di Giampiero Rasimelli
Un’analisi molto documentata di tutto ciò che non va in Umbria al termine di un quinquennio di governo del centrodestra. Questa coalizione non ha una percezione precisa della crisi profonda della regione e come risposta fornisce promesse, favole e l’alleanza con Bandecchi
Il centrodestra ha deciso di condurre una campagna elettorale basata sulla esaltazione della propria esperienza di governo che non corrisponde però alla realtà. Scarsa consapevolezza delle difficoltà evidenti in cui versa la regione se non di quelle che ritengono generate dall’eredità del centrosinistra, come fu per il Comune di Perugia con la giaculatoria sul buco di bilancio (smentita dai fatti). Nessun progetto per il futuro dell’Umbria, se non la promessa di finanziamenti dal governo nazionale meloniano, di cui peraltro nessuno si è accorto in questi anni (vedi trasporti e sanità).
Non che le ultime stagioni del centrosinistra siano state foriere di grandi risultati, anzi! Ma la stagione dell’alternanza di governo, cioè del governo del centrodestra in Regione, o non ha cambiato nulla o ha addirittura peggiorato le cose. Questo è il giudizio dei numeri e della realtà che chiama tutti ad una seria riflessione sul futuro dell’Umbria, ad un cambiamento profondo delle culture politiche di governo. Non è semplicemente in gioco l’alternanza di governo, ma la necessità urgente di un progetto per il futuro della Regione, di risposte concrete e profonde nel breve e nel lungo periodo, di una spinta volta ad evocare uno sforzo collettivo della società regionale e ad aprire una vertenza col governo nazionale sui nodi essenziali dello sviluppo dell’Umbria.
Economia – Quella che viviamo viene raccontata dal centrodestra come una stagione positiva per l’occupazione e per le imprese. La realtà è che dopo il rimbalzo post covid i dati degli ultimi mesi segnalano un serio arretramento sia rispetto al dato medio nazionale che del Centro Italia, collocandoci agli ultimi posti. Calano sensibilmente i contratti a tempo indeterminato (20% sul totale per i maschi 17% per le donne) e dilagano forme di lavoro sempre più precarie. I lavoratori umbri guadagnano meno della media nazionale (- 17% sulla media nazionale). E’ decuplicato in 12 anni il numero dei giovani laureati che vanno fuori dall’Umbria e anche all’estero in cerca di lavoro qualificato, ed è purtroppo aumentato sensibilmente anche il numero dei giovani che decidono di svolgere gli studi universitari fuori regione. Coerentemente con tutto questo una recentissima indagine di Confcommercio ci parla di un calo generalizzato dei consumi in Umbria. Come è stato detto in un recente incontro delle Candidate Presidenti organizzato da CNA, la Regione ha sì messo in opera bandi più direzionati alle differenti dimensioni di impresa (era accaduto già nella legislatura precedente, per la verità!) rendendoli più accessibili alla piccola e media impresa umbra, ma è anche vero che dopo 5 anni i bandi relativi ai finanziamenti europei vengono annunciati solo oggi, con almeno 2 anni di ritardo. E infine, Banca d’Italia certifica che almeno da 15 anni il saldo del PIL regionale è negativo, sotto la media nazionale, all’ultimo posto nel Centro Italia . E che l’Umbria è tra le regioni italiane che più faticano a tornare ai livelli pre 2019.
Trasporti, mobilità e infrastrutture – Qui siamo sul terreno dei veri e propri annunci. Le uniche realizzazioni concrete sono state fatte con negoziazioni, finanziamenti e progettazioni completate dal precedente governo regionale di centrosinistra, ad esempio la Centrale Umbra FCU o il Frecciarossa attualmente in partenza e in arrivo su Perugia. L’unica questione portata avanti dal centrodestra è quella dell’Aeroporto S.Francesco che sembra aver trovato una sua stabilità, peraltro non risolutiva. Tutte le altre questioni restano aperte. Vengono costantemente dichiarati finanziamenti o accordi che non esistono perché non sono stati resi operativi dal Governo nazionale (si veda il nodo stradale di Perugia) o dai partner (si veda la contrarietà della Regione Toscana alla scelta del sito della stazione Media Etruria per l’alta velocità). Sarebbe questa la concretezza sbandierata dal centrodestra ? Eppure queste scelte sul sistema stradale e soprattutto ferroviario sono condizioni fondamentali per ogni ipotesi di rilancio dell’Umbria ieri e ancor più oggi disconnessa dai principali sistemi di trasporto del paese. Così per la mobilità urbana. I nostri territori e le nostre aree urbane risultano oggi disconnessi tra loro e al loro interno con grave danno per l’economia, l’accesso ai servizi e la qualità della vita dei cittadini. La nostra Regione, nella sua storia, è stata immagine e sostanza della connessione dell’Umbria moderna e del suo sviluppo, l’Umbria è stata antesignana della mobilità alternativa e per questo conosciuta nel mondo, oggi è tutto bloccato col paradosso che quasi tutto il costo della mobilità urbana è scaricato sui Comuni e poi, in parte, sulla Regione, niente viene dal Governo nazionale. Su questo terreno decisivo per il futuro c’è l’urgenza di dare vita ad una grande vertenza nazionale e non di indugiare sulle bugie e sugli annunci.
