di Lucio Caporizzi
Foto ©Fabrizio Troccoli
La sicurezza è un tema particolarmente sentito dai cittadini, a volte anche più delle questioni attinenti il lavoro ed il reddito e, soprattutto per questo, spesso al centro della comunicazione delle forze politiche, soprattutto quelle di destra, dove si combina con un altro tema molto presente ed impattante, cioè quello dell’immigrazione.
Ma, al di là della propaganda e delle connesse strumentalizzazioni, si tratta di un tema realmente molto importante e condizionante della vita delle persone. Chiunque abbia subito anche solo un semplice furto conosce bene quel senso di smarrimento, frustrazione e rabbia che tali episodi generano in noi.
La sensazione di sicurezza o di insicurezza assume a sua volta dimensioni e connotati diversi. Dipende dall’effettivo livello di rischio potenziale cui si è effettivamente esposti, misurabile da indicatori che esprimono la frequenza di certi eventi negativi (dai più gravi, come l’omicidio o lo stupro, alle rapine, ai furti ed agli atti vandalici), ma dipende anche dalla percezione soggettiva (o anche collettiva) del rischio, percezione a sua volta dipendente da vari fattori, tra cui in primis la percezione di vivere o di trovarsi temporaneamente in un ambiente caratterizzato da degrado sociale.
Riferendosi alla sicurezza percepita, nonostante la propaganda, in realtà le apposite indagini condotte periodicamente dall’ISTAT ci dicono che la sensazione di sicurezza degli italiani è andata migliorando da alcuni anni a questa parte. Nel 2022-23 la percentuale di cittadini che hanno temuto di subire un reato nei 3 mesi precedenti è stata pari al 2,9%, mentre era del 6,4% nel 2015-2016. 10 anni fa il 17,2% degli intervistati dichiaravano di vedere nella propria zona atti di vandalismo, prostituzione o spaccio di droga, mentre nel 2022-2023 tale percentuale è scesa al 6,4%. Ancora, nel ’22-’23 il 76,8% considera le forze dell’ordine abbastanza efficaci nel controllare la criminalità nella loro zona, percentuale questa che nel 2015-2016 era solo del 53,6%.
Passando dalla percezione ai fatti reali, vediamo che, sempre nello stesso lasso di tempo (cioè dal 2015-2016 al 2022-2023), ISTAT ci informa che la quota di cittadini che hanno subito danni contro la proprietà (furti, scippi, etc) nei 12 mesi precedenti era scesa dal 3,7% al 2,3%; coloro che hanno subito aggressioni o rapine scende dall’1,6 all’1,1 per cento. Infine, i reati contro le abitazioni o i veicoli avevano colpito il 14,6% delle famiglie intervistate nel 2022-2023, mentre tale percentuale scendeva al 5,5% nel 2022-2023.
Anche quello che è il reato più grave, cioè l’omicidio, si presenta in Italia con il tasso di incidenza più basso d’Europa, pari a 0,55 omicidi ogni 100.000 abitanti, contro una media europea di 0,9. In forte crescita, rispetto agli anni ’90, la percentuale di vittime donne, che sale dall’11 al 35 per cento.
Oltre il 94% delle donne italiane uccise è vittima di italiani.
Anche la nostra regione esce tutto sommato abbastanza bene dai confronti con gli altri territori del Paese.
Dal sito Umbria in Cifre dell’Ufficio statistica della Regione Umbria, vediamo che presenta valori migliori della media nazionale per: Omicidi volontari (0,2 per 100.000 abitanti, contro lo 0,55 nazionale); Altri delitti mortali (2,6 per l’Umbria contro 3,1 Italia); Denunce di borseggio (87,8 contro 219,1); Denunce di rapina (19,6 a fronte di 43,5); Mortalità stradale in ambito extraurbano (con il 4,1 per cento dell’Umbria contro il 4,3 nazionale).
L’Umbria sfigura solo nell’indicatore relativo ai furti nelle abitazioni, dove con 303,5 denunce ogni 100.000 abitanti, supera abbondantemente il dato nazionale, pari a 226,7.
Scomponendo il dato regionale nel dettaglio delle due provincie, vediamo che il dato relativo agli omici volontari ed agli altri delitti mortali è sensibilmente superiore nella provincia di Terni rispetto a Perugia (rispettivamente 0,5 e 3,7 a Terni a fronte di 0,2 e 2,2 a Perugia), mentre la mortalità stradale vede Perugia, con il 4,6 per cento, quasi doppiare Terni, ferma al 2,4.
Insomma, non pare che, tanto nel Paese quanto in Umbria, vi sia questo allarme sicurezza.
Eppure, riprendendo l’incipit di questo scritto, il tema della sicurezza viene continuamente ripreso, con un ruolo rilevante nelle recenti campagne elettorali sia comunali che regionale.
Con riferimento al capoluogo di regione, è frequente leggere sulle locandine dei giornali titoli allarmistici riferiti a risse, aggressioni, coltellate, movida violenta.
I punti caldi sono quasi sempre la zona di Fontivegge, intorno alla stazione ferroviaria ed il centro storico, soprattutto nelle notti del fine settimana.
Le zone intorno alle stazioni ferroviarie sono spesso luoghi “poco raccomandabili”, proprio per via della presenza dello scalo ferroviario e dell’andirivieni che suscita. Ma, francamente, questo non parrebbe il caso di una città come Perugia, il cui scalo ferroviario non presenta certo un volume di traffico di grande consistenza.
Le condizioni di degrado sociale che, seppur a volte esagerate, effettivamente caratterizzano quella zona, paiono più dipendere da altre cause, tra le quali sicuramente rientrano gli effetti di scelte urbanistiche, ormai lontane nel tempo, che hanno portato alla edificazione di stabili con una taglia media degli appartamenti piuttosto ridotta. Certamente, tali caratteristiche non favoriscono l’insediamento di nuclei familiari e, quindi, il formarsi di quel tessuto sociale stabile, composto prevalentemente di famiglie, che, presidiando ed animando il territorio, rappresenta il miglior deterrente ai fenomeni di degrado.
Pur se con presupposti e cause diverse, un discorso analogo potrebbe farsi per il centro storico e la sua ricorrente “movida violenta”. Parliamo di una parte della città dove abitavano circa 25.000 persone fino agli anni ’70 e che ha visto ridurre drasticamente i residenti, in particolare nella componente delle famiglie.
Forse quello della “musealizzazione” è un destino ineluttabile per i centri storici, ma è anche vero che non pare di vedere grandi sforzi per incentivare le persone a scegliere di insediarsi in centro storico, luogo bello e suggestivo ma, certamente, non molto comodo, in particolare per le famiglie.
Anche qui, in mancanza di un tessuto sociale basato su famiglie residenti, in un centro storico sempre più deputato a meta turistica e sede di eventi, la “musealizzazione” non sarebbe neanche l’esito peggiore, posto che, come sappiamo, zone del centro storico hanno già conosciuto fenomeni di spopolamento e degrado.
Ecco, forse la sensazione di scarsa sicurezza che molti colgono nelle zone della città or ora citate, se non giustificata da reali e rilevanti fenomeni di criminalità, può essere però compresa alla luce di questi processi di riduzione e trasformazione del tessuto sociale.
Vanno benissimo gli eventi, come pure la movida notturna – se non troppo agitata – ma a patto di avere sempre ben presente che una città viva è innanzitutto una città abitata.