaggio quando a confrontarsi saranno solo due candidati, selezionati da un primo turno a cui ne parteciperanno cinque (Daniele Porena, Giurisprudenza; Luca Gammaitoni, Fisica; Massimo Marianelli, Filosofia; Paolo Carbone, Ingegneria; Marcello Signorelli, Economia). Il primo di loro a presentarsi è stato Luca Gammaitoni che ha già pronto un articolato programma. 

Nato a Gualdo Tadino, sfiora i sessant’anni e ha un curriculum scientifico di alto livello. E’ partito sin da giovane col piede giusto. Ha lavorato su un grande progetto come quello delle onde gravitazionali, i cui coordinatori sono stati insigniti del Nobel: tre americani che sono venuti poi in visita all’Università di Perugia. Questa straordinaria impresa internazionale ha visto impegnati circa mille ricercatori di diverse parti del mondo e fra loro c’era  anche un gruppo dell’ateneo perugino, guidato appunto da Luca Gammaitoni. Tutti i partecipanti hanno ricevuto un importante premio: il Breakthrough Prize. La seconda straordinaria tappa della carriera del neo candidato rettore è stata la collaborazione con Giorgio Parisi in un’importante ricerca sul rumore. Da allora è nato un rapporto di scambio col “maestro” che è proseguito anche dopo l’assegnazione del Nobel: di recente Parisi è  venuto a Perugia a fare una Lectio magistralis in un’Aula Magna gremita. Avendo alle spalle un curriculum tanto prestigioso, Gammaitoni è diventato ordinario all’Università per “chiara fama”.

Perché uno scienziato che ha raggiunto livelli tanto importanti nella ricerca, sceglie di spostarsi in un ruolo più politico – gestionale?

“Ho avuto impegni diversi da quelli di ricercatore, e mi sono già occupato di gestione. Ho fondato spin off, sono stato membro del consiglio di amministrazione di aziende e presidente della Fondazione Post, museo della Scienza di Perugia. Di recente sto coordinando un grande progetto di ricerca come Vitality.  Ho sempre voluto avere un impegno di servizio nel settore pubblico. Mi sento  parte della scuola di Don Milani che definiva la politica come la capacità di risolvere insieme, e non da soli, i problemi. Ho sempre avuto un’attenzione particolare verso i territori, verso le comunità in cui vivevo. Proprio per spirito di servizio nel 2019 mi candidai capolista regionale per il partito democratico in un momento difficilissimo (ndr. era l’anno di sanitopoli). E dall’ attitudine al servizio nasce anche l’attuale candidatura”

Lei sta finendo di scrivere il suo programma, mi dice le tre o quattro questioni su cui punterà?

“Prima di tutti c’è Medicina. Quest’ area ha sofferto e soffre parecchio. Innanzitutto è la facoltà che ha perso più docenti e più ricercatori. Su questo è indispensabile intervenire, ritornando a mettere al centro la qualità: qualità nella ricerca ma anche qualità nel servizio che trasferiamo al territorio. Quindi, nuovo rapporto col servizio sanitario regionale: dobbiamo finalmente riuscire a creare un’azienda ospedaliera integrata. 

Il secondo focus sono i giovani ricercatori: dobbiamo immettere energie fresche. Purtroppo l’impostazione generale del ministero è quella di allargare l’area del precariato: avremo quindi molti contratti a tempo determinato, mentre noi dobbiamo puntare a stabilizzare. Dobbiamo quindi partecipare ai bandi, riuscire a prendere risorse importanti e portarle all’interno dell’ateneo. Ce la possiamo fare, ma bisogna investire sulla progettualità e nella qualità della ricerca.

Il terzo punto riguarda le progressioni di carriera. Noi siamo l’ateneo in Italia che ha meno ordinari rispetto ai professori associati. A livello nazionale la media è 1,6 associati per professore ordinario, a Perugia è 2,4. Occorre fare nuovi ordinari. Questo significa non solo valorizzare competenze e carriere di chi è già dentro l’Università, ma anche, se possibile, portarne da fuori. Occorre offrire posizioni apicali dove serve, e penso in primo luogo al mondo della sanità

Al quarto focus tengo in modo particolare: si tratta di un impegno straordinario nel campo dell’Intelligenza Artificiale. Deve essere un’iniziativa trasversale e quindi non solo incentrata su due o tre dipartimenti scientifici (fisica matematica chimica), ma che abbracci tutto l’ateneo. Per parlare di Intelligenza Artificiale servono infatti competenze che si trovano in tutte le discipline: da quelle biologico – mediche, a quelle umanistiche (filosofia, giurisprudenza scienze politiche), a economia a ingegneria, sino ad arrivare a veterinaria. Basti pensare a quanto potrebbe aiutarci  studiare il comportamento degli animali. Un’ iniziativa con queste caratteristiche otterrà due importanti risultati: il primo è quello di unificare l’ateneo intorno ad un asse di ricerca, il secondo quello di portare risorse a Perugia perchè la Commissione europea ha già detto che vuole investire circa 200miliardi di euro su questo tema. Dobbiamo farci trovare preparati: organizzare strutture, coinvolgere colleghe e colleghi che appartengono a tanti dipartimenti diversi, partecipare ai bandi. Un grande, entusiasmante lavoro.

