di c.f.
C’è chi evoca i quadri scomposti per tentare di spiegare l’impatto dell’alta rotazione di manager della sanità umbra. La similitudine, però, non è molto fortunata, perché la tecnica di stampa evocata permette comunque di osservare nella sua completezza un’opera d’arte. Un risultato, questo, che per ora si stenta a ottenere con la sanità umbra segnata, peraltro con una pandemia di mezzo, da 18 nomine in tre anni al vertice della direzione della Regione e delle quattro aziende ospedaliere (due) e sanitarie (due).
Sulle cause di questo balletto si registrano varie posizioni bussando a porte che aprono direttamente l’accesso a reparti e ambulatori, ma anche agli uffici sia di chi questi servizi li ha amministrati da varie posizioni che di chi rappresenta il personale anche sanitario che lì lavora. Alcuni, è normale, accettano la spiegazione dell’assessore Luca Coletto, secondo cui si tratta di ordinari avvicendamenti, altri spiegano che sul tavolo ci sono almeno altre due opzioni che passano entrambe per la bocciatura: da una parte la giunta Tesei che può aver reputato insufficiente l’operato di manager che comunque aveva scelto in totale autonomia e dall’altra questi stessi manager che possono aver alzato bandiera bianca davanti alle politiche sanitarie della giunta, su cui il tema centrale, oltre ai conti, è legato alle assunzioni di peraltro.
Ed è sui rinforzi di personale mai arrivati si rintraccia anche uno degli effetti più singolari imputabili all’alta rotazione dei manager. Riavvolgendo il nastro ai mesi più duri della pandemia, ovvero all’inizio del 2021, quando i sindacati erano sull’orlo di una mobilitazione generale e chiedevano aiuto al prefetto, Tesei e Coletto hanno firmato al tavolo con le parti sociali un accordo per 1.150 assunzioni in sanità. Quella firma è stata subito considerata tardiva da diversi osservatori, perché molte Regioni anche limitrofe, a cominciare da Toscana ed Emilia Romagna, avevano già iniziato ad assumere personale a spron battuto con procedure di selezione ultra rapide e con contratti stabili, approfittando della possibilità di sforare tetti e parametri di fronte all’emergenza sanitaria e scippando risorse ad amministratori esitanti.
Dalle assunzioni tardive, però, col passare delle settimane e poi dei mesi si è arrivati al nulla di fatto, con la Regione Umbria che ai sindacati ha poi comunicato di aver sbagliato a prevedere quelle 1.150 assunzioni, in parte a causa di conti errati sulle capacità assunzionali delle singole aziende ospedaliere e sanitarie. Ed ecco qua uno degli effetti del balletto dei manager, anche se i più maliziosi non sono certi che si sia trattato di una svista anziché della volontà di non assumere personale.
Un’interpretazione, questa, in parte confermata dai Piani del fabbisogno del personale presentati dalle aziende. Nel caso dell’ospedale di Perugia le tabelle allegate segnalano che si passerà dagli attuali 2.992 dipendenti ai 2.892 del 2024. Analogamente il Santa Maria di Terni segnala che a fronte dei 1.922 dipendenti attualmente in organico se ne avranno 1.748 nel 2025. Infine, le tabelle della Usl 1 orfana del direttore generale, l’ultimo ad andarsene è stato Massimo Braganti, segnalano che dai 4.209 dipendenti in organico al 31 dicembre scorso si passerà ai 3.925 del 31 dicembre prossimo.