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di Porzia Corradi

Il rimpasto è liquidato e la ricandidatura alla Presidenza della Regione di Donatella Tesei sembra svanire: le poche, sbrigative battute di Francesco Lollobrigida, braccio destro di Giorgia Meloni, al Corriere dell’Umbria sono inequivocabili: “Non vedo l’utilità di entrare in Giunta, ora, ad un anno e mezzo dal voto. Si vada avanti con questa squadra e alla fine daremo le nostre valutazioni”. In tre righe ben due notizie. La prima è esplicita e la conclusione semplice: Coletto e Fioroni resteranno al loro posto e il debutto della Pace alla Sanità non ci sarà. La seconda notizia è indiretta ma non invisibile. I dirigenti nazionali di Fratelli d’Italia si riservano di decidere a tempo e luogo il candidato Presidente. Quel “daremo le nostre valutazioni” suona come un avviso di sfratto per Tesei. A rendere più complicata la sua riconferma sarebbe infatti l’ incapacità dimostrata a fare il rimpasto entro dicembre 2022, come lei stessa aveva promesso. Fratelli d’Italia le ha concesso, dopo le elezioni politiche, tre mesi di tempo, ma lei non c’è riuscita.
L’accordo con Zaffini sul nome della Pace alla Sanità, per la verità, era fatto. Bisognava solo che Matteo Salvini aiutasse la Presidente a reperire un incarico nazionale per Luca Coletto. Chi se non lui avrebbe dovuto e potuto darle una mano? Ma il leader del Carroccio l’ha mollata senza tanti complimenti. Tesei ha annaspato, poi ha iniziato una mesta marcia indietro: sul rimpasto, dopo averne tanto parlato, è sceso il silenzio. Solo Fratelli d’Italia ne ha fatto qualche accenno, anticipando – soprattutto per bocca di Zaffini – che non lo avrebbe più chiesto. È toccato infine a Lollobrigida chiudere la faccenda con quelle tre righe che segnano la sconfitta di Tesei.
La Presidente dal canto suo non sembra orientata a cedere la poltrona senza aver dato battaglia. Se le cose andranno però come oggi appare più probabile, il candidato di Centrodestra alla Presidenza della Regione cambierà. Fra i nomi in corsa, il più gettonato è quello di Andrea Romizi. L’attuale sindaco di Perugia – come è noto – fa parte di Forza Italia, ma sarebbe ben accetto anche a Fratelli d’Italia. Meloni end company punterebbero a conquistare Palazzo dei Priori con la giovane Scoccia e alla Lega resterebbe Terni. Del resto in Umbria è scesa all’8 per cento dopo aver preso il 38. Andrea Romizi introdusse a Perugia nel 2014 una forma di governo mite, dialogante, sorridente. Un mutamento profondo rispetto all’ultima fase del Centrosinistra che era stato accusato da più parti di arroganza. La prima Giunta di Centrodestra non fece molto, ma qualcosa di buono la fece. La seconda sindacatura invece è stata all’insegna della paralisi. Complessivamente, se si dovesse definire la cifra del decennio Romizi dovremmo parlare di un “bonario provincialismo”. Un governo “paesano”, buono per un centro di 20-30mila abitante, ma non per una media città d’arte e di cultura (due università), nonché capoluogo di regione: una delle capitali insomma dell’Italia di mezzo.
Non è certo auspicabile che il modello di “provincialismo bonario” con poche idee e ancor meno progetti venga applicato all’intera regione. I risultati sarebbero pessimi. E le forze imprenditoriali e intellettuali più dinamiche dell’Umbria lo hanno ben capito, anche se ancora non trovano una sponda politica al loro possibile impegno. Il Centrosinistra potrebbe ritrovare un suo spazio. Sarà in grado di farlo? Per il momento non sembra sufficientemente attrezzato. A Terni la situazione appare ancora difficile e a Perugia qualcosa si sta muovendo, ma non basta. Anche in altre importanti realtà le proposte dell’opposizione sono o inesistenti o ancora acerbe. Per non parlare delle candidature. E di tempo ne è rimasto poco.
Sotto il cielo della politica umbra regna un vuoto – o forse solo un semivuoto – di futuro.