di Ilaria Borletti Buitoni
Nel sito dedicato ai “Cammini d’Italia”, nato dal progetto di alcuni privati nel 2017, la sezione dedicata all’Umbria descrive sei cammini, in parte religiosi ispirati a San Francesco e a San Benedetto e in parte rivolti alle bellezze dei borghi antichi e meno noti.
Un’ iniziativa meritevole e ben declinata che descrive in modo accurato i vari percorsi, le distanze, la difficoltà e la storia.
Il turismo dei cammini è assolutamente adatto a questa regione minuta ma ricchissima di quel paesaggio, nato dall’intreccio spesso mirabile tra la natura e l’opera umana e nella quale, grazie alla promozione turistica molto efficace degli ultimi anni da parte della Regione e in particolare di Paola Agabiti già Assessore con delega al turismo, il numero di visitatori è aumentato in modo esponenziale.
Adatto perché prima di tutto allunga la permanenza dei visitatori quasi raddoppiandone i giorni, decongestiona le mete più note e crea sul territorio (anche remoto) una ricaduta economica importante.
Per tutte queste ragioni sarebbe una scelta auspicabile da parte della Regione, che ha recentemente visto un cambio di governo che ha portato alla Presidenza Stefania Proietti, già eccellente Sindaco di Assisi, sempre sulla strada della promozione di questa bellissima terra, puntare in modo preciso e coordinato sull’offerta dei cammini come grande motore per sollecitare le visite in Umbria.
I cammini religiosi, i cammini naturalistici, i cammini culturali potrebbero portare in Umbria centinaia di migliaia di persone, un turismo lento, adatto al territorio, sensibile al rispetto del contesto, se la regia fosse in mano non solo di intraprendenti privati ma anche pubblica.
Un ufficio regionale dedicato ai cammini, che promuovesse i molti itinerari possibili con tutto quello che implicano: non solo le informazioni legate alla lunghezza e all’impegno, ma anche a ciò che attiene all’accoglienza e alla gastronomia. L’esempio più ovvio è quello del Cammino di Santiago che ogni anno porta in Galizia oltre cinquecentomila pellegrini: la regione spagnola ha visto grazie al cammino di Santiago cambiare la propria vocazione, prima solo agricola e in crisi profonda e poi anche turistica e con un’economia florida.
Ma in Galizia non c’è Giotto, nè Perugino, nè la Cascata delle Marmore, non ci sono i borghi antichi arrampicati sulle colline o immersi negli olivi, i paesaggi incontaminati dell’alta Umbria, non c’è un lago come il Trasimeno nè le chiese e i monasteri spesso trascurati che ritroverebbero in questa valorizzazione una nuova vita.
L’Umbria offre al visitatore un ventaglio amplissimo che appaga lo sguardo, nutre lo spirito, accresce la conoscenza del nostro patrimonio culturale, particolarmente preziosa in un epoca stritolata dall’attualità come quella che viviamo.
Naturalmente, tornando alla realtà, all’aeroporto di Santiago de Campostela arrivano giornalmente molte decine di aerei da tutto il mondo con i pellegrini provenienti dall’Europa, dall’America e persino dalla Cina.
All’aeroporto di San Francesco, in alcuni giorni, i voli sono solo tre o quattro.
Non basta!
La spiritualità e la musica
Con un’affermazione semplicistica si può dire che la musica di Mozart “racconta” la vita, che quella di Beethoven l’impeto e il vortice dell’anima, e che Bach avvicina a Dio.
Anche chi non è credente e non ripone nella fede nessuna speranza ascoltando la “Passione secondo Matteo” di Bach, tanto per fare un esempio, sente un quasi inaspettato moto del cuore discreto e incontrollato, dopo il quale la sensazione è quella di aver incontrato un momento, anche se breve, di luce.
L’Umbria ha una intrinseca vocazione religiosa legata alla sua storia: qui hanno vissuto santi fondamentali per la tradizione cristiana, da san Benedetto a san Francesco, da san Bernardino a santa Rita. Fino all’Unità d’Italia, sotto il dominio dello Stato Pontificio, l’ Umbria ha visto fiorire monasteri e chiese dei quali purtroppo molti sono oggi in una situazione di abbandono.
In questa regione la natura ha un che di mistico soprattutto nelle sue aree più aspre che si stempera poi in paesaggi più morbidi e disegnati come sfondi della miglior pittura rinascimentale.
Ecco perché la musica ed in particolare quella religiosa, concepita quindi per essere suonata nelle chiese, può essere un linguaggio straordinariamente efficace per promuovere un turismo attento alla cultura e al patrimonio storico.
L’Umbria come terra di riflessione, di meditazione attraverso la musica e non solo ad Assisi, grazie all’infaticabile opera dei Frati Minori del Sacro Convento.
Gli itinerari musicali, che già sta realizzando benissimo la Sagra Musicale Umbra da oltre mezzo secolo, andrebbero moltiplicati e sostenuti da una promozione dedicata: il visitatore avrebbe non solo la possibilità di scoprire luoghi distanti dai flussi turistici più scontati, bellezze sconosciute, ma anche di ascoltare musica tratta dallo straordinario repertorio anche italiano.
E’ questa la vocazione di una terra che può regalare a chi la visita anche un sollievo dell’anima, come avrebbe voluto Bach, rendendo anche per questo l’esperienza di venire in Umbria unica e indimenticabile.