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di Fabio Maria Ciuffini

Il negato visto di legittimità al progetto sul Ponte dello Stretto di Messina è solo l’ultimo episodio di più di mezzo secolo di scontri di opinione e di accesi dibattiti.  Ma al di là delle polemiche, c’è un tratto distintivo da sottolineare. Sarebbe il ponte sospeso con la campata centrale (main span) più lunga del pianeta, più di tre chilometri ( 3.300 metri). E la ricerca del record è – a mio avviso – una delle leve segrete delle ambizioni progettuali di chi l’ha concepito. Ce lo diceva già l’ing. Salini, il principale sponsor del Ponte allora negli anni ‘70,  a noi Deputati. 

Parlando di record, va detto però che quello della massima lunghezza della campata centrale è destinato ad essere al sicuro per parecchio. Il ponte sospeso con la campata più lunga del mondo è oggi il ponte Çanakkale in Turchia, sui Dardanelli, aperto al traffico nel 2022, con una campata centrale di soli  2.023 metri. 

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Quello di Messina sarebbe una volta e mezzo più lungo. 

E soprattutto quel ponte in Turchia è solo stradale, mentre quello di Messina è anche ferroviario. E il passaggio di un treno induce sollecitazioni ben più alte di quelle indotte da una strada. Ed è una delle difficoltà progettuali più serie da affrontare.

Tanto per non sbagliare sempre in tema di record: ci saranno progetti cinesi con campate centrali più lunghe? Ma anche se i cinesi amano sorprendere il mondo, non ci sono dati certi e  comunque sarebbero probabilmente molto di là da venire.

Quello che è certo invece è che la sfida dell’attraversamento dello Stretto di Messina è certamente la più ardua al mondo. Non solo per la lunghezza, ma per la profondità dei fondali (fino a 1000 metri nel punto più profondo), poi per la presenza di  correnti sottomarine violentissime ed una forza del vento superiore a quella di qualunque ponte esistente (raffiche fino a 150 km/h).  Ed inoltre va tenuto in conto il rischio sismico altissimo, tra i più alti in Europa. 

Vale dunque la pena a questo punto di dare un identikit del Ponte nella sua ultima versione, tanto per capire di cosa si sta parlando.

La gigantesca opera prevede una vera e propria autostrada a sei corsie sospesa sul mare a oltre settanta metri d’altezza, con un doppio binario ferroviario centrale e una larghezza di ben 60 (sessanta!) metri. Le due torri su cui fanno capo i quattro cavi di sospensione – dal diametro di oltre un metro (1,26) – sarebbero alte quasi quattrocento metri (399).  Fantastico no?

Eppure secondo molti  sarebbe un inutile ecomostro. Un capolavoro d’ingegneria secondo altri. 

Una contrapposizione che non è solo di oggi. E in attesa delle motivazioni della deliberazione della Corte dei Conti, converrà ripercorrere la storia infinita dell’attraversamento stabile del Ponte sullo Stretto di Messina per ricordare che i tanti stop and go subiti dal progetto ruotano da sempre attorno a due interrogativi: il se farlo e il come farlo. 

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La panoplia più ampia di soluzioni sul come farlo è ancora quella del Concorso internazionale del 1969.   Ben 143 progetti presentati, sei primi premi ex aequo. Per quali tipologie? 

La prima, con un ponte aereo sospeso a campata unica di 3.100 metri con due torri da 380 metri. È la tipologia di attraversamento che ha fatto più strada, fino al progetto definitivo del 2011 (governo Berlusconi) e a quello più recente che da esso deriva. Poi quattro soluzioni sempre aeree, ma con più campate: tre, quattro e persino cinque, dunque con torri entro lo Stretto. Infine la sesta, a mio avviso la più ingegnosa: un tunnel galleggiante a mezz’acqua (subalveo) con tiranti ancorati sul fondo, il cosiddetto ponte di Archimede. 

Credo sia giusto sapere anche come la penso io. 

Bene, ritengo che l’attraversamento stabile dello Stretto sia un’opera utile e forse necessaria. E in una fase della mia vita da Deputato sono riuscito ad  impedire che non se ne parlasse più.  Quanto al “come”, ho sempre preferito il ponte sommerso: il Ponte di Archimede, a minimo impatto visivo. Per onestà intellettuale debbo dirvi che fui coinvolto nella progettazione di quel Ponte che fu interrotta nel 2003 da un Ukase di Prodi, allora Presidente dell’IRI, e dunque il mio giudizio potrebbe non essere del tutto oggettivo. 

Ed inoltre debbo dirvi che la soluzione a campata unica è certamente la più “elegante”, se mi si passa questo termine. 

