di Sud
Nel 2021 la raffinata casa editrice romana Minimum fax ha ripubblicato Un’isola di Giorgio Amendola. Il libro era uscito nell’aprile del 1980 da Rizzoli; a giugno morivano, a distanza di poche ore, Giorgio e Germaine. Il legame indissolubile tra il figlio del deputato e la figlia del minatore, tra il borghese napoletano e la popolana parigina tiene il centro della storia; tanto che Davide Lajolo arrivò a scrivere che “Germaine” sarebbe stato più appropriato come titolo del libro.
Attorno a quel centro, la prosa sobria di Amendola è capace di costruire una narrazione in cui tutto, miracolosamente, si tiene: l’antifascismo e l’amore, Stalin e Croce, i congressi della terza internazionale e le visite al Louvre, il confino a Ponza e le nottate a Capri, la prigione e il tango, Il Capitale e Gli indifferenti. È questo che rende così speciale l’autobiografia di Amendola, così diversa da quelle di altri testimoni del Novecento.
Anche quando la storia volge al tragico, Amendola sa tenere il racconto su un tono misurato; come nell’episodio di Poggioreale. Incarcerato in attesa di processo, Amendola viene avvicinato da un camorrista che lo ha riconosciuto come “figlio di”. «Se avete bisogno di cibo, di denaro e anche di…e fece un gesto allusivo alle “femmene”, posso
accontentarvi». Ma il comunista intransigente non può accettare; chiede solo di avere ogni giorno una copia del “Mattino”. Il giorno dopo arriva puntuale il quotidiano, accompagnato da un salame napoletano. «Non so se l’offerta avesse un qualche significato, comunque fu diviso e apprezzato dai compagni, i quali borbottavano contro il mio moralismo». Il salame napoletano, per chi non lo conoscesse, si distingue per la grana grossa, la speziatura, una leggera affumicatura, i tagli di carne più pregiata, l’insaccatura in budello naturale e la legatura a mano.