di Guido Perosino
L’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti d’America è stata molto più di un ritorno alla ribalta per l’ex presidente: rappresenta un chiaro segnale di cambiamento negli equilibri di potere globale. La vittoria di Trump, sostenuta e influenzata in modo decisivo da un altro protagonista del nostro tempo, Elon Musk, segna il consolidamento di un nuovo ordine mondiale. Un ordine in cui la tradizionale democrazia novecentesca, con i suoi meccanismi di rappresentanza e il suo equilibrio tra poteri, appare ormai superata da una forma di oligarchia tecno-capitalistica, in cui il potere è detenuto da un’élite composta da pochi, influenti e ricchissimi imprenditori della tecnologia.
Le elezioni hanno visto Trump riemergere come figura dominante sulla scena politica americana, riuscendo a capitalizzare non solo sul malcontento sociale e sull’incertezza economica, ma anche su una nuova visione del potere che ha trovato il suo alleato perfetto in Elon Musk. Musk, CEO di Tesla, SpaceX e fondatore di varie altre iniziative tecnologiche, rappresenta una delle figure più influenti e controverse dell’ultimo decennio. Negli anni, Musk ha saputo costruire una rete di interessi e di alleanze che lo hanno trasformato in un vero e proprio simbolo dell’economia digitale e spaziale.
Non è un segreto che Musk, noto per le sue idee libertarie e per la sua propensione ad aggirare le regole, sia un sostenitore di Trump e di una visione politica che promuove una minore regolamentazione e una maggiore autonomia per il settore privato. Durante la campagna elettorale, Musk ha usato i suoi canali social, con milioni di follower, per dare visibilità a Trump e alle sue idee, fornendogli un supporto indiretto ma influente. Alcuni analisti hanno sottolineato come Musk sia stato una sorta di “megafono tecnologico” per Trump, amplificando il messaggio del candidato e attirando il sostegno di coloro che vedono nella tecnologia e nell’innovazione una risposta ai problemi economici e sociali del paese.
Questo successo elettorale può essere interpretato come il risultato di una fusione tra il capitale tradizionale – rappresentato da Trump, imprenditore e magnate immobiliare, simbolo di un capitalismo dallo stile vecchio stampo – e il nuovo capitale tecnologico, incarnato da Musk e dai suoi colleghi della Silicon Valley. Questa alleanza non è casuale: con l’espansione di settori come l’intelligenza artificiale, l’industria aerospaziale privata, la robotica e le reti satellitari, il capitale tecnologico è oggi uno dei principali motori dell’economia mondiale.
Musk, in particolare, con la sua ambizione di colonizzare Marte e creare una rete di internet globale con Starlink, incarna una visione del futuro in cui il potere non è più limitato dai confini nazionali. Questo nuovo ordine globale è guidato da aziende transnazionali che operano in spazi virtuali e fisici, influenzando la politica e le decisioni strategiche dei governi. L’elezione di Trump, quindi, non rappresenta solo il ritorno di un ex presidente, ma segna l’inizio di una nuova era in cui la politica e l’economia si fondono in un sistema unico e apparentemente indissolubile.
Uno dei segnali più preoccupanti di questa nuova era è la crescente tolleranza dell’elettorato verso l’assenza di etica nella politica. Gli elettori, oggi, sembrano disposti a chiudere un occhio su potenziali conflitti di interessi se in cambio ottengono promesse di stabilità economica e di miglioramento delle proprie condizioni di vita. Trump ha rappresentato per molti l’incarnazione di un leader capace di “fare affari”, qualcuno che può “risollevare l’America” con la sua esperienza nel mondo degli affari, indipendentemente dalle sue controversie legali e dai suoi precedenti conflitti d’interesse.
