di Fabio Maria Ciuffini
Salendo via dei Priori a Perugia ci si imbatte al Civico 32 in un portone bugnato. A fianco, una targa alla quale non molti fanno caso recita in elegante corsivo: “ Società Generale Operaia di Muto Soccorso per Artisti ed Operai di Perugia – Fondata nel 1861 – UFFICI – ARCHIVIO – BIBLIOTECA”. Teniamo a mente gli aggettivi “Operaia”, “Mutuo” e la data “1861” e saliamo fino a trovare una porta con su scritto “Amministrazione”. Entriamo e ci troviamo improvvisamente nel set di un film storico sull’’800.
Vediamo una bancone in legno lucido sormontato da una vetratura con colonnine ed elaborate cornici nello stesso legno, tipica di un Banco di quell’epoca, poi proseguiamo e l’impressione iniziale viene rafforzata. Si tratta chiaramente di un locale destinato a ricevere pubblico e scambiare carte e denaro. Una serie di timbri e una antica macchina da scrivere lo confermano.
E c’è anche un cappello rosso con visiera nera, da garibaldino, che suscita primi interrogativi. Proseguendo ancora si aprono poi ambienti per uffici ed archivi e una grande sala per riunioni.
Sembra quasi che in quel luogo il tempo si sia fermato: i pavimenti, l’ornato dei soffitti, il mobilio sono gli stessi dal 1893, ormai quasi 132 anni fa, quando lì si stabilì la sede della Società Operaia di Muto Soccorso (S.O.M.S.), arricchita da tutta una serie di cimeli affissi alle pareti. Ritratti e busti di Mazzini e Garibaldi, bacheche con camicie rosse garibaldine, manifesti originali della Repubblica Romana del 1849 evidenziano l’impronta politica di chi quei cimeli li ha raccolti ed esposti. E notiamo soprattutto una grande bandiera tricolore con una scritta in francese. “Vive l’indépendance D’ITALIE ROME CAPITALE.
Una targa ci spiega che quel reperto storico è la “Bandiera che sventolò sulle barricate in Roma a difesa della repubblica romana (1849), salvata dal garibaldino e internazionalista Alessandro Igi”.
E la scritta è rivolta ai figli della Repubblica francese mandati a combattere un’altra Repubblica nata contro l’oppressione papalina.
Quella bandiera e gli altri cimeli esposti sono parte integrante della Storia della S.O.M.S. che comincia con questo avviso del febbraio 1861 rivolto agli Artisti ed Operai della Città di Perugia.
Cerchiamo di calare quell’avviso nel contesto storico di quei tempi. Fino ad allora “… era l’elemosina che diveniva il supremo farmaco di tutti i mali. Oggi il solo farmaco che può lenire le nostre sventure è la previdenza. Bisogna sostituire alla provvidenza dei tempi feudali la previdenza. E lo scambio della o in e … farà sorgere un’età Novella”. E’ una frase di Gioacchino Pepoli nel libro “Re e Popolo”, ed è una nota del bel libro di Alberto Grohmann “Perugia e la sua Società di mutuo Soccorso” che consiglio vivamente di leggere.
Dunque la mutualità si sostituisce alla carità (pelosa) del clero perugino politicamente dominante. Ed alla mutualità si affianca un’altra funzione che dà finalmente identità e diritti ad una classe fino ad allora totalmente subalterna: quella “operaia”. Nel 1861 il suffragio universale era ben lontano da essere raggiunto, gli operai NON potevano votare e solo il 2,9% degli italiani, selezionati per censo, potevano farlo. È una mia opinione, ma quella funzione politica è il vero obiettivo di chi fonda la S.O.M.S. Ed all’art. 2 del suo statuto si legge che essa tende a “promuovere, l’istruzione, la moralità, il benessere”. Ed è la via per andare oltre la mutualità. Così si comincia ad insegnare a leggere e scrivere quando l’analfabetismo si attesta all’86% della popolazione, e si dà il via ad una Biblioteca Circolante con titoli che vanno dall’utilitaristico “L’abbici di chi lavora” a libri di orientamento politico di Mazzini ed altri. E la S.O.M.S. “diviene una palestra democratica, in conformità con gli orientamenti dell’ideologia mazziniana ai quali la stessa si richiama sin dal suo sorgere …” (Grohmann ). E anche questa non è cosa da poco o solo collaterale ai fini societari. Nel 1861 NON c’era libertà di Associazione, NON c’era il Sindacato. Solo nel 1892 nascerà il Partito Socialista Italiano e nel 1906 la futura C.G.I.L.
Dunque l’associazionismo operaio svolge una funzione decisiva in una fase storica pre-partitica e pre-sindacale, tessuta di lotte e di insurrezioni, anche sanguinose, anche a Perugia, che culmina con i moti di Milano del 1898 repressi a cannonate da Bava Beccaris.
È lo spirito libertario ed anticlericale del 1859 – ricordato con labari affissi là dove erano avvenuti gli episodi salienti delle stragi fatte dall’orda svizzera – che permea certamente l’azione politica della S.O.M.S. La foto mostra uno di quei labari che ricorda Domenico Brugnoli “nelle cui tre botteghe tutto fu rubato e che, colpito e malmenato ne morì venti giorni dopo” e un altro che ci dice che “anche il padre del viceparroco, nella casa del parroco, fu da fieri colpi assai malconcio”.
E quello spirito fa schierare la S.O.M.S. a favore della libertà di associazione, del suffragio universale, dell’istruzione obbligatoria e dell’italianità di Roma e di Venezia e gli fa anche appoggiare nomi per le elezioni Comunali, Provinciali, Nazionali. Tra essi Ariodante Fabbretti, poi nominato Senatore del Regno.
Ma dalla fine del secolo XIX si lascia ad altri nuovi soggetti l’aspetto politico-sociologico e si assiste ad un graduale “imborghesimento e ad un appiattimento su posizioni governative” (Grohmann). Il fascismo spenge poi ogni forma di attività che non sia puramente burocratica e solo dopo la sua fine la S.O.M.S. recupera una sua indipendenza e uno spazio politico. Lo testimoniano la foto di Guglielmo Miliocchi – il “Mazzini di Perugia”, che ricordo ancora con il suo fiocco nero alla Lavallière – e quella di Mario Angeloni, antifascista morto in Spagna a fianco dei Repubblicani, il cui binocolo è esposto in bacheca con il foro del proiettile che lo uccise.
Un’ultima notazione. C’è in archivio una matricola artistica, fatta di decine di fogli ben disegnati, vere opere d’arte – e ne riporto qui tre ad esempio – in cui si segnavano i nomi di soci onorari e benemeriti.
Benemeriti che non mancarono di far pervenire alla Società contributi sostanziosi. Ce ne sarebbe molto bisogno oggi, anche da enti pubblici ed in modo strutturale, per dare un nuovo ruolo ad una sede che potremmo considerare il primo nucleo di un Museo del Risorgimento Italiano.
La Sede è visitabile su appuntamento (i riferimenti si trovano su Internet), ed è auspicabile che venga riconosciuta come casa-museo. Voglio ripeterlo: ogni cimelio lì conservato potrebbe essere già oggi il tema di una conferenza o una lezione su di un brano della storia di Perugia legata a quella d’Italia. E credo ce ne sarebbe molto bisogno: per capire il peso di quelle lontane lotte nella vita democratica attuale. Una per tutte: quella per il suffragio universale, il diritto di voto esteso a tutti, uomini e donne e tanto per parlarne a chi, per indifferenza, rinuncia oggi a quel diritto.