di Fabio Maria Ciuffini
Il 23 di Giugno 2025, in occasione della presentazione dei due quaderni di analisi e proposte su Trasporti e Sanità della Associazione Perlumbria, ho avuto modo di illustrare il mio contributo ad uno dei quaderni. Vi riporto qui il mio intervento per la sola parte relativa al TPL, con l’aggiunta di alcuni dettagli grafici.
Ilaria Buitoni, Gabriella Mecucci,Vittoria Ferdinandi,
Stefania Proietti, Giampiero Rasimelli.
Non vi è dubbio che la sopravvivenza del pianeta — al di là del ritorno immediato a condizioni di pace — è affidata alla costruzione un nuovo modello energetico che ci consenta di vincere la sfida climatica. E, per farlo, ridurre il peso energetico dei trasporti, che oggi vale il 30% del totale. E non solo cambiare segno alla mobilità, ma ridurla in quantità. Muoversi di meno, fare percorsi più corti, usare di più mezzi condivisi e pubblici.
E quindi: svolgere il più possibile attività da remoto, suddividere la città in “zone 15 minuti”, dove in quel lasso di tempo si possa raggiungere a piedi ogni servizio, innovare profondamente il settore del trasporto pubblico, da rendere più attrattivo stando al passo con le più recenti tecnologie, come la guida robotica dei mezzi collettivi. E a questo ultimo proposito non sto parlando del futuro lontano: già oggi taxi ed autobus a guida robotica circolano nel mondo, anche in Italia, anche a Torino
E diciamolo subito, meno auto ad uso individuale, per vivere meglio, con meno congestione ed inquinamento, e non peggio come lamentano le prefiche dell’industria dell’auto, anche facendo leva su legittimi ma infondati timori per l’occupazione.
Soprattutto, meno auto nelle città dove si svolge il 90% degli spostamenti e si produce almeno il 60% della CO2.
Cosa questa che non sa quasi nessuno e che, per questo, si riflette anche sull’uso delle risorse collettive.
Non si spende in città e per la città per le infrastrutture urbane, mentre si spende fuori, per la circolazione extraurbana. Così se una città avesse bisogno assoluto di una galleria – come è stato in passato a Perugia per la galleria Kennedy – non troverà risorse in bilanci comunali sempre più avari, mentre in una superstrada di recente costruzione ci sono gallerie a gogò, spesso anche troppe!
Ma torniamo a noi: è nelle città italiane che si usa soprattutto l’auto perché sui lunghi percorsi già la domanda si orienta oggi sul treno, specie ad AV, e sull’aereo. Dunque ridurre il peso dell’auto ed aumentare quello del mezzo pubblico è un problema eminentemente cittadino! Come applicare queste ricette? Intanto cambiare il diritto alla mobilità motorizzata con il diritto all’accesso ad ogni punto della città.
Per capirci meglio: negli anni ’70, qui a Perugia, fu ridotto il diritto alla mobilità auto in centro pedonalizzandolo, ma le scale mobili vi hanno aumentato l’accesso pedonale più che raddoppiandolo!
Idem per quanto riguarda il Minimetro. Ma poi tutto si è fermato lì. Lo sapete che fra tutte le città europee Perugia oggi è quella in cui la gente cammina di meno e prende di meno i mezzi pubblici? Nel grafico qui riportato si vede come Perugia, tra tante altre città europee, risulta essere quella in cui si usa di meno il trasporto pubblico e si va meno a piedi. Per come il grafico è pensato vedrete che i “reprobi” , in rosso, sono quelli in basso a sinistra dove è minima la preferenza per il pubblico trasporto e, all’altro capo, in alto a destra gli “eletti”.
E Perugia è (o forse era) la città della “mobilità alternativa”!
E non che non ci siano mezzi pubblici! ci sono, ma girano spesso semivuoti. E in Umbria non va meglio!
Serve dunque un vero e proprio cambiamento di paradigma, ma a Perugia e in Umbria siamo tra i più lontani da questo traguardo. Ed ora, in breve, una metodologia di intervento.
Primo. Conoscere a fondo la domanda di mobilità.
quella delle persone, non solo delle auto: per sapere da dove le persone vengono, dove vanno, perché si muovono anche a piedi o in bici, perché non si muovono.
E spendere molto di più per conoscere prima, per spendere di meno dopo ed evitare di sbagliare le scelte del prossimo futuro. Quelle che ci attendono in Umbra e non sono poche!
Poi, partecipazione. Tanta partecipazione e discussione. Ma dando prima completa ed oggettiva informazione di tutte le alternative possibili. Non di una sola! Come è avvenuto invece per il BRT!
E poi sondaggi ben mirati con campioni che coinvolgano tutti. Chi va in auto, chi non ci va e chi resta a casa! Per fare una vera e propria ricerca di mercato .
Ma la partecipazione deve essere previa! A monte di ogni scelta. Non uno stanco rito burocratico a cose fatte!
Infine sperimentare prima di prendere alcuna decisione.
Se a Perugia avessimo sperimentato una normale linea autobus sugli itinerari del BRT, siamo sicuri avremmo poi scelto quegli itinerari? E quel sistema?
E soprattutto che avremmo scelto quelle mostruose dimensioni dei mezzi?
E piuttosto non avremmo deciso di spendere meglio quei soldi? Magari con una nuova linea di Minimetrò? Oppure anticipando il futuro, cioè la guida autonoma dei mezzi pubblici?
Allora sperimentiamo da qualche parte un servizio con piccoli mezzi frequenti e veloci!
