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di Claudio Ricciarelli*

Tra i perugini i temi dell’economia e del lavoro restano le preoccupazioni principali. È bene allora domandarci come la massima istituzione locale, il Comune, insieme ai soggetti economici e sociali, possa contribuire a sostenere e qualificare un nuovo modello di crescita della città più innovativo sul piano produttivo e più sostenibile su quello ambientale, ridando attrattività al territorio e competitività ai vari settori, creando lavoro buono.
L’economia e il lavoro sono due facce di una stessa medaglia! È da una economia buona e innovativa che si crea lavoro di qualità, così come è da risorse umane qualificate e valorizzate nell’ambito delle imprese, che si contribuisce a migliorare la produttività delle stesse. Il mix di manifatturiero, agroalimentare, terziario e turismo che caratterizza l’economia perugina è e rimane un punto di forza se accompagnato da una politica attenta e lungimirante di aiuti mirati e selettivi, da una parte, e da un contesto territoriale favorevole, dall’altra, che aiuti a riposizionare nella catena del valore buona parte delle imprese perugine.
Si tratta di dare un valore al pil rincorrendo, non la quantità, ma la qualità dello stesso, dando centralità alla buona economia, fondata anche sul valore del lavoro, capace di dare centralità alla persona, alla sua formazione, crescita e partecipazione attiva alla vita dell’impresa e alla equa redistribuzione dei risultati economici, anche in termini di riconoscimento professionale, di senso del proprio lavoro, oltre che di reddito, umanizzando economia e lavoro. Si tratta di dare armonia ad un modello di crescita economica che favorisca coesione sociale, che si prenda cura del territorio e dei suoi beni comuni, che promuova un’economia civile e sociale legata al territorio e alle persone che lo abitano e vivono.
Un territorio che sappia riqualificare le sue aree produttive arricchendole di servizi e infrastrutture efficienti (energia pulita, smaltimento rifiuti, internet veloce, piastre logistiche, mobilità e sistemi di comunicazione stradale e ferroviaria), penso alle aree produttive e commerciali più grandi del perugino, che vanno da Ponte San Giovanni a Corciano e la necessità di una tangenziale per la città (il “nodino” prima e il “nodo” poi) capace di garantire collegamenti veloci con le aree stesse, con l’ospedale, separando il traffico di attraversamento extraregionale da quello locale, riducendo così la mole di traffico che soffoca Ponte San Giovanni.
Un modello di crescita economica centrato anche su processi partecipativi nella governance dell’impresa, concepita non come luogo di conflitto tra capitale e lavoro, ma come luogo in cui si promuove collaborazione e partecipazione attiva tra dipendenti e datori di lavoro, funzionale al conseguimento di programmi ed obiettivi aziendali condivisi e alla equa ripartizione dei risultati economici conseguiti. Qui il ruolo di una nuova cultura nelle relazioni sindacali e della contrattazione aziendale diviene centrale. I salari, fermi da anni, vanno adeguati con una contrattazione collettiva incentivata!
Altro aspetto importante è quello della istruzione/formazione e delle connesse politiche attive del lavoro. È sotto gli occhi di tutti come stia cambiando il mercato del lavoro anche nel territorio perugino. Non è solo l’alto tasso di disoccupazione di giovani scolarizzati e donne, l’ancora basso tasso di occupazione complessiva, la continua migrazione di giovani laureati, le sacche di lavoro precario povero, ma ciò che colpisce è anche il corto circuito dell’incontro tra domanda-offerta di lavoro. C’è 1/3 di offerte di lavoro che non riesce ad incrociare la domanda, in particolare nei settori dell’edilizia, agricoltura, terziario, logistica, ristorazione, assistenza e cura delle persone.
Si tratta per lo più, di lavori pesanti e penosi, spesso sotto pagati e/o sommersi. Si impone una ivalutazione economica di questi lavori, ma anche un’azione più efficace nella formazione professionale. Per troppi anni, il canale dell’istruzione e formazione tecnico professionale è stato considerato “il canale dei poveri”. Questo canale va riqualificato e riorganizzato! Va superata la disarticolazione e le asimmetrie nelle funzioni, ruoli e competenze fra istituti tecnici (in capo allo Stato), istituti professionali (in capo alle istituzioni locali), agenzie formative (privati). In attesa che si muova qualcosa a livello nazionale, si possono avviare nel territorio, esperienze di integrazione tra questi tre livelli. Perché non sperimentarlo nel perugino?
Promuovere una sorta di “Politecnico” territoriale, mettendo insieme le migliori energie e competenze oggi presenti nel territorio, connesso con il sistema economico e produttivo locale e affiancato da un sistema efficiente di rilevazione dei fabbisogni professionali e di competenza delle imprese e da un servizio qualificato di orientamento scolastico, professionale e lavorativo rivolto ai giovani. Ciò potrebbe essere utile anche per potenziare e qualificare la stessa esperienza degli ITS (istruzione tecnica superiore), coinvolgendo l’Università. Questo progetto andrebbe accompagnato da una riorganizzazione nel territorio di un sistema efficiente ed efficace di servizi pubblici e privati di incontro domanda/offerta di lavoro, capace di far cooperare insieme un Centro per l’Impiego potenziato riorganizzato e le agenzie private di collocamento al lavoro presenti nel territorio.
Su queste problematiche, apparentemente lontane dalle competenze dirette di un Amministrazione comunale, si avverte forte il bisogno di un protagonismo anche dell’istituzione Comune. Non come soggetto gestore, quanto come propulsore di processi virtuosi, magari anche favorendo un ruolo più attivo delle stesse parti sociali e soggetti economici del territorio (imprese, sindacati e terzo settore). Il Comune come luogo istituzionale, in cui confrontarsi, condividere e magari concertare insieme indirizzi e scelte per promuovere l’economia e il lavoro nella città, valorizzando processi di sussidiarietà orizzontale e il ruolo dei corpi intermedi della società civile, del mondo della scuola, università, delle imprese e del lavoro. Sono riflessioni che mi piacerebbe entrassero nel dibattito sul futuro della città di Perugia e del suo territorio. Questo è il tempo in cui non serve più sventolare vecchi vessilli ideologici e/o alimentare contrapposizioni sterili, ma è più utile offrire idee nuove per un profondo processo di crescita civile e rinnovamento, anche culturale, di cui si avverte sempre più la necessità.

*già segretario Cisl Perugia