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di Porzia Corradi

Finite le due tornate elettorali amministrative, è tempo di bilanci. Tanti gli sconfitti, mentre fra i vincitori si delinea un abbozzo di nuova classe dirigente del centrosinistra con due laeder: Stefania Proietti e Vittoria Ferdinandi

Ha perso pesantemente il centrodestra che è andato ben aldisotto delle previsioni. Ma chi sono all’interno di questo schieramento le persone che hanno raggiunto il vertice dell’insuccesso? E quando e come hanno maturato la loro sconfitta?.

Al primo posto c’è Donatella Tesei, la pupilla di Salvini che ha imposto la sua ricandidatura. La Presidente uscente, all’inizio ha dato l’impressione di avere più di una chance per spuntarla, ma più passava il tempo e più si aveva l’impressione che sarebbe stata sconfitta anche se di poco. Ha preso invece una pesante sberla: Stefania Proietti l’ha sopravanzata di ben 5 punti. La sua debacle è cominciata a maturare quando non ha fatto il famoso “rimpasto”, togliendo la Sanità a Luca Coletto. Se in quel momento fosse riuscita a rafforzare l’alleanza con Fratelli d’Italia e a praticare un’iniezione di efficienza amministrativa, forse ce l’avrebbe fatta. La sua soggezione verso Salvini glielo ha però impedito . In molti sostengono che se fossero stati candidati alla presidenza o Andrea Romizi o Paola Agabiti, il centrodestra poteva vincere. Nessuno in realtà l’avrebbe spuntata contro Stefania Proietti, ma probabilmente entrambi avrebbero preso più voti di Tesei.

Fra gli sconfitti, ma di misura, c’è anche Margherita Scoccia che però ha lottato robustamente sino alla fine e ha perso per meno di un punto percentuale su quella forza della natura che è Vittoria Ferdinandi. Tutto sommato da queste due tornate elettorali viene ridimensionato Andrea Romizi che si salva grazie alla grandinata di preferenze delle regionali, ma sul quale pesa il naufragio elettorale di parecchi assessori della sua giunta. Fra questi Edi Cicchi, che ambiva ad essere sindaca e che non è stata nemmeno eletta in Consiglio comunale. La sua parabola è parallela a quella della lista Progetto Perugia, l’aggregazione cattolica che aveva preso sino al 15 per cento, uscita con le ossa rotte dalle urne. Gragnuola di colpi anche sul gruppo dirigente di Fratelli d’Italia (da Zaffini a Prisco) che con i loro candidati hanno sempre perso.

E passiamo a due personaggi che volevano tutto e sono rimasti con un pugno di mosche in mano. Il primo è Andrea Fora che ha sfiorato la candidatura a sindaco di Perugia per il centrosinistra. Aveva organizzato una forte cordata che lo sosteneva. Poi a tre quarti del percorso ha fatto un incredibile salto della quaglia ed è passato col centrodestra. Imperdibile la foto di lui e di Romizi, vestiti allo stesso modo – i gemelli dal maglioncino blu – che annunciavano la grande alleanza. Risultato: sconfitti entrambi in Comune. Fora, consigliere regionale uscente del centrosinistra, ha cercato poi la riconferma con Forza Italia: ha preso poco più di 800 preferenze. Storia di un uomo ridicolo. Il secondo perdente è Stefano Bandecchi. Diventato inopinatamente sindaco di Terni, sembrava l’uomo del giorno. Giorgia Meloni lo ha voluto nella squadra del centrodestra per le regionali. Quelli che se ne intendono dicono che ha portato meno voti di quanti ne ha fatti perdere. Resta però sindaco di Terni e ha guadagnato una ribalta nazionale. Tutto sommato gli è andata meglio che a Fora.

Le due persone invece che hanno avuto un successo senza se e senza ma sono Stefania Proietti e Vittoria Ferdinandi. Hanno riportato al governo il centrosinistra l’una in Regione, l’altra a Perugia. E non è stata un’impresa né facile né scontata. Ora rappresentano il nucleo iniziale di una nuova classe dirigente, vedremo se riusciranno a rispondere alle tante aspettative che hanno generato. Della personalità dirompente della sindaca di Perugia s’è già detto, quanto alla neo eletta Presidente non solo ha conquistato un sacco di voti, ma ha dimostrato di avere un temperamento parecchio tosto. Aveva ben governato Assisi, ha esordito in Regione tenendosi la delega alla Sanità (83 per cento del bilancio) e sbaragliando Tommaso Bori che la voleva a tutti i costi. Quest’ultimo è fra coloro che, pur avendo il suo Pd avuto un notevole successo elettorale, è riuscito a fare una figura non proprio brillante con quella pervicace voglia di accaparrare la Sanità – un assessorato per il quale non aveva né la competenza amministrativa né il consenso degli addetti ai lavori. Un’impuntatura personalistica che lo ha portato sull’orlo della sconfitta. Alla fine ha recuperato un po’ di sano buon senso e il Pd ha risalito la china prendendo tre assessori anzichè due, ma non la Sanità. Le voci critiche levatesi da Terni, da Perugia, da Roma espresse sia dal mondo medico che da quello politico – su tutte quella unanime dei componenti della lista Proietti – lo hanno costretto a fare un passo indietro. Un’ultima notazione su Avs: la gara sino all’ultimo respiro di Fabio Barcaioli e Federico Santi per avere una poltrona in giunta è stato uno spettacolo che sarebbe stato meglio evitare, mentre ha brillato per compassato e civile distacco Fabrizio Ricci, che pure avendo ottenuto un notevole numero di preferenze, ha preferito non entrare nell’esecutivo.