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di Marcello Marcellini

Dopo l’uccisione di Brian Thompson il 26enne Luigi Mangione di Baltimora per molti è considerato un eroe. L’hashtag “free him” è diventato virale e la polizia teme che altri possano imitarlo.
A ben guardare Mangione, che è italo americano, con il suo gesto estremo fa tornare alla mente quegli anarchici italiani che un secolo e mezzo fa attentavano alla vita di capi di stato e di re perché ritenuti simboli della tirannia. Il loro modello di riferimento era Felice Orsini che nel gennaio del 1858 aveva cercato di uccidere con delle bombe, da lui fabbricate, Napoleone III colpevole di aver posto fine al sogno mazziniano della Repubblica Romana. L’Imperatore si era salvato ma le bombe aveva fatto una strage tra la folla. Orsini fu condannato a morte e ghigliottinato, ma fece scuola: dopo alcuni decenni quando l’anarchismo si era diffuso anche in Italia alcuni dei seguaci più estremisti di questa dottrina lo imitarono. Giovanni Passannante, un cuoco di 29 anni, a Napoli cercò di uccidere con un pugnale Umberto I gridando: “Viva Orsini, viva la Repubblica Universale!”. Il re si salvò grazie all’intervento di Cairoli che era con lui sulla carrozza. Nel giugno del 1894 a Lione l’anarchico Sante Caserio uccise a pugnalate il Presidente della Repubblica Francese Sadi Carnot.
In quello stesso anno anche Crispi subì un attentato per mano dell’anarchico Paolo Lega che gli sparò e mancò il bersaglio. La reazione da parte di Crispi fu immediata: fece emanare le c. d. leggi anti – anarchiche e colse il pretesto per mettere fuori legge anche il Partito Socialista.
Tre anni dopo Pietro Acciarito, un fabbro di 26 anni, cercò anche lui con un pugnale di uccidere a Roma Umberto I mentre in carrozza andava alle Capannelle.
Acciarito affermò di aver attentato alla vita del Re per la rabbia di essere finito in miseria mentre lo Stato spendeva un sacco di soldi per la guerra in Africa.
L’obbiettivo vanamente perseguito da Passannante e Acciarito fu realizzato, com’è noto, da Gaetano Bresci, un operaio tessitore di trenta anni, il quale uccise Umberto I a colpi di pistola il 29 luglio 1899 mentre rientrava in carrozza nella sua residenza estiva di Monza dopo aver assistito ad un saggio ginnico. Bresci era venuto in Italia dall’America deciso a vendicare gli ottanta milanesi uccisi a cannonate dall’esercito italiano mentre manifestavano per l’aumento del prezzo del pane. L’ordine di sparare sulla folla era stato dato dal generale Bava Beccaris che per questa impresa era stato insignito da Umberto I dell’Ordine Militare di Savoia.
Ma l’attentato più odioso fu commesso un anno prima dall’anarchico Luigi Lucheni quando a Ginevra uccise con una lima l’imperatrice Elisabetta d’Austria, la bellissima e inquieta Sissi, consorte di Francesco Giuseppe. Lucheni fu condannato all’ergastolo ma in carcere non ci restò a lungo perché dopo alcuni anni fu trovato impiccato nella sua cella.
Altri tempi? Speriamo di si, francamente oggi è difficile immaginare un anarchico armato di coltello attentare alla vita della duchessa di Cambridge, la dolce e amatissima Kate, o a quella della applauditissima cantautrice Taylor Swift. Ma viviamo tempi difficili e i gesti violenti trovano sempre più imitatori.
La polizia americana (e non solo quella americana) fa bene a stare in guardia.