di Sud
Giacomo Leopardi, come si sa, morì a Napoli la sera del 14 giugno 1837, a soli 39 anni, nella casa di Vico Pero al quartiere Stella. Un anno prima, mentre era a Torre del Greco, aveva scritto la Ginestra, per Walter Binni «supremo messaggio etico-filosofico […] la poesia più grande degli ultimi due secoli, la più significativa per la problematica nascente del mondo moderno, la più aperta su di un lungo futuro che tuttora ci coinvolge e ci supera».
Sui cinque anni napoletani di Leopardi si è anche spettegolato molto: l’amicizia con Ranieri, la vita povera e sregolata, ma soprattutto ha fatto parlare la sua smodatezza alimentare, addotta da molti biografi come concausa della sua morte prematura. Nello straordinario Fondo Leopardi conservato alla Biblioteca Nazionale di Napoli, insieme ai manoscritti dell’Infinito e di A Silvia, c’è anche una lista di cibi preferiti, compilata dal poeta nel 1836.
La lista, ordinata dall’1 al 49, si apre con i Tortellini di magro e si chiude con la Farinata di riso. In mezzo c’è tutto quello che la ricca terra campana poteva (e ancora può) offrire al buongustaio. Mancano solo sorbetti, gelati, sfogliatelle, cassatine, confetti e caffè, che Leopardi consumava abitualmente (e senza freni) nei suoi locali preferiti, Pintauro a Santa Brigida, Le Due Sicilie a Toledo, Vito Pinto a Piazza Carità.
Una dieta tutto sommato equilibrata, un po’ grassa ma golosissima, con una predilezione per le fritture: di carciofi e cervelli, di zucca e dei suoi fiori, di latte e ricotta. E poi frittelle: di riso, di semolino, di mele e pere, di borragine. Due parole in più sul “Chifel fritto”. Il Kipfel è un panino a forma di mezzaluna ideato da un fornaio viennese in ricordo dell’assedio dei turchi; ma anche una crocchetta di patate (fritta) della stessa forma.