Quali sono i valori a cui si ispirerebbe un suo rettorato?

“Ho scelto tre parole guida. La prima è libertà. Per tutte le componenti dell’Università è indispensabile liberarsi da una burocrazia asfissiante. Le grandi malattie dell’ateneo sono due: il legalismo e l’aziendalismo. Per quanto riguarda la prima, non sto certo mettendo in discussione il principio di legalità che è molto importante. Quello che dobbiamo sconfiggere è l’atteggiamento che fa diventare la procedura più importante dell’obiettivo. Dobbiamo sburocratizzare.  La ricerca deve essere totalmente libera: non possiamo essere valutati sulla base di criteri economici che vanno benissimo altrove. L’Università è una comunità (seconda parola chiave) dove viene generata nuova conoscenza che non deve necessariamente avere un’applicazione immediata e addirittura legata al mercato. Non ho nulla contro la ricerca applicata, ma ci sono tanti altri soggetti che la fanno. L’Università deve ridare valore alla ricerca teorica. Solo così si determinano le grandi svolte nel sapere. Voglio sottolineare poi la parola comunità anche perché l’università fu fondata nel Medioevo dal basso, dall’unione degli studenti che cercarono i propri docenti e che stabilirono con loro un patto. Nacque dunque come comunità e deve continuare ad esserlo. Siamo persone diverse – i docenti, gli studenti, gli amministrativi – ma tutte parimenti importanti per raggiungere un obiettivo comune.

L’ultima parola chiave?

Ormai almeno da due decenni, governi fra loro di diversa ispirazione stanno cercando di portare l’università nella direzione del  modello americano, in cui esistono gli atenei di serie A e quelli di serie B. I primi sono luoghi dove si fa ricerca, ci sono bellissimi laboratori, biblioteche e naturalmente insegnamenti di qualità. Quelli di serie B invece diventano sempre più legati esclusivamente alla didattica e spesso nel tempo hanno difficoltà a fornire servizi e a pagare stipendi. Del secondo gruppo fanno già parte le telematiche che sono in sostanza enti di formazione. Noi vogliamo che Perugia fra dieci anni sia nella serie A: questa è la prospettiva (terza parola chiave). La città se lo merita”.

Faccia un bilancio della storia precedente…

“Oggi siamo in una zona grigia.  Siamo certamente considerati una grande università, ma non siamo all’altezza degli atenei di alcune città delle stesse dimensioni: penso in particolare a Pisa, a Padova che sono più avanti rispetto a noi. E poi ci sono Bologna, Roma, Milano.. Quanto al rettorato di Maurizio Oliviero è un insieme di luci e di ombre. E’ stato caratterizzato dal giusto tentativo di dare una dimensione più internazionale all’Università di Perugia: ha fatto un importante lavoro di sprovincializzazione che gli va riconosciuto, e che va continuato e incentivato. C’è stata poi una grande attenzione al mondo degli studenti che deve essere proseguita.

E le critiche?

“Per ragioni, alcune delle quali indipendenti dalla volontà del rettore, c’è stata un’attenzione insufficiente alla ricerca.  Poi c’è il problema degli stipendi dei ricercatori, dei tecnici e degli amministrativi che sono troppo bassi, fra i più bassi nell’ambito del pubblico impiego, mentre il costo della vita cresce di continuo. Noi non possiamo intervenire su questa materia direttamente. Si possono però prendere alcune misure di welfare. M piacerebbe ad esempio istituire il buono energia. Potremmo fare accordi con le aziende umbre del ramo per arrivare ad uno sgravio delle bollette. Infine sul rettorato di Oliviero non si può tacere una sua responsabilità nel non aver contrastato il fenomeno del legalismo che sopra ho descritto. Il mettere cioè la procedura prima di tutto, prima dello stesso obiettivo.

Quali scadenze ha per far conoscere la sua candidatura?

“Innanzitutto la presentazione del programma l’8 aprile alle ore 12 presso la Biblioteca di Piazza Morlacchi. Poi la piena disponibilità a organizzare e a partecipare a incontri fra candidati per approfondire il confronto. E infine vorrei annunciare una scadenza che non è legata alla mia candidatura, ma che mi riempie di orgoglio. In maggio verrà a Perugia il premio Nobel per la Chimica Jean Pierre Sauvage nell’ambito di Vitality. Si occupa di una materia straordinaria: le nanomacchine, macchine piccolissime che possono operare nel microscopico e che, ad esempio, riescono a creare farmaci, o a riparare cellule. Un mondo affascinantissimo”.