Sanità – Parliamo di un settore fondamentale per la vita dei cittadini, che occupa circa l’85% delle risorse del bilancio regionale, nel quale si è registrato un arretramento netto e drammatico rispetto a 5 anni fa. Quando si fa questa oggettiva osservazione il centrodestra risponde che ha trovato i reparti della Finanza in ospedale per Sanitopoli, che ha attraversato la pandemia e con questo cerca di evitare la discussione sul cosa ha prodotto il suo governo della Sanità in Umbria. Io ho anche già detto che gli ultimi anni di governo del centrosinistra in Regione non hanno offerto grandi performances. Ma il centrodestra dimentica di dire che la sanità umbra prima e anche durante la cosiddetta “Sanitopoli” funzionava meglio di adesso, almeno nei fondamentali, che il covid è stata un’esperienza durissima per tutte le regioni italiane e che la fuoriuscita dalla crisi per molti è stata occasione di scelte e trasformazioni. Ma non per l’ Umbria e non per il Governo Meloni. L’unica scelta, disordinata oltre che dannosa, è stata dare un colpo alla sanità pubblica. Si badi bene, non ho nulla contro la sanità privata nelle sue diverse forme, ritengo che possa essere una risorsa per realizzare un accesso universalistico alle prestazioni per la salute dei cittadini, ma come da precetto Costituzionale, nel quadro di un sistema sanitario nazionale e regionale forte, dove il pubblico sia in grado di dare le garanzie fondamentali.
Ecco invece i risultati di questi anni sulla base di quanto pubblicato nel 2024 dalle principali agenzie e Autorità di settore, dati indicatori eclatanti del declino della sanità umbra che fino a meno di 10 anni fa è stata regione benchmark a livello nazionale: 1) La percentuale dei pazienti diagnosticati che rinuncia a curarsi per diversi motivi di disagio è in Umbria al 9.2% contro una media nazionale del 7.6% 2) Il prevalere dei pazienti umbri che vanno a curarsi fuori regione (pagati dalla Sanità regionale) su quelli che vengono a curarsi in Umbria indica una storica inversione di tendenza il cui saldo negativo è quantificabile in 30 milioni di euro. 3)Siamo di fronte ad una rilevante riduzione del rapporto tra medici di medicina generale e popolazione. 4) L’Umbria non ha un Piano Sanitario Regionale (PSR), ciononostante il centrodestra si è sottratto al confronto in Consiglio Regionale e ha approvato una serie di provvedimenti che vanno nel senso della riduzione a un terzo dei distretti sanitari con conseguente accorpamento confuso e disfunzionale dei servizi e di una esternalizzazione degli stessi in regime convenzionato col privato. Nessuna realizzazione per la medicina territoriale in base ai criteri disposti dalla legislazione post covid sia per le case di comunità che per gli ospedali di comunità. Zero realizzazioni ! 5) Si potrebbe parlare della penalizzazione della psichiatria e del sistema dei consultori ridotti al lumicino. 6) Si potrebbe parlare della cattiva gestione di bilancio della Sanità regionale, continuamente bersagliato dalla Corte dei Conti. 7) Si potrebbe parlare dell’abnorme numero di avvicendamenti dei dirigenti apicali che ha destabilizzato il governo della sanità regionale (stiamo parlando di almeno 20 casi) 8) E dulcis in fundo, parliamo della supina adesione della presidente Tesei e della Regione Umbria alla legge sull’Autonomia Differenziata che sarebbe il colpo definitivo ai destini della Sanità umbra e della società regionale.
Turismo – Ma vediamo un settore dove sono stati conseguiti risultati positivi, come il turismo. Indubbiamente le campagne di promozione integrata (già tentate in passato, forse con poca convinzione) hanno registrato un salto di qualità e in qualche misura influito sul rimbalzo turistico post covid. Ma certo non si può vendere come invenzione epocale un logo che risale a 50 anni fa come ha ricordato su Passaggi Magazine Serena Ciai ideatrice di quel marchio “L’Italia ha un cuore verde, l’Umbria” oggi ritoccato in “Umbria cuore verde d’Italia”. E’ veramente una questione ridicola e costosa che al di là del dato positivo della promozione integrata segnala anche qui la totale assenza di un progetto, di una visione. Intanto manca la cura dell’offerta di accoglienza. Cosa è stato fatto in direzione di quella che le imprese del CNA chiamano l’industrializzazione del turismo umbro? Nulla. Che cosa è stato fatto per realizzare un coordinamento dell’offerta turistica sia in senso museale che del calendario dei grandi eventi ? Nulla, non è stato fatto nulla. Per non parlare dell’accessibilità regionale che non si gioca solo sull’aeroporto, che è parte importante ma certo non la più importante dell’accesso all’Umbria. Abbiamo detto prima del nodo ferroviario e stradale dell’Umbria e di ciò che non è stato fatto. Ecco che una politica positiva per far crescere il turismo in Umbria non può essere fatta solo di spot promozionali, ma deve avere un disegno e una visione di medio-lungo periodo, una visione strategica che è mancata e che manca.
Ci fermiamo a questi 4 punti per segnalare gli slogan vuoti della campagna elettorale del centrodestra e il sospetto che una sua vittoria alle elezioni regionali possa essere a questa fase un serio danno per l’Umbria. Il centrosinistra può vincere, con l’affermazione della Ferdinandi come Sindaca di Perugia e la candidatura della Proietti in Regione propone un rinnovamento importante della sua classe dirigente . Come ho già scritto su Passaggi Magazine, l’Umbria è diventata Regione sulla spinta profonda e popolare di un Regionalismo senza Regione che unì negli anni 60/70 l’Umbria in un disegno di rafforzamento, modernizzazione, connessione e riscatto. Oggi dobbiamo saper dar corpo ad un Regionalismo dell’innovazione che sappia rilanciare i nostri territori e dare futuro all’Umbria. Penso che le forze moderate, l’impresa, i lavoratori, i giovani, debbano riflettere sul fatto che è giunto il momento di questo slancio, che non ci si può fermare ancora ad attendere le prebende di un Governo Meloni sempre più in difficoltà, in una situazione nazionale e internazionale molto critica, e che non si può perdere tempo con l’inutile tentativo di rieducare Bandecchi.