di Walter Patalocco
Panem et circenses e il popolo s’acquieta, non ha pensieri, si contenta e gode. Non serve conoscere Giovenale. Si sa che la demagogia, quella più avvolgente e meno nobile, si fonda su quelle tre parole. Lo sa pure Stefano Bandecchi che ha chiuso la campagna elettorale da candidato sindaco di Terni con un bella “porchettata” allo stadio, quello dove oltre al panem (ma anche un bel bicchierone di vino) concede ai ternani anche i circenses, i giocatori rossoverdi, la squadra di calcio per parlare della quale è stata mantenuta aperta qualche emittente televisiva, magari a mezzo servizio con Perugia, tanto è ritenuta importante la materia.
E i comizi? Da quanto tempo non si tenevano comizi, a parte qualche rara eccezione in caso di intervento di big della politica nazionale? Bandecchi ha fatto i comizi, l’ultimo dei quali è stato appunto quello dello stadio che andava riempito con l’incentivo della “scampagnata” da “attentato” al fegato. Perché lui ci tiene a stupire. Il miglior imprenditore italiano, si è autodefinito; colui che dalla caserma dei parà di Livorno è arrivato a possedere un’università dotata persino di
automobili Ferrari e Rolls; colui che ripete che se si impegna non lo fa per quei miseri 120mila euro l’anno di appannaggio del sindaco visto che lui guadagna quattro milioni di euro l’anno. Lo ha spiegato per bene ai cittadini delle periferie che ha incontrato in veri e propri comizi volanti, mentre quello lo guardavano con occhi sognanti e riverenti. Chissà: lo facevano cercando di immaginarsi come sono fatti quattro milioni o perché si identificavano nel loro imbonitore?
Nessun interesse materiale, quindi. Nemmeno quello della clinica privata che vuol realizzare ma su cui aspetta ancora risposte.
Lui è “sceso in campo” perché Terni merita di più – dice – che non quei quattro gonzi di amministratori che ha avuto in decenni di storia recente. Lo fa perché Terni deve riscattarsi dalla schiavitù esercitata da Perugia; lo fa perché ama i ternani nonostante li sferzi, li tratti male comportandosi con un severo paternalismo. Tanto quelli sono contenti e non a caso corrono a votarlo, tanto che ora è al ballottaggio contro la destra la quale – schizzinosa – rifiutò di annetterlo in coalizione.
Ah sì? Vedremo. E lui si è buttato a capofitto in una “campagna elettorale ricca di emozioni e di affetto, di pacche sulle spalle, di strette di mano – sono parole sue, di Bandecchi – Ho girato la città in lungo e in largo, ho incontrato migliaia di cittadini che chiedono finalmente un riscatto, dopo anni di ingiustizie sociali e menefreghismo da parte della classe politica, da destra a sinistra, che mi ha preceduto… grazie a tutti voi cambieremo la storia di Terni”.
E’ una linea che segue dall’inizio di questa avventura: stupire, presentarsi aggressivo e “benpensante”, l’uomo capace contro una manica di incapaci che lo hanno preceduto in
politica, succubi dei perugini, senza attributi (lui usa termini più espliciti). La risultante è che agli occhi di molti appare come l’uomo in grado di sparigliare e quindi… perché dopo aver provato con la Lega non provare con lui? Chiunque abbia assistito ai confronti da campagna elettorale tra i candidati a sindaco non può non aver notato la differenza: tra le controfigure di fratini cercatori, di impiegato di quinto livello, o peggio di stoccafisso di alcuni suoi colleghi, lui diventa un gigante che si presenta come l’uomo sanguigno, pane al pane vino al vino, animato e non poco da una vis polemica da caterpillar, che prospetta come tutto facile e raggiungibile perché – che ci vuole? – lui è “lu mejo”.
I palati forti amano sapori forti. E Bandecchi li accontenta. Agli incontri nei quartieri c’è chi lo guarda con occhi pieni di rispetto e riverenza. E pensare che i politici ternani all’inizio presero al sua candidatura con lo stesso spirito di Totò –Pasquale il quale prendeva col ridere i cazzotti perché “voleva vedere quello dove voleva arrivare”. Adesso lo hanno visto.