di Porzia Corradi
Il Pd ha preso il 31 per cento dei voti alle regionali umbre, ma ha creduto – grazie a questo indubitabile successo – di essere diventato il dominus assoluto della politica umbra. Di poter decidere non solo il numero degli assessorati che avrebbe preso (2 più la presidenza del Consiglio) e i nomi dei suoi membri nell’esecutivo, ma anche – una per una – le deleghe da assegnare a ciascuno di loro. Una proterva ubriacatura che ha trovato però sulla sua strada una personalità garbata ma tosta come Stefania Proietti.
Tommaso Bori voleva disporre tutte le pedine a suo piacimento: a lui andava la Sanità, a Simona Meloni l’Agricoltura e il turismo – cioè in due si prendevano più del 90 per cento del bilancio regionale – e per gli altri rimanevano solo pochi spiccioli. Francesco De Rebotti inoltre sarebbe diventato Presidente del Consiglio. Insomma il Pd avrebbe fatto una sorta di en plein con l’aiuto di una campagna stampa martellante che ha sempre dato per certo questo organigramma, fatta eccezione per Passaggi Magazine che, pur non sottovalutando la forza dei democratici, ha puntualmente raccontato i tanti no che riceveva un tale organigramma. E il no più importante alla fine è venuto da Stefania Proietti che ha deciso di non recitare il ruolo di bella statuina, dopo essere stata la protagonista del successo del centrosinistra, e ha riaperto le trattative chiedendo per sé la delega alla Sanità. La Presidente ha così esercitato i propri poteri (scelta della giunta e assegnazione delle deleghe) a vantaggio prima di tutto della correttezza istituzionale. Ha rispettato poi le promesse più importanti fatte durante la campagna elettorale: a partire dall’autonomia dai partiti, sino al superamento delle logiche spartitorie in nome della competenza. Un cambiamento radicale nello stile di governo e nelle modalità di scelta della classe dirigente. Tesei al contrario non era riuscita nemmeno rimuovere un assessore disastroso come Luca Coletto.
Visto il cattivo esempio del Pd, anche i Cinquestelle hanno sperato di poterlo imitare e pure loro avevano bello che scelto nome e deleghe del loro assessore. Che le forze politiche provino a fare il buono e il cattivo tempo é deplorevole, ma che l’informazione, tranne rare eccezioni, non gli ricordasse quali sono i limiti istituzionali, lo è forse ancora di più. Per fortuna.
La giostra della giunta pronta e sfornata, se non fosse stato per Avs che non sapeva sciogliere l’amletico dubbio fra Barcaioli e Santi, è durata una quindicina di giorni. Sino a quando non ha battuto un colpo Proietti che ha detto forte e chiaro il suo no. Ha affermato che la delega alla Sanità l’avrebbe tenuta lei e che De Luca all’Ambiente era materia di discussione visti i mugugni che aveva provocato la sua candidatura. Ha esercitato cioè i propri poteri e lo ha fatto per la verità nel modo più soft. Prendere più del 30 per cento dei voti infatti non autorizza a fare il buono e il cattivo tempo. Basti pensare che al segretario regionale dell’Emilia Romagna, che ha conquistato per il Pd la maggioranza assoluta in Consiglio regionale, è stato negato da un Presidente del suo partito l’assessorato alla Sanità.
Chi ha dato una mano a Proietti per resistere all’ondata di ostentata protervia da cui è stata investita? Prima di tutto il suo carattere. Poi la sua lista che compattamente le ha chiesto di applicare il primo punto del suo programma: cambiare il metodo di selezione della classe dirigente. E che si è dichiarata disposta a non rivendicare un proprio assessore se lei avesse preso la delega della Sanità. Anche all’interno del Pd c’è stato chi non ha taciuto le proprie critiche verso il segretario regionale, ma anche tanti, troppi imbarazzati silenzi. E, infine, di grande rilevanza sono state le critiche della società civile, a partire da quelle del mondo medico e sanitario.
Adesso, finiti gli schiamazzi del coro dei “non si può negare a Bori la Sanità”, si dovrà passare ad un serio confronto e alla decisione finale che dovrebbe arrivare fra lunedì e martedì. Per giovedì è stato infatti convocato il Consiglio regionale.
Passiamo dunque alle possibili scelte, senza però dispensare certezze ancora non acquisite. E’ probabile – ma non sicuro al cento per cento – che Tommaso Bori non prenda la Sanità. In questo caso per lui si aprono tre strade: un altro assessorato che contenga deleghe importanti, la Presidenza del Consiglio regionale oppure il rifiuto sdegnoso di tutto. In futuro Schlein potrebbe aprirgli la strada di Roma con una candidatura al Parlamento. Se la Sanità resta nelle mani di Proietti dovrà appoggiarsi su un supertecnico col ruolo di direttore generale. Circola più di un nome. Due sono quelli romani: Danilla Donetti, attuale direttore dell’ospedale Sant’Andrea, e Angelo Tanese, ex direttore della Asl numero 1 della capitale. Due umbri: Gigliola Rossignoli, che però resiste alla proposta, e Maurizio Del Pinto.
A stretto giro arrivano gli altri assessorati. Ci sarà sicuramente Simona Meloni, ma le sue deleghe dipendono dalle scelte di Bori. Dovrebbero passare Santi per Avs e Thomas De Luca per i pentastellati, ma probabilmente non con la delega all’Ambiente. Infine, se ci sarà la poltrona in giunta per Umbria Domani, i nomi in corsa sono quelli di Bianca Maria Tagliaferri e Luca Ferrucci. Presto la soluzione del rebus.