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Più di centomila in corteo senza violenza né eccessi verbali. C’erano cattolici e sinistra: l’arcivescovo, Schlein e Conte. Cucinelli e Landini. Il nuovo senso comune.

di Gabriella Mecucci
Foto ©️Fabrizio Troccoli

E’ stata la marcia della pace più grande. E non tanto per il numero dei partecipanti che in molti dicono  fossero ben oltre i centomila. Ma soprattutto per l’aria civile, rispettosa che vi si respirava e che consentiva alle anime tanto diverse del pacifismo di convivere, di mettersi in cammino insieme verso la pace, proprio mentre iniziava il suo percorso l’accordo fra Israele e Hamas voluto da Trump.

Dentro il lungo corteo, partito da Borgo XX giugno, c’era il variegato puzzle del mondo cattolico. Erano numerosissimi: dagli scout con divise e chitarre, alle bandiere bianco-celesti delle Acli, a Pax Christi, ai frati, a tanti altri. Era venuto a portare il suo saluto anche l’arcivescovo di Perugia e Città della Pieve Ivan De Maffeis – quest’anno per la prima volta la diocesi fa parte dei promotori della manifestazione.

I cattolici ormai da tempo sono soci di maggioranza della Perugia – Assisi, ma mai hanno avuto un ruolo così importante come quest’anno. Con le parole del Papa – “per una pace disarmata e disarmante” – scritte su decine di cartelli, e il vescovo Sorrentino che ha portato la benedizione di Leone XIV.

Assai numerosi anche i marciatori di sinistra: erano presenti leader come Elli Schlein, Giuseppe Conte, Fratoianni e Bonelli. E poi c’erano le istituzioni: dalla Presidente della Regione, a quello della Provincia, alla Sindaca di Perugia, ai Parlamentari umbri. Ma soprattutto c’era una teoria di gonfaloni dei Comuni e delle Regioni di mezza Italia. E non erano tutti di centrosinistra, se ne incontrava anche qualcuno di centrodestra come quello della Regione Piemonte.

Grande folla anche dietro gli striscioni dei sindacati – la Cgil con Landini in testa -, della Legacoop e delle tante associazioni, scuole, università che hanno aderito. E c’era anche il mondo dell’impresa: su tutti Brunello Cucinelli insieme alla moglie Federica. Ma soprattutto c’era un popolo giovane, entusiasta, allegro: i ciclisti in testa al corteo, le mamme e i papa coi bambini e le carrozzine. E c’erano le ragazze iraniane che gridavano “donna, vita ,libertà ”.

Alcuni fra i più anziani, parecchio ringalluzziti dai loro ricordi avevano  rispolverato il vecchio striscione che aprì la Perugia-Assisi del 1961. Quello portato allora da Capitini, Calvino, Bobbio e Baldelli: “Marcia della pace per la fratellanza dei popoli”. E anche quest’anno la parola chiave è stata “fratellanza” e la colonna sonora “Image, all the people” di John Lennon. La parola “genocidio” è apparsa raramente nel corteo, ma sulla Rocca c’era un grande striscione, issato da Amnesty International, che la conteneva. C’erano molti vessilli palestinesi, sovrastati però di gran lunga da quelli arcobaleno. E spuntava anche il giallo – azzurro ucraino. Troppo poco, ma c’era. Infine, per fortuna, nemmeno l’ombra di uno slogan antisemita.

Il popolo della marcia 2025 non aveva molte anime solo dal punto di vista ideale, ma anche sul piano geografico. Ovviamente si sentivano tutte le inflessioni umbre, ma almeno altrettante erano quelle venete. E poi tanti i milanesi, i pugliesi, i toscani, i romani.

Nessuna intemperanza, nemmeno verbale. Un clima talmente pacifico che ha “contenuto” anche le iperboli di Francesca Albanese, persa fra la folla e con un ruolo finalmente non da prima donna.

Come è stato possibile conseguire questo risultato, dopo che in tante manifestazioni si erano verificati atti di violenza e dove erano apparsi striscioni vomitevoli sul 7 ottobre? Tante sono probabilmente le ragioni. Ma almeno alcune meritano di essere elencate e non lo faremo in ordine d’importanza.

Certamente un ruolo significativo ce l’ha avuto la presenza cattolica, ben organizzata e  caratterizzata da un atteggiamento mite. La sinistra poi c’era  in massa, ma i suoi leader hanno sfilato senza la voglia di mettersi in mostra e di “egemonizzare” la manifestazione al netto della valanga di dichiarazioni di Landini. Ciascuno ha detto la sua, ma senza un eccessivo presenzialismo.

Naturalmente non si può non riconoscere un grande merito agli organizzatori che sono riusciti a dare vita a una marcia che nessuno potrà accusare di estremismo. E rispondendo così ad alcune dichiarazione fuori misura fatte da Giorgia Meloni.  E farebbe bene la premier ad essere più prudente perché i contenuti della Perugia-Assisi hanno già iniziato ad essere “pervasivi”. Potrebbero diventare senso comune. A questo nuovo movimento pacifista spetta invece il compito di portare avanti il suo messaggio senza estremismi e senza faziosità. Per renderlo sempre più convincente e avere una qualche efficacia.

Da ultimo, ma non certo per importanza, una delle cause del clima serio e rispettoso del lungo corteo va sicuramente ricercata nella radice profonda della marcia. La filosofia della nonviolenza del suo fondatore, anche se qualche volta non pienamente rispettata, è stata l’asse portante di questo assolato 12 ottobre. E, se esiste – come sosteneva Capitini – la compresenza dei vivi e dei morti, lui oggi, in mezzo a quella folla, c’era.