In ogni caso gli interrogativi del “se farlo” corrispondono sempre a cambi di governo e di visione politica. Per ben sei volte (1971, 1979, 1992, 2006, 2013, 2023), a cominciare dal governo Rumor per finire con il governo Meloni. E quelli sul “come farlo” coincidono con progetti, gare o scelte tecnologiche (1969, anni ’80, 2003, 2011, 2020). E ogni volta che il “se” è sembrato risolto, il “come” lo ha riaperto — e viceversa.  Fino al colpo di scena di pochi giorni fa che si sofferma su aspetti normativi e non tecnici. 

Per quel che se ne sa, è l’importo dei lavori, (13,5 miliardi di euro) superiore ad una volta e mezzo a quello del 2011, che – sulla base della normativa europea – avrebbe richiesto una nuova gara. 

Eppure, a mio avviso, gli aspetti tecnici ci rientrano e come. Cosa è cambiato – dal punto di vista tecnico e tecnologico – dal 2011 ad oggi, tale da richiedere una profonda revisione del progetto?  

E’ cambiato quasi tutto. 

Le normative. Sono cambiate le normative europee che impongono un aggiornamento ancora più profondo su ambiente, sismicità, sicurezza e sostenibilità dei materiali. 

Il grado di rischio sismico prevedibile. È cambiato il contesto geologico e sismico: le nuove carte dell’INGV (Istituto Nazionale di geofisica e Vulcanologia) hanno ridefinito il grado di rischio dell’area dello Stretto. Dunque torri, ancoraggi e fondazioni si sarebbero dovuti ricalcolare o comunque verificare.

È cambiato – in tutto il mondo – il contesto climatico. Nello Stretto di Messina i nuovi scenari climatici, elaborati da ISPRA e CNR, prevedono un incremento medio del 10–20% nella velocità massima delle raffiche entro la metà del secolo.

Il “franco” sul mare. Le navi moderne sono sempre più alte. 

Le nuove generazioni di navi container superano i 75 metri di altezza. E il progetto del 2011 prevedeva un “franco” di solo 70 metri. Mancherebbero già cinque metri e non è detto che non saranno in futuro ancora di più.

Si potrebbe obiettare però che il progetto di oggi è stato aggiornato rispetto a quello del 2011 per tener conto di queste mutate condizioni e, anche se questo è tutto da verificare, ciò potrebbe non  richiedere una nuova gara con un cambio del contraente. 

Va però tenuto conto che anche la tecnologia dei ponti sospesi è profondamente cambiata nei 14 anni dal 2011 ad oggi. 

Dal modo di simulare le condizioni di carico a quella dei cavi di sospensione, al modo di affrontare ed attenuare le sollecitazioni orizzontali.  

Non sto a tediarvi con eccessivi particolari tecnici che richiederebbero un altro articolo, ma ciò significa che se una nuova gara fosse stata fatta o si facesse,  un contraente diverso dall’attuale avrebbe potuto o ancora potrebbe dimostrarsi più capace di affrontare la sfida dell’attraversamento stabile del Ponte sullo stretto. Un controllo che forse andava fatto. Lo chiedeva un documento del Ministero, consegnato nel luglio del 2021, ai tempi del Governo Conte II (in proposito richiamo un mio articolo su Passaggi Magazine di quel periodo) aveva riaperto la questione del “come” fare il Ponte. 

Aveva fatto un’analisi accurata della domanda ed in sintesi aveva concluso che: 

  • sussistano profonde motivazioni per realizzare un sistema di attraversamento stabile dello Stretto.
  • sia utile fare un progetto di fattibilità limitando il confronto ai due sistemi di attraversamento con ponte a campata unica e ponte a più campate.

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E concludeva : “Il sistema del Ponte a più campate consentirebbe di localizzare il collegamento in posizione più prossima ai centri abitati di Messina e Reggio Calabria con conseguente minore estensione dei raccordi multimodali, un minore impatto visivo, una minore sensibilità agli effetti del vento, costi presumibilmente inferiori e maggiore distanza dalle aree naturalistiche pregiate.”

Questo era lo stato degli atti ministeriali a tutto il 2022. 

Dunque cosa avrà fulminato allora il neo ministro Salvini sulla via dello stretto? Lo stesso Salvini che in un’ intervista del 28 Settembre del 2016 a La 7 (programma L’Aria che Tira, condotto da Myrta Merlino) affermava.  «Ci sono parecchi ingegneri che dicono che non sta in piedi: non vorrei spendere qualche miliardo di euro per un ponte in mezzo al mare quando in Sicilia e Calabria ci sono ancora ferrovie a binario unico e treni a gasolio». 

E quelle conclusioni Ministeriali del 2021 indicavano appunto un percorso progettuale che avrebbe garantito maggiori probabilità di “tenere in piedi” il Ponte, a costi probabilmente minori, con un impatto visivo minore e garantendo un efficace collegamento tra le due città dell’Area dello Stretto. Perché allora non si è dato corso a queste conclusioni? Tanto per stare sul sicuro? Già, chissà! 

E adesso staremo a vedere cosa succederà dopo l’ennesimo stop al progetto. E, forse, ne parleremo ancora.