Questo atteggiamento, seppur criticato da molti, è stato interiorizzato dall’elettorato statunitense, che vede in Trump un leader in grado di stabilire ordine e prosperità. Inoltre, l’influenza di Musk ha contribuito a diffondere un’idea di capitalismo e di successo in cui la trasparenza e l’etica sono secondarie rispetto alla capacità di innovare e creare valore. Musk, con la sua visione “dal basso verso l’alto” e il suo disprezzo per le istituzioni regolatorie, ha creato un’immagine dell’imprenditore moderno come figura quasi eroica, pronta a infrangere le regole per costruire un futuro migliore.
L’accettazione del conflitto di interessi non è un fenomeno nuovo: in Italia, l’era Berlusconi è stata segnata da un atteggiamento simile, con il magnate dei media che riuscì a conquistare il consenso popolare nonostante i suoi interessi privati fossero palesemente legati alle sue cariche pubbliche. Berlusconi, grazie alla sua abilità comunicativa e al suo controllo su gran parte dei media italiani, creò una sorta di “democrazia personalizzata”, in cui la sua figura di imprenditore era vista come una garanzia di competenza ed efficienza.
Trump, con la sua presenza sui social media e il suo approccio diretto, ha adattato questo modello al contesto americano, portandolo all’estremo. L’alleanza con Musk rappresenta un ulteriore passo in avanti in questa direzione: se Berlusconi si affidava ai media tradizionali, Trump e Musk operano in un ambiente digitale, dove le notizie circolano in tempo reale e possono raggiungere milioni di persone in pochi minuti. In questo contesto, la verità e la trasparenza diventano concetti fluidi, manipolabili a seconda delle esigenze dei protagonisti.
L’elezione di Trump, con il supporto di Musk, sembra indicare una tendenza verso un modello di governance in cui la democrazia rappresentativa è sostituita da una forma di oligarchia tecno-capitalista, in cui pochi individui – miliardari, imprenditori e leader tecnologici – detengono il potere decisionale. Questo nuovo sistema non si basa sulla rappresentanza popolare, ma sulla capacità di questi leader di influenzare l’opinione pubblica attraverso l’uso strategico della tecnologia.
In questo contesto, il potere politico diventa un’estensione del potere economico, e le decisioni governative sono orientate non tanto verso il bene comune, ma verso l’espansione del capitale e dell’innovazione. Musk, con la sua visione di un mondo interconnesso e di un futuro in cui l’uomo colonizza altri pianeti, rappresenta il nuovo paradigma del leader globale. Trump, d’altro canto, incarna il leader che dà voce a coloro che si sentono abbandonati dal sistema, offrendo loro una visione di grandezza e di sicurezza economica, ma anche di protezione stante le numerose applicazioni delle tecnologie digitali, satellitari e missilistiche all’economia di guerra e di difesa. Quest’ultimo aspetto rende l’America, e questa oligarchia, temuta anche dalle altre potenze mondiali poiché in molti casi necessaria anche alle loro politiche espansionistiche regionali o di difesa; vedi le ipotesi nate recentemente circa l’uso di Starlink nell’ambito della guerra Russo-Ucraina così come la presenza dei sistemi di connessione di Musk recentemente attivata in molti paesi africani.
L’elezione di Trump, sostenuta da Musk e dai giganti tecnologici, segna quindi una svolta epocale nella storia della politica americana e mondiale. Il sistema democratico, come lo conosciamo, sembra vacillare di fronte all’ascesa di una nuova élite economica e tecnologica che detiene il potere non attraverso il consenso popolare, ma attraverso il controllo delle risorse e delle innovazioni.
Questo nuovo ordine mondiale, caratterizzato da una “continuità delle differenze” – in cui le disuguaglianze economiche e sociali non sono viste come un problema, ma come una caratteristica essenziale per mantenere l’efficienza – pone domande inquietanti sul futuro della democrazia. I prossimi decenni potrebbero vedere un ulteriore consolidamento di questo sistema, portando con sé sfide profonde per coloro che credono nei valori di uguaglianza, giustizia e trasparenza.