di Walter Patalocco
Quando gli chiedono lumi sul futuro candidato sindaco alle prossime amministrative ternane, Franco Zaffini, numero uno regionale di Fratelli d’Italia risponde da furbacchione: nebulizza. E tira fuori dal cilindro qualche nome pescato nel suo partito, accenna alla possibilità di una riconferma di Latini se si verificheranno certe condizioni, aggiunge che c’è poi sempre qualche papabile proveniente dalla società civile. E grazie! Sembra la risposta di uno cui si chiede il pronostico su una partita di calcio del giorno dopo: si va in campo per vincere, se non si può allora ci contenteremo di un pareggio e poi, alla fine, se è proprio inevitabile… perderemo!
Perché il toto-candidato-sindaco a Terni è particolarmente praticato e considerato un momento chiave per misurare, verificare gli equilibri dentro un centrodestra (ma vogliamo chiamarla destra tout court?) in fibrillazione, ma pronosticato largamente vincente. Così Zaffini fa i nomi di Orlando Masselli, assessore al bilancio che studia da sindaco ormai da un paio di anni in qua, e di Marco Cecconi che nella giunta Latini c’era ma fu giubilato al primo rimpasto per motivi mai portati alla luce del sole, ma comunque legati ad “equilibri interni”. Quanto debbono essere cambiati, da allora, questi equilibri per proporre una candidatura Cecconi? A meno che non sia stato ritirato dal logorio della vita di giunta per farlo partire con la rincorsa verso un più prestigioso incarico.
La riconferma di Latini sarebbe dettata dalla necessità di non disconoscere l’azione portata avanti dalla sua amministrazione in cui, Fratelli d’Italia, ha giocato e gioca un ruolo pesante. Certo, la Lega di cui Latini è portacolori sta in forte ribasso, probabilmente a causa di un ritorno ai lidi “natii” dell’elettorato così come dimostrerebbero i risultati delle politiche del settembre scorso: a Terni, alla Camera dei Deputati, Fratelli d’Italia 30%, Lega circa 8%. In sostanza, però, la riconferma appare legata strettamente ad un “accordo quadro” regionale, con una serie di caselle da riempire – sempre calcolando la destra di ottenere il massimo dei consensi – in modo acconcio e tenendo a portata di mano il bilancino dell’orefice.
Società civile, dice Zaffini. Un paio di nomi, aggiunge misterioso. Da individuare, per chi è affamato di anticipazioni. Ci vogliamo provare? Eccone uno: Luigi Carlini, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Terni, professionista di lungo corso, professore universitario, vasta esperienza nel mondo della finanza. Che qualche mira politica ce l‘abbia, il professor Carlini, non è un segreto e d’altra parte va anche notata, da parte della Fondazione Carit, una particolare attenzione alle esigenze di supporto economico per numerose iniziative cittadine. Un’attenzione che in passato era molto più contenuta, tanto per dire. Per il resto c’è poco da sfrugugliare.
Nella destra ternana c’è da tener conto di altri due fattori, però. Il primo è la corsa affannosa a cercare un posto da parte dei consiglieri comunali che hanno “intruppato” notevolmente i gruppi di destra coi loro passaggi e cambi di casacca. Qualcuno più furbo ha aspettato quasi la fine del mandato per cercare una sedia spiccia, qualcun altro lo ha fatto invece alla prima manche della partita che si apriva con la destra al governo cittadino e adesso non arriva al gomito per morderselo. In sostanza: per qualcuno si mette male.
Il secondo fattore è la mina vagante Stefano Bandecchi. A regola di bazzica si potrebbe dire, anzi, che attualmente è lui l’unico già candidato: non formalmente, perché il tempo delle firme ufficiali non è ancora arrivato. Dove si collocherà Bandecchi? A destra, come corrente di pensiero. Lo dice lui stesso. Ma farà parte della coalizione o ne sarà fuori? Nonostante qualche occhiolino strizzato dai soliti vecchi marpioni abituati a non chiudere definitivamente alcuna porta, non pare l’aria di un’accoglienza a braccia aperte.
E dall’altra parte? A sinistra che succede? Il Pd è partito da un programma-canovaccio su cui ha invitato a fornire contributi le altre forze della sinistra, alla ricerca di un’alleanza larga che trovasse cemento sulle cose da fare e solo dopo un accordo avesse espresso un candidato deciso tutti insieme. Un Pd, quello ternano, che si trova alla vigilia dell’appuntamento elettorale per il Comune in una situazione piuttosto delicata e difficile: alle prese con un rinnovamento interno che qualcuno vorrebbe radicale, con il congresso, con i rimbombi del Qatargate… E allora queste alleanze? Il Movimento Cinque Stelle, pare deciso a scendere nell’agone per proprio conto (candiderebbe sindaco il consigliere Claudio Fiorelli) così come fece nel 2018 quando si presentò alla piazza come una delle forze che in consiglio avevano perseguito con tenacia la caduta dell’amministrazione di centrosinistra. Le condizioni politiche di fondo non sono le stesse, ma la stessa pare la determinazione ad andare a contarsi. Il “terzo polo” sta organizzandosi e si presenta come interlocutore concreto per un’alleanza che non comprenda – assolutamente – l’M5S; i “cespugli” si agitano e mentalmente convinti di essere elefantiaci, discutono. Sembrerebbe tutto un po’ in alto mare, ma il tempo comincia a stringere. Senza contare poi, che la mina vagante Bandecchi interessa da vicino anche la sinistra. Perché se il partito dello stesso Bandecchi (Alleanza Popolare) non entrerà nella coalizione di destra, eventuali eletti andrebbero a sedere sui banchi dell’opposizione, con un centrosinistra che si troverebbe sempre più ristretto in una nicchia, poco più di uno strapuntino da contendersi coi pentastellati.