Magari anche come “antenne” del Minimetrò, ampliandone il servizio ad un’area più vasta di quella oggi e facendone la spina dorsale della mobilità urbana!
Normali tradizionali minibus, per carità, niente spese pazze.
So benissimo, per esperienza personale, che se in una linea d’autobus invece di un autobus ogni mezzora si mettono tre minibus ogni dieci minuti, certamente più veloci perché più capaci di destreggiarsi nel traffico promiscuo, l’utenza li preferisce, specie quella che ipoteticamente dovrebbe scendere dall’auto. Ma so anche che il costo della guida, cioè il costo più significativo, triplicherà. Dunque ove si facesse subito una sperimentazione con minibus frequenti e veloci in qualche settore cittadino, il costo di questa sperimentazione sarebbe rappresentato solo dal maggior costo della guida. E il giorno in cui avremo autobus a guida robotica il costo della guida sarebbe quasi annullato. E sapremmo concretamente come si comporta la domanda a fronte di un servizio di taxi semicollettivi come quelli simulati a Lisbona e ad Helsinki, di cui si parla nel quaderno.
Perché non provare? Questa sperimentazione anticiperebbe il futuro e ci darebbe una risposta utile non solo a Perugia ma a livello nazionale ed europeo. E, alla fine non è nemmeno detto che l’utenza non triplichi! È in atto, in molte parti del mondo una travelution, fusione tra travel e revolution, neologismo che ben esprime lo spirito del cambiamento. Perugia, che ha saputo essere la prima, non dovrà parteciparvi per non esser l’ultima?
Un’ultima parola: premialità. Chi rinuncia all’auto e prende il mezzo pubblico lascia spazio a chi continua ad usare la strada. Non dovrebbe essere premiato per questo? Ad esempio con un regime di abbonamenti facilitati?
L’Umbria deve dunque aprire una vertenza nazionale su tutta la linea per avere più risorse per il mezzo pubblico, ma anche, se permettete, per portare un contributo di idee. Lo abbiamo fatto dovremmo continuare a farlo! Per esempio sulla mobilità alternativa. Ma, attenzione: siamo stati banco di prova per l’innovazione e ne siamo puniti? Sapete che Regione e Fondo Nazionale trasporti negano finanziamenti al Minimetrò o alla Funicolare di Orvieto? Mentre finanziano, che so io, la metropolitana di Milano al 100%?
E per finire proporre all’industria, piuttosto che vendere mezzi individuali di vendere invece mobilità. In un certo senso tornare a quando, prima dell’automobilizzazione di massa, grandi imprese capitaliste, produssero reti ferroviarie e tranviarie. In concreto oggi significa offrire agli utenti un servizio integrato e digitale che consente di pianificare, prenotare e pagare diversi mezzi di trasporto (pubblici e privati) da un’unica piattaforma.
L’idea è di superare il concetto di possesso di un mezzo di trasporto motorizzato (come l’auto privata) e passare al suo uso flessibile e a domanda, condiviso o no. Certo a pagamento, perché i conti, alla fine, devono tornare. Già oggi alcuni grandi player industriali stanno sviluppando piattaforme MAAS (Mobility as a Service) rivolte a città e governi. Un esempio emblematico: nel febbraio 2019 BMW Group e Daimler AG (oggi Mercedes – Benz Group) hanno unito le forze in una joint venture chiamata YOUR NOW, con un investimento iniziale di oltre un miliardo di euro.
Servizi di questo tipo introducono nell’uso quindi un altro termine con cui dovremo prendere confidenza ed è condivisione, passare cioè dalla proprietà al solo uso condiviso di veicoli. Nel mondo della mobilità contemporanea, i concetti di ride sharing e car sharing (due termini inglesi per due forme diverse di condivisione) si basano entrambi sull’idea di condivisione di un veicolo, un minibus o un’auto, ma con modalità diverse. Il ride sharing, o condivisione di viaggio, è una pratica in cui più persone percorrono insieme lo stesso tragitto a bordo dello stesso mezzo. Chi partecipa a un viaggio condiviso può contribuire ai costi in modo equo. E potrà farlo attraverso piattaforme digitali. C’è poi il Car sharing: ovvero la condivisione del veicolo nel tempo. In questo modello, una stessa auto è utilizzata da più persone, ma non contemporaneamente. Ogni utente prenota il veicolo solo per il tempo necessario, generalmente tramite un’app. Vi sono due modelli principali. Il Free-floating con cui si può prelevare e lasciare l’auto in qualsiasi punto della città. Lo Station-based in cui l’auto va presa e restituita in stazioni dedicate.
Inutile dire che la guida autonoma, con la quale un’auto potrà arrivare da sola a casa tua e che dopo il viaggio se ne andrà a servire un altro utente o a parcheggiare da sola, se ampiamente diffusa a livello urbano privilegerà il Free-floating rendendo inutile il possesso di un’auto, o almeno della seconda auto di famiglia. Ed ho citato non a caso la Germania: il paese europeo che più di ogni altro ha fin qui puntato sull’industria automobilistica e sulla sua esportazione. Per questo mi è sempre apparsa miope la scelta dell’Unione Europea di scommettere tutto sull’elettrificazione dell’automobile, senza metterne in discussione la predominanza. Il vero salto sarebbe stato affiancare a quella strategia di elettrificazione una visione MAAS, fondata sulla riduzione della dipendenza individuale dal mezzo privato. Anche in questo caso non potremmo cominciare a Perugia e in Umbria?
A sentire la risposta di Vittoria Ferdinandi sembrebbe proprio di sì! E ci fa sperare che saremo al più presto operativi!