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Di G. Rasimelli / Il libro

Il 24 novembre alle 17 nella Sala d’Onore di Palazzo Donini verrà presentato il libro “L’ultima domenica del Pci” di Walter Dondi. Interverranno: Claudio Petruccioli, Catiuscia Marini, Wladimiro Boccali e Grabriella Mecucci.

di Giampiero Rasimelli

Un piccolo libro può essere molto importante. E’ il caso del lavoro di Walter Dondi “L’ultima domenica del PCI”, edito da Biblioteka, che narra le vicende della giornata in cui Achille Occhetto alla Bolognina (12 novembre 1989) annunciò che si sarebbe avviato il percorso che portò al cambio del nome del PCI, il Partito Comunista Italiano. Alla domanda di Walter Dondi “il PCI cambierà nome?” la risposta di Occhetto fu “tutto è possibile” e quelle tre semplici parole terremotarono in un attimo una parte enorme della storia e della vita italiana.  

Si tratta di un libro importante perché dà conto di cosa realmente accadde in quelle ore concitate di cui tanto si è scritto. Dondi era il giornalista della redazione di Bologna de L’Unità che si occupava di politica e fu lui a vivere in prima persona quella vicenda che oggi ricostruisce, con precisione e non senza una certa destrezza giallistica. Fatti che sono stati per lunghi anni al centro di tante illazioni, fallaci dichiarazioni e interpretazioni di varia natura. Con la sua testimonianza diretta Dondi ricostruisce lo scoop giornalistico de L’Unità, giornale del Pci, a fronte di una notizia storica “bucata” dalle maggiori testate italiane. L’Unità è stata la storia del PCI, testimone e attore della lotta antifascista, della Resistenza, della Repubblica, della Costituzione, delle lotte democratiche e della vita culturale italiana più raffinata e popolare, protagonista dello strappo con l’invasione di Praga da parte delle truppe del Patto di Varsavia e poi dello strappo di Berlinguer col PCUS e L’Unione Sovietica. L’Unità è stata protagonista dell’Italia del 900 ed è stata una delle più importanti scuole di giornalismo. Il fatto che con quel “tutto è possibile” dette, anche se in modo non diretto, prima di tutti la notizia del cambio del nome del Pci e quindi della prospettiva del suo scioglimento, la dice lunga sulla caratura di quel giornalismo e sulla sua autonomia di giudizio. Dal partito infatti non partì un’indicazione netta. Anzi, il contrario. Tanto è vero che tutti gli altri quotidiani, agenzie e telegiornali non la compresero e non la dettero.

 Da lì si aprì un lungo percorso, un grande dibattito che attraversò ogni angolo d’Italia coinvolgendo milioni di persone e centinaia di migliaia di militanti, per approdare due anni più tardi (gennaio/febbraio 1991), a Rimini, alla fondazione del PDS, Partito Democratico della Sinistra. L’Unità è sopravvissuta al PCI e ha accompagnato i suoi eredi politici PDS, DS e PD fino alla data della sua triste chiusura per fallimento nel 2014, quello che ancora oggi ritengo un grave errore della sinistra italiana e soprattutto del suo maggior partito negli anni 2000. Con L’Unità è scomparsa una parte preziosa del dibattito culturale e politico italiano, a sinistra e non solo. Sono certo che, se fosse sopravvissuta ancora, avrebbe saputo aprirsi alle grandi trasformazioni che abbiamo vissuto e stiamo vivendo, alla ricerca critica verso una moderna e più avanzata cultura democratica e progressista.

Ma torniamo al libro di Dondi, alla sua importanza. Dondi con stringatezza e chiarezza ricostruisce il quadro storico internazionale in cui si produssero quell’evento e quelle scelte. Il 9 novembre ‘89 era caduto il muro di Berlino, centinaia di migliaia di persone avevano superato e in parte distrutto quel simbolo di separazione che aveva diviso la città, la Germania e il mondo intero. Quell’esplosione di libertà aveva messo definitivamente a nudo il fallimento del blocco sovietico e dei regimi del socialismo reale. Gorbaciov aveva impresso una spinta irrefrenabile al ripensamento del socialismo sovietico. Un fatto che finì per disintegrare l’URSS nel dicembre del 1991 e causò l’estromissione dello stesso Gorbaciov dalla costruzione di quella Russia che poi trovò in Putin una nuova dimensione nazionalistica ed imperiale con la quale oggi facciamo ancora i conti. A tre giorni da quell’evento epocale Achille Occhetto ebbe il coraggio di rivolgersi ai veterani della lotta partigiana e antifascista della Bolognina dicendogli “dobbiamo inventare strade nuove” se vogliamo che i valori del socialismo e della libertà sopravvivano e si affermino nella nostra società. Quella libertà seminata dalla lotta antifascista che aveva dato origine e radici alla Repubblica e alla Costituzione, reclamava una svolta storica del socialismo proprio in direzione, senza indugi, della libertà. Quel “valore universale della democrazia” reclamato da Enrico Berlinguer nel 1976 davanti al Congresso del PCUS (25°) a Mosca chiedeva di essere affermato di fronte a tutto e di fronte alla storia. Così i Comunisti Italiani decisero di cominciare un percorso che portasse ad un nuovo incontro di tutte le forze democratiche e progressiste italiane fuori da ogni vincolo con la storia del comunismo sovietico. Ecco il senso della vicenda che si consumò in poche ore alla Bolognina e di cui fu testimone Walter Dondi.

Alla fine del libro l’autore inserisce due appendici. Una è una bella intervista ad Achille Occhetto che dà conto oggi di quelle giornate vissute oltre 30 anni fa, della fatica di chi ha proposto e compiuto quelle scelte storiche, del travaglio culturale e politico che tutto ciò comportò nel gruppo dirigente del PCI e nella società italiana. L’altra è la riproposizione di un editoriale di Michele Serra comparso su L’Unità del 16 novembre 89 “Compagni credetemi è giusto così” che racconta di quella che sarebbe stata l’emozione, l’umanità e la dimensione popolare di quel grande dibattito democratico cui diede luogo il cambiamento del nome del PCI in ogni angolo del paese. Un’energia straordinaria di cui oggi la società italiana avrebbe bisogno più che mai.