di Sud
Quando Gramsci viene arrestato l’8 novembre del 1926, i suoi due figli vivono a Mosca con la madre. Delio, il primogenito, ha due anni, e Giuliano, che non vedrà mai il padre, è nato solo da un paio di mesi. Condannato nel 1928 dal Tribunale speciale fascista a 20 anni di carcere, Gramsci cerca come può di occuparsi della loro educazione. Lo fa scrivendo loro direttamente, o discorrendone con la madre Giulia o con la cognata Tatiana.
Nel prodigioso epistolario gramsciano, queste lettere spiccano per la loro grazia e per il loro valore pedagogico, tutt’ora notevole. Nella lettera a Giulia del 31 agosto 1931 si parla ad esempio di igiene, e Gramsci non ha dubbi: l’ansia dell’educazione russa per la pulizia dei bambini è esagerata; «i ragazzi devono avere qualche opportunità di insudiciarsi». Ed è felice che Delio e Giuliano lo facciano acchiappando le rane.
Vuole poi sapere «se si tratta o no di rane commestibili, ciò che darebbe alla loro attività di cacciatori un carattere pratico e utilitario da non disprezzarsi». Le rane, continua Gramsci, si prendono alla lenza con un pezzo di cencio rosso al posto dell’amo e sono ottime in brodo, «oppure si friggono e si mangiano dorate e croccanti. In un caso e nell’altro sono un cibo molto saporito ma specialmente molto nutriente e di facile digestione».
E qui, senza perdere in grazia e ironia, viene fuori il comunista, cresciuto nella povertà della campagna campidanese. Cacciando rane «Delio e Giuliano potrebbero, fin dall’attuale loro tenera età, entrare nella storia della cultura russa, introducendo questo nuovo alimento nel costume popolare e facendo così realizzare parecchi milioni di rubli di nuova ricchezza umana togliendola al monopolio dei corvi, delle cornacchie e delle serpi».