di Sud
Maurizio Maggiani non è mai stato uno scrittore “alla moda”. Eppure non gli mancherebbe nulla: casa editrice mainstream (Feltrinelli), premi letterari (Strega, Viareggio, Campiello), opinionista sui quotidiani (Stampa, Secolo XIX, Sole24ore). Forse gli è mancata la televisione (non so con quanto suo dispiacere), o forse sarà stato il suo anarchismo. Resta però un grande scrittore, uno dei più potenti degli ultimi decenni.
La regina disadorna non è il suo miglior romanzo, soprattutto se paragonato al precedente, Il coraggio del pettirosso: un libro straordinario, che nel 1995 stupì e incantò tutti, così diverso da quelli che “andavano” in quegli anni, Baricco, la Tamaro, Tabucchi, i “cannibali”. È comunque una bella storia, che diventa un po’ favola nei mari del sud, con un magnifico avvio, profumato di zafferano.
«Oltre la Persia dei Re, sui primi contrafforti calcarei delle montagne dell’Oxiana, cresce un piccolo bulbo, il croco sativo». Così inizia il romanzo, e prosegue con il racconto di come la preziosissima spezia si sia diffusa in Turchia, Spagna, Francia, e in Italia: «introvabile e tenuto come sacro il pugnetto o poco più raccolto dalle bambine di Zafferana, e migliore di tutti l’Aquilano».
Sascia, la protagonista, ha le mani d’oro e lavora come cucitrice; «la Singerina di Piazza Stella», così la chiamano a Genova. Ma quelle mani le ha notate anche Giggi ‘o Trafegun, un trafficone, appunto, arricchitosi con la contraffazione dello zafferano, «che porta nelle pentole di cuochi senza scrupoli o poco esperti uno sbiadito succedaneo».
Nel 1959 Gadda, non inesperto e scrupolosissimo (come cuoco e come scrittore), pubblicò la ricetta del risotto alla milanese sul “Gatto selvatico”, una bella rivista dell’ENI di Mattei, dove scrissero Sciascia, la Ginzburg e Primo Levi. Con zafferano autentico della Carlo Erba; costo: mezza sigaretta a persona. Da qui l’ammonimento: «non ingannare gli dèi per contendere alla Carlo Erba il suo ragionevole guadambio».